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Ilva. Uilm: «Non lasciamo alibi ai Riva. Servono tempi ragionevoli»

L'Ilva propone lo spegnimento (già prevista da tempo) di un altoforno, i custodi lo chiedono di due. Sale il livello dello scontro a Taranto. Il sindacato Uilm: «Aspettiamo la nuova Aia, così i Riva saranno inchiodati alle responsabilità»

Chiara Rizzo
09/10/2012 - 12:30
Interni
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«Abbiamo avviato le procedure di spegnimento degli Altoforni 1 e 5 e sono state definite le procedure per spegnere in sicurezza le batterie di forni 5 e 6. Tutte le attività prescritte sono state realizzate e comunicate ai custodi giudiziari»: così ha spiegato ieri sera in una conferenza stampa il direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Adolfo Buffo, secondo il quale l’azienda adesso avrebbe la coscienza a posto sulle richieste della Procura e del Gip. In realtà, lo “scontro” tra l’acciaieria della famiglia Riva e la magistratura tarantina non sarebbe affatto chiuso. Lo spegnimento dell’altoforno 1, il più vecchio, entro dicembre 2012 era tra i programmi dell’Ilva da tempo: nel programma che i custodi giudiziari hanno notificato all’acciaieria a metà settembre, invece, è previsto che sia bloccato subito, insieme all’altoforno 5, il più “giovane” a Taranto e il più grande d’Europa (ma anche principale responsabile delle emissioni dannose). L’Ilva, invece, nel suo cronoprogramma per l’adeguamento all’Aia, prevede di spegnerlo entro il 1 luglio 2015. Lo scontro tra le parti è altissimo e destinato a proseguire, tanto che il governatore Nichi Vendola ha ritenuto necessario intervenire ieri: «L’Ilva sta facendo un gioco pericoloso: lasciare nelle mani della magistratura o della politica il cerino acceso. Forse ha deciso di disimpegnarsi da Taranto», ha detto. «Intanto i lavoratori Ilva dei sindacati Fim e Uilm hanno iniziato a riunirsi da stamattina in assemblee di reparto. Con noi non ci sono i lavoratori della Fiom», spiega a tempi.it il segretario provinciale Uilm Antonio Talò.

Che aria tira dentro lo stabilimento e in queste assemblee?
Cerchiamo di capire lo stato della situazione perché è più complessa di quello che sembra sui giornali. I lavoratori ovviamente sono preoccupati al massimo e sconcertati dalla guerra che ormai è in atto tra magistratura e azienda sulle comunicazioni, sul rispetto delle procedure e delle ordinanze, perciò abbiamo cercato in modo neutrale di spiegare lo stato dell’arte. Noi dobbiamo tenere un punto fermo: per noi la salvaguardia dei posti di lavoro, come della salute, passa anzitutto da uno strumento, la nuova Aia, che per noi è uno spartiacque, da cui si potrà cominciare a discutere di un percorso per fermare gli impianti con un cronoprogramma come la procura sembra dire. Detto ciò, sul procedimento penale nessuno può mettere naso e, anzi, chiediamo che, se si appurano delle responsabilità si paghi per esse. Ma sul rispetto delle procedure ambientali credo che custodi, procura e azienda dovrebbero aprire un confronto più serrato.

Perché, invece le risulta che non si parlino? Eppure il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante è uno dei custodi.
La verità è che c’è un ping pong di responsabilità. L’azienda ieri ha presentato alla stampa alcuni documenti per provare che le lamentele dei custodi nei confronti dell’Ilva sarebbero infondate. Il 27 settembre Ferrante aveva già lamentato per iscritto alla Procura il fatto di non essere preso in considerazione dagli altri custodi: sarebbe auspicabile invece che si parlassero di più. In questa “guerra”, la parte che interessa sono i lavoratori e la salvaguardia dei posti. Il progetto dell’Ilva, sull’Altoforno 1 e le due batterie di forni delle cockerie (da 45 forni l’una) per esempio, ridurrebbe la produzione come chiede la Procura, ma consentirebbe di ricollocare tutti i 940 esuberi, e senza usare ammortizzatori sociali. A noi questo programma piace. Ma la colpa è anche dell’Ilva che finora si è limitata ad annunciare, ma non a fare. Se si fermasse anche l’altoforno 5 si tornerebbe ad un clima di tensione e di proteste perché i posti di lavoro sarebbero più a rischio.

È una minaccia?
No: noi chiediamo solo di aspettare ancora solo 10 giorni l’emanazione della nuova Aia. Anche per fare quello che chiede la procura perché a quel punto ci sarebbero tutti gli elementi tecnici da rispettare. Si possono inchiodare i Riva alla loro responsabilità solo dando loro il conto della spesa, ma anche un tempo stringente e ragionevole. Così si può tenere federe alla salute, ma anche all’attività produttiva. Penso che l’errore da evitare sia portare al disimpegno della famiglia, non mettiamoli in questa condizione. Ai Riva va tolto loro l’alibi di dire che tutto e subito non si può realizzare: chiediamo che facciano le bonifiche, controlliamo che le realizzino, ma diamo tempi ragionevoli che non lascino alibi di sorta. Credo che sia questo che i lavoratori ci chiedono.

Tags: Antonio TalòIlvanichi vendolataranto
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