Il terremoto, le latterie e il grana: ora Mantova «vuole tirarsi su le maniche»

Di Daniele Ciacci
04 Giugno 2012
Dopo il sisma che ha scosso la provincia virgiliana, intervista a Carlo Maccari, assessore lombardo alla Semplificazione e alla Digitalizzazione: «Non manca la voglia di ripartire, ma non si sa quando sarà possibile».

«Questa gente vuole tirarsi su le maniche e iniziare a sistemare». Carlo Maccari, assessore alla Semplificazione e alla Digitalizzazione della Regione Lombardia, sintetizza il clima della provincia di Mantova – la più colpita, insieme all’Emilia, dalle scosse di terremoto che proseguono ininterrotte dal 20 maggio –. «Ma la seconda scossa, insieme a quella di ieri, ha dato il colpo decisivo sia al morale, sia alle iniziative concrete. Non è come se fosse passato un tornado che, concluso, si sa che non può tornare per un po’. Non sappiamo quando la terra smetterà di tremare. Non manca la voglia di ripartire, ma non si sa quando sarà possibile».

Che danni si contano nel mantovano?
Ad oggi i danni sono notevoli sia per le abitazioni civili, che per gli edifici istituzionali, fino alle attività produttive, soprattutto quelle che riguardano la filiera zootecnica. A differenza di quel che succede in Emilia, dove l’economia colpita dal sisma riguarda la piccola-media impresa, qui oltre 7mila aziende agricole sono in gravissima difficoltà. Mantova è l’unica provincia italiana a possedere entrambi i marchi di Grana Padano e Parmigiano reggiano.

Ci sono state vittime?
Non ci sono stati morti, e questo è un miracolo. Ma sono 2400 le persone sfollate, in una zona molto concentrata. Moglia è il comune più danneggiato, l’epicentro delle scosse è solo a pochi chilometri. A San Giacomo delle Segnate, la Colonna mobile della Protezione Civile ha già costruito due campi di accoglienza, che rimarranno in piedi ancora per qualche mese. Le case sono molto danneggiate, e sarà difficile far rientrare tutti gli sfollati in breve tempo.

Qual’è il problema più grave?
Il sistema zootecnico è quello che regge l’economia mantovana. Si trovano a terra circa 400mila forme di Parmigiano e di Grana. Sono un prodotto che fa stagionatura: se non si recuperano le forme rovinate, per due anni quel prodotto non sarà più immesso nel mercato. Da queste parti, il formaggio catastato garantisce l’accesso al credito e, di conseguenza, un tracollo del mercato farebbe perdere le garanzie bancarie. E sarebbe un danno irrimediabile. Sia con il governatore Roberto Formigoni che con il vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani stiamo adottando misure che possano permettere a queste aziende di non interrompersi.

Cosa sta facendo la Regione Lombardia?
Ci siamo mossi immediatamente, anzitutto con il Pronto Intervento. La Colonna mobile ha impiantato tende che coprono oltre 2mila persone. Adesso, l’impegno principale è ri-orientare le risorse regionali presso questi territori. Il presidente Formigoni ha adottato misure oculate, soprattutto per evitare il rischio di congelamento del sistema di credito bancario. Ha anche permesso una moratoria dei debiti per quelle aziende implicate nel terremoto, in modo che esse stesse possano incrementare l’impegno nella ricostruzione. Abbiamo anche chiesto che i fondi per le misure del piano di sviluppo rurale dell’Ue fossero spostate sul settore della rifondazione.

Ci sono dei tentativi concreti di ripartire?
Stanno ripartendo tutti. La Latteria sociale “Porto mantovano”, attaccata alla città, è al lavoro da tre giorni. La gente munge a casa le proprie mucche e porta tutto in latteria, raccoglie forme di formaggio e cerca di smerciarle. Mantova è la prima provincia italiana per produzione di latte, e la valorizzazione del latte è il formaggio. Quello che per molti è soltanto un prodotto da supermercato, qui è la possibilità di ricominciare.

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