
Il Pd dibatte su questione morale e Filippo Penati via Facebook
«Ribadisco la mia totale estraneità ai fatti che mi sono contestati, mentre rilevo che non cessano le ricostruzioni parziali, contraddittorie e false indotte da altre persone coinvolte nella vicenda. Sono accusato con una montagna di calunnie da due imprenditori inquisiti in altre vicende giudiziarie che cercano così di coprire i loro guai con la giustizia. Non ho mai preso soldi da imprenditori e non sono mai stato tramite di finanziamenti illeciti ai partiti a cui sono stato iscritto». Così Filippo Penati, indagato nell’inchiesta sulle tangenti per le aree Falck di Sesto San Giovanni, ha annunciato la sua auto-sospensione da tutte le cariche di partito.
«Il prevedibile allungarsi dei tempi mi pone quindi di fronte alla necessità di non privare i gruppi consiliari di minoranza di un vicepresidente. Pertanto è mia intenzione trasformare la mia auto-sospensione in dimissioni. Comunicherò la mia decisione e ne spiegherò le ragioni al gruppo Pd e agli altri gruppi di minoranza». È la prima dichiarazione definitiva di Penati, fatta eccezione per un’intervista all’Ansa, in un Pd reticente, sfuggente, che ha affrontato la “questione morale” più sui social network che apertamente. La decisione di sospendersi dalla carica di vicepresidente, infatti, Penati l’aveva comunicata via Facebook, sulla sua bacheca.
Anche la base del Pd si è sfogata sulla tastiera, divisa tra attestati di stima – “Presidente, tieni duro” – e ferocia: “Il caso Penati diventa sempre più imbarazzante, chi aspettiamo per chiedere le dimissioni?”. E ancora: “E se fosse stato un berlusconiano? Noi militanti ed elettori del Pd siamo come quelli di Berlusconi che difendono sempre i loro indagati?”. E poi: “Tutte le volte che un ministro è stato indagato, tutte le volte che un parlamentare del Pdl è stato indagato, il Pd non ha fatto lo spettatore, ne ha chiesto le dimissioni. Cosa che dovrebbe fare anche ora con Penati, ma non lo fa!”. E c’è anche chi ironizza sulla retorica del cambiamento: “Indagato anche il sindaco del Pd di Sesto San Giovanni… senti che bel vento da Milano…”.
E l’assessore al Welfare di Milano, Pierfrancesco Majorino, ha espresso su Facebook la sua perplessità, prima invitando Penati a dimettersi – “Non sarebbe un’ammissione di colpa, ma una prova di forza” – e poi cambiando tono: “Leggo i giornali e provo del sincero schifo”. In una nota, intanto, il Pd ha respinto sul nascere le accuse sui presunti finanziamenti illeciti che avrebbe ricevuto: «Il Pd non ha mai preso finanziamenti illeciti, I nostri bilanci sono pubblici e certificati da una società di revisione indipendente». Fa però discutere, in queste ore, il silenzio del segretario Pier Luigi Bersani sull’argomento.
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