La preghiera del mattino

Il “momento” dell’Italia che gli “antifascisti su Marte” non colgono

Giorgia Meloni a Nuova Delhi con Narendra Modi
Giorgia Meloni con il primo ministro indiano Narendra Modi durante la recente visita della premier italiana a Nuova Delhi, 2 marzo 2023 (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «La fedeltà all’asse anglosferico, che è l’interesse prevalente dominante per l’Italia, a cominciare dal ruolo che grazie a questa alleanza l’Italia può svolgere nel Mediterraneo e nel fianco sud della Nato, non deve far dimenticare gli altri due poli in cui il nostro interesse dominante deve esercitarsi: in Europa, con un riferimento costante all’asse franco-tedesco e alle nuove potenze mitteleuropee e baltiche; nell’Indo-Pacifico, attraverso il non-nesso con la Cina, che all’Italia ha provocato solo declassamenti di potenza ed estrazioni di risorse da parte di quel feroce capitalismo monopolistico di Stato che – ovunque giunge – più di altri distrugge risorse e provoca indebitamento. L’India è destinata a crescere come grande potenza militare ed economica a fronte del decadere ormai inarrestabile della Cina. E l’Italia, dunque, deve spostare il suo asse commerciale e culturale con grande forza verso quel continente indiano che segnerà il passo del mondo nel prossimo futuro, sia militarmente sia economicamente».

La ripresa d’iniziativa dell’Italia con il governo Meloni è veramente notevole: India, Giappone, Emirati, Algeria, Libia, Egitto, Israele, l’incontro tra Guido Crosetto e il capo di Stato maggiore delle forze armate americane per l’Africa. Mario Draghi aveva preparato in parte il terreno per questa nuova fase, ma è Giorgia Meloni a raccogliere, ravvivare e preservare i frutti della semina precedente.

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Su Huffington Post Italia Carlotta Scozzari scrive: «L’Italia e la Francia provano a mettere da parte le recenti tensioni sui migranti e colgono l’occasione della visita romana, da Parigi, del ministro Bruno Le Maire per cercare di far fronte comune in Europa. L’obiettivo implicito sembra essere quello di dare vita a un’alleanza basata sul “do ut des” e finalizzata a controbilanciare i “no” della Germania. Così, da un lato, la Francia tenta di portare dalla sua parte l’Italia sul tema del nucleare, dove suo principale “antagonista” è appunto il paese tedesco».

Ieri un accordo con Olaf Scholz per frenare le posizioni più eco-fanatiche che circolano in Europa sull’auto elettrica, il giorno dopo una ripresa di rapporti con la Francia – con anche in prospettiva una riflessione sul nuovo nucleare – ma senza più quella posizione subalterna di Roma che avevamo assunto con il cosiddetto ambiguo Trattato del Quirinale. Domani un probabile incontro con Mark Rutte per costruire un inedito rapporto con l’Olanda. Lo scenario da molte parti annunciato di un governo italiano emarginato a Bruxelles, non appare del tutto confermato. C’è chi sostiene, con uno stile un po’ da “antifascisti su Marte”, come il nostro problema sia oggi dividersi tra fascisti e antifascisti, in realtà l’attuale possibile divisone passa tra chi, di destra o sinistra che sia, ritiene sia necessario usare questo “momento” per assestare il nostro paese, e chi, tipo Romano Prodi, molto spesso non alieno da rapporti con sistemi d’influenza internazionale, considera troppo ambizioso questo obiettivo.

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Sul sito di Tgcom 24 si scrive: «Caos al corteo per Alfredo Cospito di Torino, dove centinaia di anarchici, arrivati anche dall’estero, si sono scontrati con le forze dell’ordine. Alcuni manifestanti e due agenti sono rimasti feriti. Oltre 160 persone sono state identificate, 5 sono state arrestate e 33 portate in questura per accertamenti: di queste, una è stata denunciata per possesso ingiustificato di materiale esplodente e due per possesso ingiustificato di armi».

Mentre si trasforma una deplorevole scazzottata tra giovani davanti a una scuola fiorentina in un ritorno del “pericolo squadrista”, vere prove di violenza organizzata si manifestano in quel di Torino. Naturalmente nessuno si deve dimenticare delle tragiche violenze del dopo Prima Guerra mondiale che portarono alla fine della democrazia italiana per un intero ventennio, ma è necessario anche ricordarsi delle più recenti violenze degli anni Settanta che hanno indebolito strutturalmente la nostra democrazia come si è visto nel dopo 1992. Bisogna soprattutto riflettere come la “violenza italiana” degli anni Settanta, ma in questo senso anche quelle basca, irlandese, tedesca, si collegassero al più generale clima europeo segnato dalla Guerra fredda (o con una definizione ancora più precisa, da quella sorta di “guerra civile continentale” che è nata nel 1914 e finita tra il 1989 e il 1991) e come quindi la guerra in Ucraina possa preparare scenari come quelli che abbiamo già vissuto cinquanta anni fa di violenza diffusa.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Ruben Razzante scrive: «Nordio, Valditara, Delmastro, Donzelli, Piantedosi: già 5 impallinati dal cocktail esplosivo di sciacallaggio mediatico e populismo politico. Nessuno di questi, per fortuna, si è dimesso perché avrebbe finito per avallare il gioco al massacro che da tempo chi sta all’opposizione orchestra con la complicità di certa stampa. Ciò impone una riflessione – l’ennesima – sulla correttezza di certa informazione che inasprisce il clima per finalità subdole e offre a una parte politica lo spunto per chiedere le dimissioni del personaggio della maggioranza di volta in volta più in vista sulla base della cronaca di giornata. Dove andremo a finire con questa insistenza ostinata nella richiesta di dimissioni non è dato saperlo. Di sicuro il populismo domina e non ci sono più molti spazi per il normale confronto sui programmi. Chi la spara grossa e chiede le dimissioni di qualche esponente politico in vista ottiene audience, a prescindere dalla fondatezza di quella richiesta. Ma può un’opposizione definirsi matura, costruttiva e responsabile se vive di richieste di dimissioni senza mai entrare nel merito delle questioni e dei problemi, dimenticando che ora sta all’opposizione proprio perché ha dimostrato di non saper governare?».

L’evidente ironia di Razzante sulle iniziative dell’opposizione della sinistra in Parlamento non mi pare del tutto ingiustificata. Chissà quando e se emergerà, da quella parte dello schieramento politico, un atteggiamento meno ridicolmente protestatario, e almeno parzialmente propositivo?

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