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Hong Kong. Ancora una volta il lupo comunista si traveste da agnello

La Cina cerca di blandire gli abitanti di Hong Kong. Ma la storia insegna che dopo ogni Campagna dei cento fiori, arrivano le purghe

Leone Grotti
26/05/2020 - 2:00
Esteri
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È dai tempi di Esopo che il lupo si traveste da agnello per eludere il pastore e mangiare le pecore. E nessuno, come il Partito comunista cinese, ha imparato la lezione. Lo dimostrano le parole di Tam Yiu-chung, membro del comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, il Parlamento fantoccio cinese, che dovrà redigere la legge sulla sicurezza nazionale che cancellerà di fatto le libertà civili di Hong Kong, distruggendo il modello “Un paese, due sistemi” che sarebbe dovuto durare fino al 2047.

LA NUOVA CAMPAGNA DEI CENTO FIORI

Tam ha dichiarato non solo che Pechino nel redigere la legge ascolterà il governatore di Hong Kong, Carrie Lam, cioè il più fedele compagno del lupo, ma che darà la possibilità a tutti di avanzare i propri commenti sulla legge: «Per tutti i cittadini di Hong Kong c’è il sito del Congresso nazionale del popolo, dove lasciare i propri commenti».

I cittadini di Hong Kong farebbero bene a stare attenti. La storia dell’ascesa del regime in Cina insegna infatti che ogni volta che il Partito comunista si comporta da agnello, è solo per togliersi la maschera e mostrare la propria vera natura poco dopo. Le parole di Tam, infatti, richiamano alla memoria l’annuncio del 1956 dell’allora leader Mao Zedong: «Che sboccino cento fiori e che cento scuole di pensiero facciano a gara per promuovere lo sviluppo delle arti e il progresso della scienza».

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IL REGIME NON PERDONA LA LIBERTÀ DI PENSIERO

La storia insegna che cosa si rivelò quell’invito senza precedenti agli intellettuali, demoralizzati dall’atteggiamento accentratore del Partito comunista, perché si esponessero e contribuissero alla costruzione della Cina. Durante la cosiddetta campagna dei Cento fiori tantissimi criticarono il sistema di potere, la gestione della cosa pubblica e il Partito comunista stesso. Mao, inizialmente, fece buon viso a cattivo gioco, disse anzi che le critiche «costruttive» erano da «preferire» a chi sapeva solo elogiare il governo centrale per ingraziarselo. A Pechino arrivarono milioni e milioni di lettere in un solo mese. Ma quando tra il 1957 e il 1959, Mao lanciò la campagna contro gli elementi di destra, chi furono i primi a essere purgati? Esattamente, proprio coloro che avevano criticato il Partito su invito di Mao l’anno precedente.

Furono colpiti anche gli studenti che all’università di Pechino avevano inventato il «muro democratico», riproposto in questi mesi proprio a Hong Kong, dove gli universitari criticarono ferocemente tutte le mancanze del Partito comunista. In tutto, 550 mila persone furono perseguitate.

LA LEGGE VIOLA LA COSTITUZIONE

Ora Pechino chiede ai cittadini di Hong Kong di non aver paura di criticare la legge e che le loro opinioni verranno prese in considerazione. Ma come si può credere al travestimento da agnello del regime quando 180 persone sono state arrestate solo per aver protestato contro la legge?

In questo caso, inoltre, non c’è alcun bisogno di raccogliere «opinioni e consigli». È la mini Costituzione di Hong Kong a dettare legge nella città autonoma e gli articoli della Basic Law dicono esplicitamente che la mossa senza precedenti di Pechino è illegale. Come afferma in una nota l’associazione degli avvocati di Hong Kong, in base all’articolo 18 la Cina potrebbe inserire la legge sulla sicurezza nazionale nell’allegato III della Basic Law soltanto se essa riguardasse «difesa e politica estera».

LUPO TRAVESTITO DA AGNELLO

Ma così non è. Inoltre, quando Pechino afferma che l’articolo 23 prevede che Hong Kong approvi una legge sulla sicurezza nazionale, omette volontariamente la parte in cui l’articolo spiega che la legge la città autonoma se la deve scrivere «da sola». Altri articoli, come il 66 e il 73, dispongono che solo il Consiglio legislativo possa approvare leggi valide sul territorio della Regione amministrativa speciale.

Il regime ha già fatto intendere che una sezione locale dell’Ufficio di sicurezza nazionale cinese aprirà a Hong Kong. Ma come può conciliarsi questa disposizione con l’articolo 22 della Basic Law, che stabilisce che «nessun dipartimento del Governo centrale del popolo possa interferire negli affari che la Regione amministrativa speciale amministra da sola in accordo con la legge?». Ancora una volta il lupo si è travestito da agnello.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Cinahong konglegge sulla sicurezza nazionalepartito comunista
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