
Nel nero della storia spunta un fiore possente e delicato. L’incontro fra il Papa e Kirill

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Questo incontro tra il Patriarca di Mosca e il Papa di Roma è qualcosa che segna il millennio con una luce finalmente d’oro. Il sinistro bagliore delle armi continua, la livida morte che si porta via i bambini tra le onde o sotto le bombe, avanza ancora imperterrita. Ma ecco, qualcos’altro accompagna la storia degli uomini oltre alla guerra e al male: la possibilità di perdonarsi, di essere una sola cosa, rompendo il muro dell’estraneità, l’eterno entra nel tempo con la sua misericordia visibile. Temo che non stiamo capendo abbastanza l’importanza di quanto sta accadendo sotto i nostri occhi.
Boris, che è russo, non riesce invece a trattenere la commozione per questo appuntamento tra Kirill e Francesco all’Avana. Boris è stato uno slavofilo accanito. Come Dostoevskij è stato educato a ritenere il cattolicesimo uno strumento del diavolo, e i gesuiti peggio che mai, in realtà massoni dissolutori della sostanza divino-umana nel mondo, secondo la raffigurazione che Tolstoj in Guerra e pace fa di padre Jobert, «coi capelli bianchi come la neve e gli occhi neri sfavillanti». Invece, ecco, spunta su dal nero della storia questo fiore possente e delicatissimo: un incontro gratuito, un puro dono.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]È naturale che la lettura data a questo evento sia politica, e non è sbagliato. Tutto ciò che è spirituale ha sempre un impatto con la storia intera, serve a darle ordine (lo Spirito è il nemico del caos, dà ordine e bellezza alla materia, non è il suo opposto; è la forma della materia come Dio l’ha pensata). Dunque tende ad avere riflessi e conseguenze in ogni settore della vita. Ma il centro dell’incontro è una pietra incandescente, un bocciolo che è in diretto rapporto con il discorso dell’ultima cena di Gesù Cristo, quello dove chiede l’unità amorosa tra i suoi discepoli.
Ormai tra ortodossia e cattolicesimo non ci sono divergenze teologiche sulla natura della Santa Trinità. Non ci sono contestazioni sulla continuità apostolica. «Il vescovo di Roma è il primo tra noi in onore, che presiede nella carità», disse Atenagora, patriarca di Costantinopoli, che a sua volta è il primo tra i pari tra i patriarchi ortodossi. E da Paolo VI in poi ciascun papa ha accettato questa definizione con grande umiltà, come avrebbe fatto Pietro in persona se quelle parole gliele avesse dette il fratello Andrea.
Perché allora si tarda tanto a congiungersi in pienezza? Come coloro che hanno conosciuto nella prima gioventù quel gigante di carità ed ecumenismo che è stato ed è padre Romano Scalfi, la certezza è sempre stata che “lux ex Oriente”. Misteriosamente dalla Chiesa dei martiri russi del comunismo sarebbe partita un’energia di vita nuova senza paragoni, nel segno della bellezza. Don Luigi Giussani ci suggeriva di leggere i massimi pensatori e teologi russi, da Solov’ëv a Pavel Florenskij, per attingere la bellezza della divino-umanità di Cristo.
E allora cosa ci ha tenuti lontani finora? Boris non vuole mescolarsi in questioni che non sa bene, capisce che sono molto serie, come la questione dei dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e della Assunzione. Ma comprende che l’amore a Cristo e a Sua Madre professato da Kirill e Francesco non può tollerare che si usi a pretesto della divisione ciò che è stato fatto dai papi a gloria della Madonna.
È la questione del potere, la banale tremenda questione del peccato originale che si protende nel tempo, e diabolicamente separa i fratelli, ad essere causa della divisione.
Ora c’è un grido altissimo che chiama cattolici e ortodossi alla piena unità, tagliando corto con dispute distraenti: ed è il grido dei cristiani perseguitati. Il sangue di ortodossi, cattolici, copti, armeni in Siria e in Iraq, in Nigeria e in Pakistan (lì anche il sangue di cristiani protestanti) si è già unito in un solo fiume preziosissimo che sgorgò duemila anni fa da un certo costato. L’uomo non osi separare ciò che il martirio ha unito.
Foto Ansa/Ap
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3 commenti
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Il Papa che viene dalla fine del mondo.
Papa Francesco cerca di costruire la storia del Cristianesimo del XXI secolo.
Alcuni vescovi e cardinali disfano per ideologia, agnellismo o interessi propri.
Questo, comunque, è un evento storico.
E proprio a Cuba e in Messico, teatro della Cristiada.
Intanto l’America sta dando il beneplacito all’intervento di terra che mira a distruggere Assad ed aprire la via all’isis e i suoi alleati, Arabia Saudita e Turchia, che hanno già messo sotto assedio i Curdi con grande sospiro di sollievo dell’isis.
Il teatro di questa pagina di storia è Cuba.
L’America ne è fuori, neanche sfiorata.
Il Pontefice vaticano ed il Patriarca di Mosca.
Mentre Obama aiuta l’isis.
Bella.Menelik !