L’ingiustizia del divorzio senza colpa (ma cosa conservano i conservatori?)

Di Melanie McDonagh
14 Giugno 2020
Non si capisce il motivo per cui nel Regno Unito maggioranza e governo a guida Tory si siano prefissati l'obiettivo di picconare il matrimonio
Boris Johnson con la fidanzata Carrie Symonds

Per gentile concessione del Catholic Herald, proponiamo di seguito in una nostra traduzione un articolo di Melanie McDonagh apparso l’8 giugno 2020 nel sito del mensile cattolico britannico. La versione originale inglese è disponibile in questa pagina.

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Talvolta viene da chiedersi che cosa ci stiano a fare i Conservatori. Abbiamo appena scoperto che un governo Tory è impegnato a rottamare le leggi sulle aperture domenicali, per un anno a quanto sembra (dopo di che, secondo voi quante probabilità ci sono esattamente che le norme ritorneranno allo status quo ante?), ed ecco che pare che i ministri siano molto determinati (mai l’uso del termine [“hell-bent” nell’originale inglese] fu più appropriato) a fare avanzare rapidamente in parlamento l’iter legislativo che condurrà al divorzio senza colpa.

Il Divorce, Dissolution and Separation Bill è pronto per la seconda lettura oggi [lunedì 8 giugno] alla Camera dei comuni e i ministri non vedono l’ora che la legge riceva l’assenso della regina entro la fine della settimana. L’esito sarà che in appena sei mesi si potrà ottenere un divorzio “senza colpa” (ossia nessuna attribuzione di responsabilità in caso di adulterio o comportamento irragionevole o che altro), anziché la separazione consensuale dopo due anni attualmente in vigore.

Per di più, sembra che le modifiche consentiranno anche a uno dei partner di avviare le procedure di divorzio e iniziare un “periodo di riflessione” di 20 settimane senza informare il proprio coniuge, secondo il Daily Telegraph.

A opporsi alla legge sarà una dozzina di parlamentari di secondo piano, tra i quali il cattolico Sir Edward Leigh. Quest’ultimo vuole che i divorzi siano concessi dopo un minimo di nove mesi, come forma di compromesso, ed è contrario a tutta l’agenda del governo in materia: «Io non capisco perché il governo punti a ottenere questo divorzio rapido. Il fatto decisivo è che se si rende più facile una cosa, questa avverrà con maggior frequenza».

È proprio così. Più facile è il divorzio, più è probabile che avvenga. Nei due anni di separazione forzata possono succedere molte cose, anche la possibilità di una riconciliazione. Il divorzio alla svelta è ingiusto nei confronti del coniuge che non vuole divorziare; il desiderio di lui o di lei di rimanere sposato non viene rispettato. Lasciate perdere i Tory che un tempo erano conservatori a livello sociale; quale parlamentare che rispetti davvero l’istituzione del matrimonio vuole questo cambiamento? La dozzina di Tory ribelli potrebbe essere spalleggiata da qualche eletto del Labour sostenitore del matrimonio, ma con il partito laburista favorevole, con i LibDem, sembra che [la riforma] procederà.

E che dire dell’accento sul “senza colpa”? Conosco un bel po’ di coppie che hanno divorziato, e sebbene le vicende che portano alla rottura matrimoniale di solito sono complesse, c’è quasi sempre un elemento decisivo di colpa da parte di uno dei due coniugi. Non riconoscere, per dire, l’adulterio come la causa che ha portato alla rottura della relazione non rende giustizia alla parte ferita.

Forse è troppo chiedere al primo ministro – il quale recentemente ha ottenuto il suo secondo divorzio allo scopo di sposare l’amante incinta – di opporsi a questa misura, ma sembra strano che uno come il suo consigliere Dominic Cummings non si accorga che questa legge è in contrasto con una società costruita sulle relazioni stabili, tra cui quella fondamentale del matrimonio. Un tempo ci sarebbe stata una schiera di parlamentari di tutti i partiti pronti a liquidarla; adesso tutto dipende da un manipolo di coraggiosi.

Foto Ansa

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