Il 2023 è stato un anno disastroso per l’Ucraina
Rivalità e divisioni interne, freddezza degli alleati, mancanza di armi e fondi, problemi al fronte e riabilitazione diplomatica del nemico. Se il 2024 dell’Ucraina inizierà come sta finendo questo 2023 saranno guai seri per il paese che si prepara a entrare nel terzo anno di guerra.
In Ucraina è tutti contro tutti
Il problema più grave è sicuramente la rivalità, ormai tracimata dalle stanze chiuse dei palazzi del potere di Kiev e diventata di dominio pubblico, tra Volodymyr Zelensky e il comandante in capo delle Forze armate ucraine Valery Zaluzhny. Il presidente ucraino teme, rivela Newsweek, che il generale voglia fare il grande salto in politica e soffiargli lo scranno più importante del paese. Per questo Zelensky non solo non gli parla più, ma potrebbe addirittura rimuoverlo dal suo incarico, danneggiando però allo stesso tempo la propria reputazione e l’andamento della guerra.
«Zelensky è a due passi dal cacciarlo», ammette Ivan Stupak, ex funzionario dei servizi segreti ucraini e oggi consigliere della Commissione parlamentare sulla sicurezza nazionale. «Zelensky è geloso e ora che le cose vanno male la rivalità è esplosa».
Una fonte molto vicina all’ufficio del presidente aggiunge che «Zaluzhny non ha apprezzato l’intrusione di Zelensky e il tentativo di fare politica con la guerra. Zelensky infatti ha combattuto tutti i suoi possibili rivali. E questo rovina il nostro paese».
Zelensky sotto accusa
Nella contesa tra il presidente e il generale si è inserito di recente anche il sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko, con parole inequivocabili: «Dobbiamo sostenere Zelensky fino alla fine, ma al termine della guerra il presidente risponderà per i successi o i fallimenti».
Klitschko, come tanti altri, rimprovera a Zelensky di essere ancora fermo su una posizione visionaria ma insostenibile, sulla convinzione cioè che Kiev possa riconquistare tutto il territorio ucraino, Crimea compresa. Le tante purghe interne, molte provocate da scandali di corruzione, hanno inoltre alimentato il malcontento: «L’Ucraina si sta muovendo verso l’autoritarismo. Che differenza ci sarà con la Russia, se tutto dipende dal capriccio di un uomo solo?», si è lasciato andare il sindaco della capitale a Der Spiegel.
Anche l’unità riguadagnata nelle prime fasi del conflitto con un suo vecchio rivale, l’ex presidente Petro Poroshenko, sembra ormai un lontano ricordo. Il “re del cioccolato” è stato bloccato alla frontiera con l’accusa di voler lasciare il paese senza permesso. Su di lui pende anche il sospetto di “alto tradimento”, di essere in combutta con i russi. Accuse difficili da dimostrare, ma più che sufficienti per l’ennesimo regolamento di conti nella capitale, dove va in scena ormai il più pericoloso dei tutti contro tutti.
Il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina vacilla
Le divisioni interne rappresentano il capitolo principale del libro sulle debolezze dell’Ucraina, ma non certo l’unico. Il discorso che Zelensky doveva tenere a una riunione di senatori e deputati americani, cancellato all’ultimo momento, non è un buon segnale. Poche ore prima dell’atteso “speech” il potente capo dello staff presidenziale, Andriy Yermak, aveva dichiarato con toni raramente utilizzati in precedenza che senza nuovi aiuti da parte degli Stati Uniti «c’è il forte rischio che perderemo la guerra. Sarà difficile per la gente sopravvivere».
Joe Biden sta spingendo perché il Congresso approvi un nuovo pacchetto di aiuti, ma il Congresso è diviso, mentre la direttrice del budget della Casa Bianca, Shalanda Young, ammette: «Non abbiamo soldi e abbiamo quasi finito il tempo». Sui dubbi di tanti repubblicani all’approvazione di un nuovo round di finanziamenti per Kiev pesano l’incapacità dell’amministrazione Biden di «delineare una chiara strategia su come il conflitto possa essere risolto in Ucraina», come specificato dallo speaker della Camera, Mike Johnson.
L’Unione Europea è sempre meno solidale
Se gli Stati Uniti, almeno all’apparenza, vacillano, l’Unione Europea non è più così solidale con Kiev come nel primo anno del conflitto. I paesi dell’Est, un tempo i più acrimoniosi con la Russia e i più benevolenti verso l’Ucraina, sfidano Bruxelles e si rifiutano di vendere nei propri mercati i prodotti agricoli ucraini.
Ma alla frontiera con la Polonia non sono solo il grano e i cereali ucraini a essere bloccati, anche i tir sono costretti a formare file chilometriche e sono visti come una minaccia per l’economia locale. «È come se la gente si fosse dimenticata della guerra e pensasse di nuovo solamente a fare soldi», dice sconsolato al Financial Times un autista ucraino di nome Petro Darichuk.
Soldati allo stremo: «Stufi di combattere»
Anche la guerra al fronte non va secondo le speranze dell’Ucraina. Il fallimento della controffensiva, evidente da mesi, è stato ammesso da Kiev e ora Zelensky parla della necessità di trincerarsi per non essere sopraffatti dall’avanzata russa.
Sia per attaccare che per difendere, però, mancano armi e munizioni, in alcuni casi perfino i viveri. Al fronte «è un incubo, un inferno», ammettono tre soldati parlando alla Bbc. «Un anno fa non l’avrei mai detto ma ora, mi dispiace, sono stufo di combattere. Tutti volevano fare i volontari un anno fa, ora è troppo difficile tentare la gente con i soldi. Le nuove reclute non sanno combattere. Ci manca perfino l’acqua potabile: il comando ci ha semplicemente abbandonati».
Il ritorno di Putin sulla scena internazionale
L’ultima nota negativa riguarda la rinnovata visibilità internazionale di Vladimir Putin. Dopo aver rimesso piede al G20, anche se solo virtualmente, grazie all’invito al vertice online dell’amico indiano Narendra Modi, Putin è sbarcato mercoledì ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi uniti, dove sono puntati tutti i riflettori del mondo per la Cop28.
Dopo gli Emirati, il presidente russo proseguirà il suo viaggio in Medio Oriente visitando l’Arabia Saudita, dove verrà accolto dall’amico Mohamed Bin Salman, insieme al quale tiene in pugno l’Opec+, il cartello dei produttori di petrolio.
Il fatto che nessuno si stracci più le vesti per il ritorno di Putin sulla scena internazionale è un segnale terribile per Kiev. Indica infatti che i paesi occidentali sono pronti al compromesso e non rifiutano più, in linea di principio, la presenza tra loro dell’invasore dell’Ucraina (i cui spostamenti restano comunque molto limitati dal momento che sul suo capo pende ancora un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale).
«Sembra che la Russia stia vincendo»
Con l’Economist che rompe un tabù in Occidente scrivendo “Sembra che Putin stia vincendo la guerra, per ora”, l’Ucraina ha bisogno di scuotersi. Annunciare vittorie future non basta più a galvanizzare gli alleati. Dichiarazioni controintuitive come quelle dell’ex segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, non fanno più breccia: «Ogni fucile consegnato a Kiev accorcia la guerra».
Se è vero, come dice Zelensky, che la guerra è entrata «in una nuova fase», allora potrebbero servire anche nuovi obiettivi e nuovi metodi per raggiungerli. Anche se trattare ora con la Russia, nel momento più difficile per l’Ucraina da un anno a questa parte, potrebbe essere ancora più difficile.
Foto Ansa
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