India, così una vittoria degli estremisti alle urne può costare carissima ai cristiani e ai marò

Di Carlo Torriani
17 Febbraio 2014
Il partito religioso indù si prepara a prevalere alle urne nei prossimi mesi. Ma per il gesuita padre Prakash questo è un motivo di «paura e ansietà»

L’autore di questo articolo è padre Carlo Torriani, missionario del Pime a Mumbai in India dal 1969 e cittadino indiano. Il suo intervento, di cui lo ringrazio, esprime il timore dei cattolici indiani, già perseguitati in alcuni stati dove domina il Bjp. Se nelle prossime elezioni politiche nazionali il partito religioso indù (il Bjp) conquisterà il potere in tutta l’India, gli attacchi alle chiese e alle istituzioni cristiane potrebbero peggiorare.
Piero Gheddo

L’India, la più popolosa democrazia del mondo, sta preparandosi al suo quinquennale esercizio di democrazia. Nei prossimi mesi 800 milioni di indiani voteranno in giorni diversi per permettere di poter spostare le forze dell’ordine da uno stato all’altro. Il Congress Party, che da dieci anni è al governo federale, non sembra avere molte probabilità di essere rieletto. Nelle recenti elezioni nella città-regione di New Delhi il Congress Party è stato sconfitto da un nuovo partito Aam Aadmi (L’uomo comune) coalizzatosi sulla protesta per la corruzione ed inefficienza dello Stato.

Il Bharatiya Janata Party (Bjp), tradizionale oppositore a livello nazionale, si è organizzato subito per la campagna elettorale scegliendo come suo candidato Narendra Modi, primo ministro per tre volte successive del Gujarat, uno degli stati con sviluppo economico promettente. Il Congress Party non ha voluto presentare un candidato primo ministro per non offrire un bersaglio facile all’opposizione, riservandosi di farlo scegliere dopo ai candidati eletti, ma tutti sanno che l’aspirante è Rahul Gandhi, figlio di Rajiv e Sonia, nipote di Indira e pronipote di Nehru. Ma l’incognita è rappresentata dai molti partiti regionali e da quelli dei fuori casta che potrebbero coalizzarsi in un terzo blocco attorno ai due partiti comunisti.

Una cosa è certa: né il Congress Party né il Bjp potranno fare un governo da soli, dovranno per forza fare una coalizione coi partiti regionali. Mentre il candidato Bjp, Narendra Modi, è andato a parlare nel nordest, Guwahati ed Imphal, dove è meno conosciuto, Rahul Gandhi ha iniziato la sua campagna elettorale in casa di Modi a Bardoli nel Gujarat attaccandolo personalmente senza mai nominarlo. Modi ha proposto di costruire una statua colossale a Sardar Vallabhai Patel, grande uomo politico del Gajarat al tempo dell’indipendenza e nel primo governo di Nehru (1947). Rahul invece dice: Modi vuole fare una statua a Sardar, dopo l’assassinio di Mahatma Gandhi, Sardar ha messo fuori legge la Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh, Corpo nazionale volontari) a cui lui è iscritto da tutta una vita, per quella «ideologia velenosa che distruggerà l’anima dell’India».

Narendra Modi è accusato di non aver fatto abbastanza, come primo ministro del Gujarat, per controllare la violenza che nel 2002 ha provocato la morte di 2.000 persone in maggioranza musulmani. In seguito a questi disordini, gli Stati Uniti, gli hanno sempre negato un visto d’entrata nel paese. Ma il cavallo di battaglia di Modi è il mantra dello sviluppo. Sotto il suo governo infatti il Gujarat ha raggiunto uno sviluppo straordinario. Così a Guwahati ed Imphal si è chiesto: «Mentre voi avete dato a Delhi per dieci anni un primo ministro, che cosa ha fatto il Congress Party per lo sviluppo del Nord-Est?». Manmohan Singh, l’attuale primo ministro, è stato infatti sempre eletto da un sicuro collegio elettorale dell’Assam.

Un commentatore politico, Chetan Bhagat, fa notare come lo scapolo quarantenne Rahul Gandhi potrebbe far leva sul voto femminile. Nella sua recente intervista televisiva infatti, fa notare Chetan, Raul Gandhi ha fatto appello per ben 25 volte al «women empowerment», dar potere alle donne. Quindici anni fa, quando il Bjp vinse le elezioni, fece la campagna elettorale con lo slogan “shining India” un’India brillante. Se è vero che l’India sta facendo passi enormi nello sviluppo industriale, questo è tutto a vantaggio della popolazione cittadina. Si vede infatti come l’industria edile in Mumbai stia trasformando la città con edifici futuristici, ma cinquecento metri fuori dei confini della Greater Mumbai, l’elettricità manca per almeno otto ore al giorno. Malgrado lo sviluppo economico i benefici vanno ad una ristretta élite, i posti di lavoro nell’ultimo anno sono aumentati solo del 2 per cento, mentre il 50 per cento lavora ancora in agricoltura.

Tradizionalmente il Bjp raccoglie voti nelle città, nell’élite economica e industriale, tra i militanti indù e predica una liberalizzazione sfrenata. Il Congress Party è più populista, raccoglie voti nei villaggi e tra le caste basse, e tra le minoranze religiose. Proprio in vista delle elezioni hanno approvato una legge per assicurare il cibo a tutti i cittadini (Food Security Act). Ogni persona che ha una ration card (tessera annonaria) può acquistare a prezzo calmierato un certo quantitativo di riso, olio, zucchero, kerosene eccetera. ogni mese. Bisogna anche tener conto della crisi economica mondiale che ha fatto cadere l’aumento del Pil dall’8 al 4,6 per cento, e questo è avvenuto durante i due quinquenni di governo del Congress Party che dovrà portarne le conseguenze.

Questo clima pre-elettorale non favorisce certo una soluzione veloce del problema del processo dei due marò italiani reclusi da due anni nell’ambasciata italiana. Un atto di clemenza o di compromesso verrebbe subito impugnato come un cedimento o una interferenza da parte della “italiana” Sonia Gandhi, presidente del Congress Party. Come pure la richiesta dei fuori casta cristiani di poter usufruire delle facilitazioni che il governo dà ai fuori casta indù, buddisti e sikh verrebbe interpretata come un favoritismo da parte della cristiana Sonia. Qualcuno insinua anche che la Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) si sente impunemente assicurata nei suoi sporadici attacchi contro i cristiani per imbarazzare il governo ed il Congress Party.

Narendra Modi, da parte sua, sentendosi sicuro dell’elettorato indù, cerca di avvicinare gli altri gruppi religiosi. Dopo il suo viaggio nel nordest, in una delle zone più cristianizzate dell’India, si è recato in Kerala dove è stato ricevuto da due arcivescovi della chiesa ortodossa Malankara. Parlando ai giornalisti dopo l’incontro, il Metropolita Mar Athanasios, che in precedenza era stato a capo della diocesi di Ahmedabad, capoluogo del Gujarat, ha lodato le iniziative di sviluppo di Modi nel Gujarat. Ha poi aggiunto che sarebbe ben contento se Modi diventasse primo ministro. Modi si aspettava anche d’incontrare rappresentanti di altre chiese, ma nessuno si è fatto vedere.

Di parere ben contrario è invece il gesuita padre Cedric Prakash che vive ad Ahmedabad: «Non appoggio nessun particolare partito, ma sono contrario a quei politici che sono corrotti, settari, di casta e soprattutto se criminalizzano la società. Pensando a Modi sono preso da paura ed ansietà. Modi ha introdotto una legge contro le conversioni. Ha fatto ben poco per spegnere i disordini del 2002 e non ha mai chiesto scusa per i 2.000 morti che ci sono stati».

tratto dal blog di padre Piero Gheddo

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