Idea per un investimento spettacolare: una nuova Rivoluzione verde per i paesi poveri

Di Bjørn Lomborg
23 Febbraio 2023
Ogni dollaro speso per sviluppare l’agricoltura nella metà più affamata del mondo restituirà 33 dollari in benefici sociali. Bastano 5,5 miliardi l’anno (gli americani per i gelati pagano di più)
Agricoltori al lavoro sui campi in Yemen
Una famiglia di agricoltori al lavoro sui campi in Yemen (foto Ansa)

Secondo articolo della serie di Bjørn Lomborg dedicata agli studi del Copenhagen Consensus su come la comunità internazionale può stabilire “Obiettivi di sviluppo sostenibile” davvero raggiungibili, a differenza dei velleitari 169 obiettivi fissati dall’Onu per il 2030. Le altre uscite della serie sono reperibili qui.

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Uno dei maggiori risultati che l’umanità ha raggiunto nel secolo scorso è stato la realizzazione di un enorme incremento della produzione alimentare. Dal 1900 al 2000, c’è stato un aumento di sei volte dei raccolti a fronte di una aumento della popolazione inferiore a quattro volte, il che vuol dire che in media oggi le persone hanno a disposizione circa il 50 per cento di cibo in più rispetto ai loro trisnonni.

La maggior parte dell’incremento nella produzione è derivata dalla capacità degli agricoltori di ricavare più cibo da ogni ettaro di terra. Questo progresso straordinario è dovuto alla Rivoluzione verde che ha messo il turbo all’immissione di moderni fattori produttivi nell’agricoltura.

È stato stimato che l’agronomo premio Nobel Norman Borlaug, colui che ha guidato l’intensificazione dei moderni metodi agricoli, abbia salvato più di un miliardo di vite dalla fame. Oltre a sfamare le persone, la Rivoluzione verde ha reso le società molto più ricche. E man mano che l’agricoltura diventa più efficiente, le persone si liberano da lavori massacranti e possono dedicarsi a una gamma molto più ampia di attività produttive.

La Rivoluzione verde è stata un risultato straordinario. Tuttavia, il mondo ha bisogno di una seconda Rivoluzione verde per estendere questi benefici ai più poveri del pianeta e ridurre ulteriormente la fame.

Ce n’è bisogno specialmente oggi che stiamo restando indietro nel compito di nutrire il pianeta. A partire dal 2016, i leader mondiali hanno fatto grandiose promesse di sviluppo per tutti i paesi entro il 2030, i cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile. Uno degli obiettivi più cruciali è quello che riguarda le misure per dare impulso all’agricoltura, dal mettere fine alla fame al garantire una migliore alimentazione e coltivazioni più sostenibili.

Purtroppo non stiamo mantenendo le nostre promesse, e non solo perché il Covid ha fatto deragliare tutto. Un report mostra che anche sulla base dei progressi fatti prima dell’interruzione dovuta alla pandemia, le promesse dei politici sul cibo non saranno compiute entro il 2030, ma più di 80 anni dopo, nei primi anni 2100.

Il mondo intero in effetti sarà in ritardo rispetto a tutti i suoi impegni più importanti. Adesso siamo nel 2023 e cioè a metà del tempo annunciato per l’adempimento delle nostre grandiose promesse, ma non siamo nemmeno lontanamente a metà della strada. Ecco perché il mio think tank, il Copenhagen Consensus, sta lavorando con alcuni dei migliori economisti del mondo per individuare le misure più efficaci per il tempo che resta. Se non possiamo fare tutto, dovremmo concentrarci sulle soluzioni più intelligenti in ogni area, comprese l’agricoltura e la lotta alla fame.

I nostri ricercatori hanno studiato molti possibili interventi in agricoltura, come le sovvenzioni dei fertilizzanti e l’incremento dell’irrigazione. Tutti producono moderati benefici per la società, ma gli effetti per euro investito non sono straordinari. Una chiara opportunità per l’umanità, però, c’è: quella di aumentare fortemente gli investimenti in ricerca e sviluppo in agricoltura.

In questo settore il livello di spesa per i paesi più poveri è ancora significativamente insufficiente. Le grandi imprese comprensibilmente spendono il grosso nei paesi ricchi, dove i coltivatori su larga scala hanno tasche profonde. Ecco perché nel 2015 l’80 per cento dei finanziamenti su ricerca e sviluppo in agricoltura sono stati destinati a paesi ricchi e a reddito medio-alto, mentre quelli a reddito medio-basso ne hanno ricevuto solo il 20 per cento, e i paesi più poveri del mondo non hanno avuto quasi niente.

Questa distribuzione iniqua degli investimenti perdura da più di mezzo secolo. È una delle ragioni principali per cui la Rivoluzione verde non ha aiutato i paesi più poveri tanto quanto i più ricchi. Le rese cerealicole nei paesi ad alto reddito sono quasi triplicate dal 1961 al 2018, mentre i paesi a basso reddito hanno assistito a un aumento inferiore, pari al 50 per cento.

Il potenziale non sfruttato è enorme. Una ricerca pubblicata pochi giorni fa dal Copenhagen Consensus dimostra che il mondo con una spesa annuale poco più alta dell’attuale potrebbe generare larghi benefici. Lo studio stima che il costo aggiuntivo per ricerca e sviluppo in questo decennio sarebbe intorno a 5,5 miliardi di dollari l’anno, una somma relativamente piccola, meno perfino di quanto gli americani spendano ogni anno in gelati.

Questo investimento genererà sementi migliori e colture ad alta resa che sono anche in grado di fare fronte a variazioni meteorologiche come quelle a cui assisteremo per via del cambiamento climatico. Creare raccolti più abbondanti e più resilienti offrirà benefici agli agricoltori, e produrre più cibo aiuterà i consumatori grazie a prezzi più bassi.

Il beneficio totale netto nei prossimi 35 anni sia per gli agricoltori che per i consumatori assommerà a oltre 2 mila miliardi di dollari. Ogni dollaro speso restituirà il valore sorprendente di 33 dollari in benefici sociali: un investimento spettacolare.

Entro il 2050, questo finanziamento aggiuntivo accrescerà la produzione agricola del 10 per cento, ridurrà i prezzi alimentari del 16 per cento e farà aumentare i redditi pro capite del 4 per cento. L’investimento determinerà un incremento del Pil nei paesi in via di sviluppo di 2,2 mila miliardi di dollari entro il 2030 e di 11,9 mila miliardi entro il 2050, pari rispettivamente a +2 e +6 per cento in termini di redditi pro capite. E un’agricoltura più efficiente ridurrà le emissioni globali di oltre l’1 per cento.

Quello in ricerca e sviluppo in agricoltura è un investimento fenomenale perché grazie ad esso non solo renderemmo più produttivi i lavoratori agricoli, ma consentiremmo anche ad altre persone di essere produttive e innovative in altri settori. Meno persone soffriranno la fame, e il cibo avrà costi più bassi per tutti.

Non possiamo realizzare tutte le nostre promesse per il 2030. Ma possiamo realizzare ricerca e sviluppo in agricoltura per la metà più povera del pianeta, perché è uno dei migliori investimenti che l’umanità possa fare.

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