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Il vero vincitore delle elezioni è il partito della disaffezione

Lettera al direttore. Un elettore su due non è andato a votare. Per ripartire servono carisma e intelligenza politica: in una parola, «Beruf»

Egisto Mercati
08/10/2021 - 5:50
Politica
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Il momento dello spoglio dopo le ultime elezioni amministrative

Caro direttore, la partita elettorale non è stata entusiasmante e il risultato non ha sbalordito nessuno. Che a Milano e Bologna vincesse il centrosinistra era scontato, così come a Napoli. Al ballottaggio Roma, Trieste e Torino. La sconfitta più clamorosa e quella dei cinquestelle tant‘è che gli elettori hanno mandato a casa la Raggi e l‘Appendino degnandole appena di una scrollata di spalle. Salvini è rimasto al palo e la Meloni non è stata strepitosa come qualcuno si aspettava.

Ha vinto il partito della disaffezione

L‘unico partito uscito vincitore da questa competizione è il partito dell’astensione, forse è più giusto dire della disaffezione. Nelle grandi città ha votato un italiano su due e questa è la più sonora bocciatura di una classe non più dirigente, ammesso che lo sia mai stata da anni a questa parte. Si dice e si ripete giustamente che il limite più vistoso oggi del mondo politico, non solo italiano, è l’assenza di leadership. Vi sono certamente personalità di spicco (poche), dirigenti capaci (alcuni), star del momento che alzano lo share in tv dopo i telegiornali, ma per creare un consenso che non sia momentaneo non basta.

Occorre un grande e serio lavoro di costruzione sociale e culturale che non può limitarsi a polarizzare l‘attenzione seguendo le regole del marketing. Essendo la politica una cosa seria, per farla occorre quella che Max Weber chiamava «Beruf», nel senso di professione e vocazione. Perché ci sia «Beruf», che non è semplicemente una competenza, pur necessaria, bisogna essere almeno umanamente credibili. Questo lo sanno bene gli addetti alla comunicazione, nel senso che sanno minare, sgretolare, infangare la credibilità di chi non deve vincere, persona o partito che sia. Una volta per essere credibili occorreva l’onestà e Stefano Rodotà è stato un alfiere di questo indiscutibile valore che ha un solo difetto: si tratta, infatti, di un valore che si colora al bisogno. Battersi per qualcosa che la cultura dominante riconosce giusto, attribuisce la patente di «onesto» a chicchessia.

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Certo che l’onestà rappresenta il minimo sindacale per essere credibili, ma per esserlo in politica non è sufficiente. Per usare un termine polisenso, ci vuole carisma. Per l‘inventore della politica moderna, Niccolò Machiavelli, il carisma del Principe consiste nell‘essere volpe e leone a seconda della necessità. Non bastano comunque la forza e l’astuzia in una società liberaldemocratica. L’intelligenza politica è assolutamente indispensabile e va distribuita bene per riuscire a fare un buon gioco di squadra.

Per ripartire serve la «Beruf»

Vi sono delle urgenze che impongono di affrontare seriamente le attuali, storiche complessità. Lavoro, Famiglia, università e ricerca, sanità, educazione e scuola, transizione ecologica sono tutte questioni che si giocano e si attuano a livello territoriale e che esigono passione autentica per il bene possibile e fruibile dal maggior numero di persone: anziani, bambini, giovani, malati, non abbienti, professionisti capaci e coraggiosi nel superare corporativismi e clientelismi, imprenditori capaci di investire liberando e incentivando risorse utili al benessere dei territori e dei distretti industriali, piccoli e medi, ove le persone vivono, socializzano e si integrano positivamente. In questo senso il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi è di estrema importanza nel favorire e rendere tangibile la credibilità.

La battuta d’arresto del centrodestra è un segnale che va preso molto sul serio e torna l’immagine della «Beruf»: occorre seguire la realtà delle cose, dei fatti, delle persone. Intendere le aspirazioni e i desideri della gente è il primo passo, necessario, di un‘azione credibile. Questa azione non è solo un compito dei singoli politici, ma responsabilità comune e necessaria di una soggettività politica, di una «community». Occorre essere sostenuti da un ideale, che non è mai di parte anche se occorre una “parte” che se ne faccia carico. Non basta affidarsi ai sondaggi anche perché, lo dicono i fatti, a volte fanno brutti scherzi.

Foto Ansa

Tags: centrodestraElezioni
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