Lettere al direttore
I diritti umani di cui non si parlerà
Caro direttore, oramai, ogni giorno, anzi, ogni giornata è dedicata a qualcosa, il che aiuta molto la demagogia di tanti grilli parlanti (e manifestanti).
Il 10 dicembre è dedicato ai diritti umani, dato che il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale dell’Onu promulgava la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, documento a cui, personalmente, ho dedicato la mia tesi di laurea, visto che mi fu impedito di dedicarmi alla legislazione scolastica europea, data la mia appartenenza a Gioventù Studentesca, che fin dall’inizio si occupava di educazione e di scuola.
Vorrei cogliere l’occasione per elencare gli articoli della Dichiarazione Universale di cui sicuramente non si parlerà in questi giorni, almeno in Occidente, vista la virata anticristiana e, quindi, antiumana che è stata operata in questi anni.
Non si parlerà senz’altro dell’articolo 3, il quale afferma che «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona». Non se ne parlerà perché tale testo metterebbe in imbarazzo l’intera cultura “radicale” (fatta propria da molti cattolici di “sinistra”), che, in tema di aborto e di eutanasia e di suicidio assistito, mettono in dubbio la millenaria concezione della vita che l’umanità ha coltivato e che il cristianesimo ha reso pensiero evidente di un’intera civiltà. È vietato, oramai, parlare di “vita” in questo mondo così impoverito di riferimenti positivi.
Non si parlerà dell’articolo 11.1, che così recita: «Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa». Non ne parleranno, innanzi tutto, i giornali, che sono i principali protagonisti della deriva “giustizialista” a cui siamo stati costretti ad assistere, soprattutto dal 1992 in poi. Basti vedere come viene trattato con sospetto il ministro della Giustizia per il solo fatto di avere esposto un programma più garantista.
Sarà sicuramente taciuto l’articolo 16.1, che osa parlare di “uomini” e “donne” quando afferma, appunto, che «uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione», come sarà taciuto l’articolo 16.3: «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato». Parole che, oggi, appaiono rivoluzionarie. Chi osa oggi, senza essere attaccato o sbeffeggiato, parlare di una famiglia formata da un uomo e da una donna, famiglia che, oltretutto, è un nucleo “naturale” e “fondamentale”? Anche l’articolo 29 della nostra Costituzione afferma lo stesso principio, ma nessuno lo cita più, neppure chi dovrebbe essere il cantore oltre che il tutore della nostra Carta fondamentale. Siamo diventati matti a parlare della famiglia come “società naturale”? Molto meglio stare zitti e lasciare che la deriva faccia il suo corso. Quanta ipocrisia vediamo su questo tema!
Anche l’articolo 18 verrà posto sotto silenzio, visto quanto proclama: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti». In tutto il mondo islamico è, nella sostanza, vietato “cambiare di religione”, ma il mondo occidentale assiste del tutto indifferente allo scempio che viene commesso nei confronti di questo articolo 18. E, d’altronde, la cultura laicista è molto impegnata, anche in Italia, nel cercare di vietare i “presepi” con la banale scusa che essi offenderebbero gli islamici: tutti molto sensibili verso costoro, che peraltro non hanno mai detto di offendersi, ma tutti molto indifferenti verso le decine di cristiani che ogni settimana vengono massacrati in tanti Paesi del mondo. La verità è che “il politicamente corretto” sta uccidendo ogni libertà di esprimere liberamente il proprio pensiero, compreso quello religioso, in nome di non si sa bene di quale principio. A mio parere, si tratta di un principio dittatoriale.
Anche l’articolo 25.2 porrà dei problemi al “pensiero unico”, visto che afferma che “la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza”. In Italia non si può sostenere la “maternità”, perché si viene subito etichettati come contrari al “diritto” all’aborto e, naturalmente, come “fascisti”.
Ma l’articolo più ignorato sarà l’articolo 26, dedicato ai temi dell’istruzione e dell’educazione. Pensate che il punto 1 afferma che l’istruzione deve essere “gratuita” (mentre in Italia per almeno un milione di studenti non lo è) e che “l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito”. Ohibò! Persino l’ONU si riferisce al “merito”. Occorrerebbe dirlo a qualche pedagogista ed a qualche sindacalista italiano. E poi, il punto 3 afferma quanto segue: «I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli». Anche l’articolo 30 della nostra Costituzione afferma la stessa cosa, ma la classe dirigente del nostro Paese, anche gran parte di quella cattolica, ignora tutto ciò. Sotto sotto, in tanti ritengono che il detentore del diritto all’istruzione e all’educazione sia la Stato (come avviene in quelli totalitari!), ma questo pensiero contrasta clamorosamente con quanto affermato dall’Assemblea dell’Onu. Sotto questo profilo, occorre capovolgere una intera mentalità.
In sostanza, per onorare veramente la Dichiarazione dell’Onu occorrerebbe leggere tutti i suoi 30 articoli e non solo quelli che fanno comodo. Ma, con i tempi che corrono, anche la stessa Onu dovrebbe rileggersi, almeno una volta l’anno, l’intera Dichiarazione, perché mi sembra che la stia dimenticando. Altro discorso per il Parlamento europeo, che, sulla base delle sue recenti prese di posizione, pare non abbia mai letto tale Dichiarazione: sarebbe il caso di fare un corso accelerato, per superare questa insopportabile ignoranza.
Peppino Zola
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