

Mio caro Malacoda, la settimana comincia sotto i migliori auspici. Mi chiedevo di che cosa ti stessi occupando ultimamente, poi lunedì mattina mi è bastato sfogliare un solo giornale. Leggo.
I jet militari dell’aviazione siriana hanno bombardato un liceo a Raqqa, capoluogo della regione settentrionale del paese, uccidendo almeno 12 persone, di cui 8 studenti di un istituto tecnico commerciale.
In Pakistan, dopo la mattanza di domenica 22 settembre che ha lasciato sul sagrato di una chiesa 85 cristiani, è esplosa una bomba vicino a un mercato. Oltre 30 morti, tra loro 6 bambini. Ci sono anche 70 feriti.
In Nigeria i miliziani di Boko Haram hanno fatto irruzione di notte in un dormitorio sparando contro i ragazzi che stavano ancora dormendo: almeno 50 gli studenti uccisi. L’attacco si è scatenato nella facoltà di Agricoltura, nello stato di Yobe, già teatro in passato di attacchi contro le scuole, l’ultimo a luglio: 40 studenti morti. Negli stati confinanti del nordest della Nigeria, Borno e Kaduna, negli ultimi tre giorni gli attacchi di Boko Haram hanno fatto 38 morti.
Scorro le pagine in cerca di altri “caduti” e trovo infine la mia soddisfazione: le “vittime” del sistema universitario italiano. «Centinaia di studenti ammessi al test di Medicina e Odontoiatria sostenuto al Nord saranno costretti a trasferirsi se vorranno indossare il camice bianco. La graduatoria nazionale, con oltre 69 mila candidati, ha infatti fornito i suoi primi responsi: atenei del Nord presi d’assalto e studenti settentrionali obbligati a spostarsi a Sud se vorranno coronare il sogno di una laurea in Medicina. Tra qualche giorno, una consistente fetta dei 5.887 ammessi a Medicina e Odontoiatria al Nord dovrà fare le valigie alla volta di un ateneo del Sud. Perché in Lombardia, Veneto o Piemonte i posti messi in palio dal ministero dell’Università non basteranno per tutti».
I corsivi sono miei, e segnano il nostro vero successo: più che le vittime, il vittimismo. In alcuni paesi giovani assistiamo ancora al fenomeno di un’insoddisfazione esistenziale che diventa volontà di migliorare la propria condizione, per cui un giovane nigeriano decide di cambiare città e accetta di correre il rischio della vita per laurearsi in agricoltura. In un mondo vecchio e lamentoso com’è oggi l’Italia, assistiamo invece alla replica quotidiana del lamento che ci racconta di una ricerca di soddisfazione in realtà molto vogliosa di tranquillità, che percepisce come un obbligo il doversi trasferire di città per “coronare il proprio sogno”.
Non mi fraintendere, nipote, non sto parlando male dei giovani che vogliono diventare medici, mi sto compiacendo della falsa comprensione degli adulti che li commiserano perché, per realizzare “il sogno della vita”, dovranno accettare le circostanze nelle quali il sogno stesso potrà diventare realtà, e fare qualche sacrificio.
Non è un paese di bamboccioni, è un paese di genitori uno e due che non riescono a sopportare l’idea – e l’inevitabile dolore che comporta – di una qualche fatica per i loro pargoli. Incentrati su di sé e sul desiderio di anestetizzare ogni prova, non si rendono conto della fatica che mettono sulle spalle dei loro figli rendendogli impossibile l’esperienza del vivere. Per fortuna, come al solito, non sanno quello che fanno.
Tuo affezionatissimo zio Berlicche
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Inutile che ironizzi, Alcofibras: ha ragione Berlicche, il penoso vittimismo che traspare da quell’articolo, se accolto, non fa che rimanere un giovane chiamato a scegliere in una situazione di passivita’ e nella continuazione di una mentalita’ x cui tutto dev’essere comodo e dovuto. Che si tratti di nord o di sud, e’ il minimo che un ragazzo che vuole studiare accetti di cambiare citta’ e tutte le conseguenze di cio’. La commiserazione sfibra soltanto l’animo di una persona.
Lei sfonda una porta aperta: dopo il diploma dalla sicilia sono andato a roma per laurearmi e mi sono spinto parecchio a nord per lavorare
comunque che al sud si mangi meglio spendendo meno (soprattutto il pane) mi pare evidente
Vedrai caro Malacoda che a sud si troveranno bene: si mangia meglio e la vita è più leggera
Un saluto da uno che si è trasferito a nord