Immuni non decolla perché usarla «è quasi impossibile»
Se “l’Immuni tedesca” si è rivelata un flop, anche quella nostrana non sta affatto bene. Martina Pennisi sul Corriere si è premurata di ricordarci che, con l’aumentare dei contagi, «è di nuovo il momento di Immuni». Già 7 milioni di italiani l’avrebbero scaricata, 350 mila solo dal primo ottobre. Il suo articolo informativo si trasforma nel giro di poche righe in un peana appassionato dell’app salvifica: «Scarichiamo Immuni, isoliamoci e avvisiamo subito il medico in caso arrivi la notifica» sul possibile contatto con un positivo. «Ci venga garantita assistenza adeguata e tamponi tempestivi, senza i quali l’intera operazione è inutile. Adesso. Il tempo dell’ignavia è finito».
«USARE IMMUNI È QUASI IMPOSSIBILE»
I toni dell’appello appaiono un po’ troppo accorati, non certo perché sia sbagliato scaricare l’app, anzi, ma proprio perché «usare Immuni è quasi impossibile», come titola la Stampa. Scrive Chiara Saraceno:
«Tra le ragioni che frenano l’utilizzo della app Immuni, infatti, non c’è solo il timore, infondato, per la violazione della propria privacy. C’è anche la constatazione che troppo spesso alla informazione di essere stati a contatto con un contagiato non fa seguito nulla: nessuna corsia preferenziale per l’esecuzione di un tampone al cittadino che responsabilmente vuole accertarsi di non essere diventato egli/ella stessa portatore di contagio. Chi segue la procedura, auto-dichiarandosi, è per lo più lasciato in un limbo, rimandato di sportello in sportello, senza essere messo in grado di sapere se può continuare a condurre normalmente la propria vita e le proprie relazioni o invece sia necessario che si isoli».
ISOLAMENTO OBBLIGATORIO E POI IL VUOTO
C’è anche un aspetto più tecnologico a frenare la diffusione dell’app («Non tutti gli smartphone sono abilitati, certo non alcuni dei modelli più vecchi»), ma abbastanza scoraggiante è l’esperienza di chi ha seguito tutte le indicazioni, sia all’estero che in Italia, come racconta Lorenzo Borga per SkyTg24, che sabato 3 ottobre ha ricevuto la notifica dell’app «Esposizione a rischio». Dopo aver contattato il medico ed essersi messo in isolamento volontario, si trova ora in isolamento obbligatorio in attesa del tampone, pur non presentando sintomi:
«Lunedì verso le 15 ricevo la chiamata dell’Ats di Milano, l’azienda sanitaria. Mi fanno alcune domande di rito, in particolare sui sintomi, su quando è avvenuto il contatto, dove mi trovo al momento e che luoghi ho frequentato martedì scorso. Mentre per il tampone mi comunicano che, nel caso non dovessi ricevere da parte loro chiamate per effettuarlo prima dei 14 giorni della quarantena, toccherà a me mandare un’email per prenotarne uno. Senza tampone negativo infatti non si può ritenere terminata la quarantena. A esplicita domanda se dovessi attendermi o meno di non essere richiamato per il tampone nei prossimi giorni mi è stato risposto che sarebbe meglio rimanere nell’ottica di non ricevere nuove notizie a breve. Per quanto riguarda invece le tempistiche dell’esito, mi hanno assicurato la possibilità di avere un responso del test “tendenzialmente entro le 48 ore”. Per ora non ho ricevuto chiamate per effettuare il tampone a domicilio».
Come conclude la Stampa, per aumentare la diffusione dell’app, occorrerebbe «prima assicurare che la filiera del follow up sia garantita, facilmente accessibile e rapida».
Foto Ansa
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