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I 169 “obiettivi di sviluppo” dell’Onu? Siamo sulla strada buona per mancarli tutti

A metà del percorso, è chiaro che avere così tanti Sustainable Development Goals è come non averne nessuno. Cominciamo dalle cose importanti: fame e scuola

Jordan B. Peterson e Bjørn Lomborg
22/12/2022 - 5:58
Società
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Onu
Un podio nel Palazzo di vetro ispirato alla cosiddetta “Agenda 2030” con cui l’Onu ha fissato nel 2015 i famosi Sustainable Development Goals, New York, settembre 2019 (foto Ansa)

È tradizione durante le vacanze di fine anno riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni passate, così come riflettere sul bene che si vuole realizzare nei successivi dodici mesi. Quando si assumono delle decisioni, per esempio, si tenta di determinare in che modo si può migliorare nella propria vita. Si potrebbe magari cogliere l’occasione per pensare a come realizzare questo miglioramento su scala più larga.

Nel 2015 i leader del pianeta hanno provato ad affrontare i principali problemi con cui l’umanità deve fare i conti fissando gli Obiettivi di sviluppo sostenibile [Sustainable Development Goals, ndt], un elenco di 169 traguardi da raggiungere entro il 2030. Nella lista è entrato qualunque ammirevole proposito immaginabile: sradicare la povertà e le malattie, fermare la guerra, tutelare la biodiversità, migliorare l’educazione. E, ovviamente, alleviare il cambiamento climatico.

Nel 2023 ci troveremo a metà del percorso, se consideriamo il periodo 2016-2030 come orizzonte temporale, ma saremo ben lontani dalla metà della strada da percorrere per raggiungere i nostri asseriti traguardi. Con i trend attuali, li raggiungeremo con un ritardo di mezzo secolo. E qual è la causa principale del nostro fallimento? La nostra incapacità di stabilire delle priorità. Non c’è molta differenza tra avere 169 obiettivi e non averne alcuno. Abbiamo messo obiettivi cruciali come lo sradicamento della mortalità infantile e la somministrazione di una educazione di base sullo stesso piano di obiettivi encomiabili ma periferici come sostenere il riciclo e promuovere stili di vita in armonia con la natura. Nel tentativo di fare tutto contemporaneamente, rischiamo di fare molto poco di tutto, come è stato negli ultimi sette anni.

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È dunque arrivata da fin troppo tempo l’ora di identificare e mettere in cima alla lista i nostri obiettivi più importanti. Il think tank Copenhagen Consensus, in collaborazione con diversi premi Nobel e più di cento tra i più eminenti economisti, ha fatto esattamente questo, identificando dove devolvere i nostri dollari, rupie e scellini per massimizzare il bene che si può realizzare.

Questo attento esercizio sta già ottenendo alcuni risultati molto convincenti. Si potrebbe, per esempio, accelerare la fine della fame nel mondo. E ne abbiamo bisogno. Malgrado i grandi progressi degli ultimi decenni, oltre 800 milioni di persone devono ancora cavarsela senza cibo a sufficienza. Una scrupolosa ricerca economica può contribuire a individuare soluzioni ingegnose ed efficaci.

La fame colpisce più duramente nei primi mille giorni della vita di un bambino, a partire dal concepimento e durante tutti i due anni successivi. Bimbi e bimbe che si trovano ad affrontare una carenza di sostanze nutritive e vitamine essenziali crescono più lentamente. Questo compromette la loro esistenza sia a livello fisico sia a livello intellettivo. Il quoziente di intelligenza dei bambini denutriti, per esempio, risulta significativamente ridotto: di cinque punti in media. I piccoli che devono subire simili deprivazioni frequentano la scuola con minore assiduità (e quando la frequentano apprendono con minore efficacia), raggiungono gradi di istruzione inferiori e da adulti saranno più poveri e meno produttivi.

Possiamo fornire efficacemente le sostanze nutritive essenziali alle mamme in gravidanza. Procurare una dose quotidiana di supplmenti di multivitamine/minerali costa poco più di 2 dollari per ogni gravidanza. Alla nascita, i cervelli dei piccoli nutriti in questo modo si saranno sviluppati in modo più ottimale, e questo permetterà loro di imboccare un corso di vita più produttivo, sia personalmente che socialmente. Ciascun dollaro speso restituirebbe lo sbalorditivo valore di 38 dollari in benefici sociali. Perché non imbocchiamo questa strada? Perché nel tentativo di soddisfare tutti, e tralasciando, nel farlo, di riflettere attentamente e chiaramente, ci dedichiamo a tutto un po’, finendo per ignorare le soluzioni più efficaci. Il risultato, purtroppo, è che ci priviamo dell’intelligenza e della produttività che altrimenti sarebbero patrimonio di tutti noi.

Si pensi anche a che cosa si potrebbe realizzare sul fronte educativo. Il mondo è riuscito finalmente a fare andare quasi tutti i giovani a scuola. Purtroppo però troppo spesso le scuole sono di scarsa qualità e molti studenti continuano a non apprendere praticamente nulla. Oltre la metà dei bambini nei paesi poveri all’età di dieci anni non sa ancora leggere né comprendere testi semplici.

Tipicamente le scuole raggruppano i ragazzi in base all’età. Si tratta di un problema significativo, poiché età e capacità non sono la stessa cosa. Qualunque gruppo casuale di venti o sessanta bambini della stessa età sarà assai differenziato al suo interno in termini cognitivi. Ciò significa che il ragazzo in difficoltà si perderà, mentre quello preparato si annoierà, qualunque sia il livello dei loro insegnanti. La soluzione, sperimentata dalla ricerca in tutto il mondo? Mettete ogni bambino un’ora al giorno davanti a un tablet che adatti le lezioni esattamente al suo livello. Se anche il resto del giorno di scuola restasse invariato, nel giro di un anno questo produrrà apprendimento pari all’equivalente di tre anni di educazione tradizionale.

E quanto costerebbe? Il tablet condiviso, i costi della ricarica (spesso tramite pannelli solari) e la formazione extra degli insegnanti costerebbero 26 dollari a studente, all’anno. Ma triplicare il tasso di apprendimento per un solo anno renderebbe ciascuno studente maggiormente produttivo nella vita adulta, rendendolo capace di generare 1.700 dollari in più in valuta attuale. Significa che ogni dollaro investito in questa iniziativa semplice e facilmente realizzabile ne frutterebbe 65 in benefici di lungo periodo.

Se frammentiamo la nostra attenzione, occupandoci di un numero eccessivo di obiettivi, finiamo per implementare misure attraenti a livello superficiale, ma terribilmente inefficaci. Cercando di accontentare tutti, si mancano obiettivi importantissimi che sarebbero effettivamente raggiungibili. Accanto a lotta alla fame e all’educazione, ci sono almeno una dozzina di altre possibili iniziative efficaci, come la riduzione drastica della tubercolosi e della corruzione. Sono obiettivi che si possono e si dovrebbero raggiungere. L’imperativo morale è chiaro: dobbiamo fare prima le cose migliori.

C’è da prendere una decisione, sia personale che sociale. Questa è la via verso un futuro migliore. Decidiamo di percorrere questa strada, contemplando l’alba del nuovo anno.

Tags: ClimaEducazionefameONUpovertà
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