![Il frate nel quartiere sciita di Tiro: «La guerra ci ha resi amici per i musulmani»](https://www.tempi.it/wp-content/uploads/2025/01/libano-tiro-fra-toufic-bou-merhi-foto-tempi-321x214.jpg)
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Parigi. Dal 7 ottobre 2023, giorno del pogrom di Hamas in Israele, tira una strana aria nella redazione del Monde, il quotidiano dell’intellighenzia progressista parigina, considerato il “journal de référence” dai salotti del Tout-Paris. «C’è una rabbia sorda, sia all’interno che all’esterno del giornale, per il modo in cui è trattato il conflitto tra Israele e Hamas. Domina la legge del silenzio nella redazione: lo conferma il fatto che tutti i giornalisti che abbiamo contattato per questa inchiesta hanno preferito conservare l’anonimato», ha scritto sul Figaro Eugénie Bastié in un’inchiesta sulle derive anti-israeliane del Monde, che sta suscitando a Parigi aspre polemiche nel mondo del giornalismo e della cultura.
«Le persone hanno paura, regna l’omertà», ha detto in forma anonima al Figaro un giornalista del Monde. Paura di cosa? Di denunciare apertamente gli islamisti di Hamas e di schierarsi a favore di Israele.
La giornalista del Figaro, nella sua inchiesta, ha scoperto soprattutto l’esistenza di un “muro di Gaza” all’interno della redazione del Monde, come è stata ribattezzata la parete dove sono affissi ritagli di giornale, foto di bambini mutilati e una cronologia degli attacchi dal 1937 intitolata “Non lasciate che nessuno vi dica che è iniziato il 7 ottobre 2023”, con la litania dei crimini imputati a Israele. I creatori di questo patchwork, dove troneggia l’adesivo “Stop Genocide”, hanno mescolato caricature al limite dell’antisemitismo a foto e vignette di denuncia di Israele tout court. Tra queste, una statua della libertà avvolta in una bandiera israeliana macchiata di sangue che tiene a distanza un bambino palestinese morto e un disegno raffigurante una mano che regge un prodotto etichettato “Pulizia etnica” che spruzza sangue su una mappa della Palestina con la scritta “Non è mai stato un conflitto, è sempre stato un genocidio”.
Critiche ad Hamas? Nemmeno l’ombra. «Devo ammettere che ogni volta che ci passo davanti mi disturba. È veramente trash», ha raccontato una giornalista del Monde al Figaro. «Esprimere un’opinione così netta su un conflitto di tale complessità è problematico. Verrebbe tollerata una cosa del genere su un altro conflitto?», ha aggiunto la giornalista, affermando che sarebbe altrettanto scioccata se venissero mostrate immagini di ostaggi israeliani.
Il “muro di Gaza” del quotidiano della gauche intellettuale francese è soltanto la parte emersa dell’iceberg, delle divisioni che minano il giornale dal 7 ottobre 2023. Durante una riunione interna, alla quale avrebbero partecipato una trentina di persone, sarebbe stata pronunciata questa frase: «Abbiamo un problema con la comunità ebraica, sono ostili». Il 9 ottobre, ossia solo due giorni dopo i massacri di Hamas, una grande firma del Monde si è rivolta in questi termini a una collega ebrea: «Non si mette bene per la tua aliyah» (il ritorno degli ebrei in Israele, ndr).
I giornalisti di confessione ebraica si ricordano ancora di quando Le Monde, nel suo necrologio di Hassan Nasrallah, l’ex leader di Hezbollah morto durante un raid dell’esercito israeliano, utilizzò il termine “martire” prima di rettificare. «Un errore tipografico», si giustificò la direzione.
«Il New York Times è molto più equilibrato di Le Monde nella sua copertura del conflitto», ha detto al Figaro un ex amministratore del quotidiano parigino, citando il lavoro del quotidiano americano nel documentare gli stupri commessi dai miliziani di Hamas il 7 ottobre. Cosa che Le Monde non ha mai fatto, accontentandosi di ripubblicare i rapporti scritti dalle Ong sull’argomento.
«Persino Libération è più pluralista di noi! Hanno pubblicato un articolo in prima pagina sugli stupri del 7 ottobre», ha commentato un altro un giornalista del Monde, indignato dalla linea del quotidiano da un anno a questa parte. Perché da sempre il giornale fondato da Hubert Beuve-Méry nel 1944 a Parigi ha una linea pro palestinese, ma nell’ultimo anno l’indulgenza nei confronti di Hamas e l’ostilità esibita verso lo Stato ebraico sono diventate per molti insopportabili.
L’emblema di questa radicalizzazione è il vice capo degli Esteri, Benjamin Barthe, compagno di Muzna Shihabi, una militante palestinese perseguìta dalla giustizia per aver pubblicato il disegno di un parapendio la sera del pogrom del 7 ottobre. Barthe ha conosciuto questa ex negoziatrice dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina quando era corrispondente a Ramallah per Le Monde. Il 7 ottobre? «È la Giornata internazionale della sorpresa», ha commentato Muzna Shihabi. Quest’ultima non ha mai nascosto le sue opinioni e sui social utilizza spesso l’hashtag #FreePalestine.
Il giorno della morte di Ismaïl Haniyeh, ex leader di Hamas che si è rallegrato pubblicamente per il 7 ottobre, ha scritto queste parole: «Che Dio abbia pietà di lui e di tutti i nostri martiri, che Dio distrugga il regime sionista». Barthe ha sempre negato di essere influenzato dalla moglie, ma sui social sembra ossessionato da Gaza e evoca costantemente il “genocidio”. Il suo ritratto sul Monde di Rima Hassan, eurodeputata franco-palestinese della France insoumise nota per le sue simpatie pro Hamas, è stato, secondo l’opinione di un giornalista del quotidiano, «umiliante per la redazione» e, per il suo carattere ditirambico, «degno di un addetto stampa».
Ma nonostante l’attivismo pro palestinese di Barthe, che pone un evidente problema di deontologia e equilibrio del giornale su un tema delicato come il conflitto tra Israele e Hamas, il comitato etico del Monde, a novembre, ha parlato di «campagna di intimidazione» contro il loro giornalista da parte di testate concorrenti, come Le Point e Valeurs Actuelles.
Pochi giorni fa, in reazione all’inchiesta del Figaro, Le Monde ha rincarato la dose: denunciando «attacchi virulenti, rivolti a uno dei vice direttori degli Esteri, Benjamin Barthe» e ribadendogli «il suo sostegno». L’unica misura presa dal Monde è stata la rimozione delle immagini del “muro di Gaza” dalla sua redazione. L’esistenza del muro «era sconosciuta alla stragrande maggioranza dei nostri dipendenti» e «non era mai stata segnalata alle varie gerarchie», ha dichiarato la direzione del Monde, dicendosi consapevole che le immagini «possano aver scioccato» e annunciando di averle «rimosse». Ma la redazione del principale quotidiano della gauche francese rimane spaccata, il malessere è generalizzato.
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