È stata una sorpresa inaspettata l’esplosione di solidarietà a Milano negli ultimi giorni nei confronti dei migranti, soprattutto eritrei, che arrivano in Stazione centrale dal Sud Italia, dove sono approdati a bordo di barconi. Un numero indeterminato di persone qualsiasi da giovedì sera si sono recate in costante processione verso il mezzanino o la Galleria delle Carrozze, dove sono assistiti nell’immediatezza i profughi accampati, portando alimenti, bevande, giochi. C’è chi ha portato uno zaino carico di centinaia di uova sode, chi cassette di acqua e frutta, chi giochi o vestiti, qualcuno ha persino donato un po’ di arte (un pittore ha dipinto un quadro per uno dei centri di accoglienza della città; un artista di strada ha intrattenuto i bambini facendo un po’ di animazione), perché «queste persone vanno nutrite anche di bellezza».
Milano, insomma, ha coccolato i viaggiatori della speranza, al punto che Fabio Salviani di Fondazione Progetto Arca, la onlus che in accordo con il Comune si occupa di gestire la prima accoglienza in Stazione Centrale e il centro di via Aldini, sottolinea a tempi.it: «È stato un fine settimana molto intenso e pieno di solidarietà. Per favore, chiediamo di non portare altri generi qui in Centrale, dove addirittura si rischia il collasso per i troppi aiuti. Meglio portare ciò che si vuole donare direttamente nei vari centri di accoglienza in città, secondo le richieste che hanno avanzato e che sono pubblicate sul sito del Comune».
Salviani, lei è rimasto in Stazione Centrale con gli altri volontari quasi ininterrottamente da venerdì. Cosa è successo?
È iniziato tutto venerdì sera con un flusso di persone che hanno appreso di questi migranti in stazione e si sono avvicinate con i primi doni. La processione è proseguita per tutto il sabato e anche domenica, nonostante la pioggia. E non erano solo milanesi, ma anche i passeggeri dei treni. Tra chi si avvicinava per lasciare qualcosa e chi per dare una mano, siamo stati letteralmente riempiti di cibo, vestiti, anche medicinali. Per questo invitiamo i cittadini a rivolgersi direttamente ai singoli centri di accoglienza per portare il loro aiuto. Sul sito del Comune di Milano sono segnalate le necessità di ciascuno di essi. In via Aldini, ad esempio, abbiamo bisogno di biancheria intima nuova per uomini, donne e bambini, e prodotti per l’igiene.
Quali sono gli episodi di solidarietà che l’hanno colpita di più?
Giovedì sera, quando c’era il pienone dei profughi, ancora tutti nel mezzanino in attesa di essere smistati nei centri, si è presentata una famiglia milanese con una bambina di 12 anni. La bambina ha chiesto ai suoi di potersi avvicinare a una coetanea eritrea che era lì con i genitori. Le due si sono salutate e poi si sono fermate, hanno fatto un disegno insieme. Il giorno dopo la famiglia italiana è ritornata per vedere come stavano i nuovi amici, che però nel frattempo avevano trovato ospitalità in uno dei centri di accoglienza. Non so se poi si siano rivisti, ma è impressionante la sensibilità che ha dimostrato la gente di Milano. D’altra parte tutte queste persone che fuggono dall’Africa e transitano da qui, con la loro straordinaria voglia di vivere e di andare avanti, lasciano una traccia profonda in questa città. Ho visto in questi tre giorni una delle metropoli più grandi al mondo commossa da queste persone. Sabato mattina è accaduto un altro episodio che mi ha colpito. Il prefetto ha deciso stato di “sigillare” il mezzanino e noi volontari ci siamo trovati di punto in bianco a dover organizzare l’accoglienza nella Galleria delle Carrozze. Eravamo ancora in confusione, quando sei o sette persone sono accorse e ci hanno detto che avevano delle auto cariche di vestiti per i migranti. Noi abbiamo ringraziato e spiegato che in stazione non avevamo bisogno di indumenti ma di medicinali, e che potevano portare gli abiti nei centri. Il gruppetto si è allontanato. Credevo di non rivederli più. Invece poche ore dopo quelle stesse persone si sono presentate con vari sacchetti di medicine, come avevamo chiesto. Letteralmente a completa disposizione dei migranti.
È vero che ci sono state persone che non si sono limitate a donare oggetti o cibo, ma anche una parte del loro tempo?
Sì, in molti si sono messi a disposizione come volontari. Molti medici si sono avvicinati offrendoci il loro lavoro. Si sono avvicinati anche tantissimi viaggiatori che scendevano dal treno o aspettavano di prenderlo. Erano colpiti soprattutto dalla vista di intere famiglie di profughi, con i bambini al seguito. Qui a Milano da inizio anno sono transitate 11 mila persone, un numero che nasconde una montagna di storie, ciascuna unica e drammatica. Ecco, molte delle persone che sono venute in questi giorni non avevano mai incrociato i loro occhi con quelli di un giovane uomo o di un ragazzo giunto in Italia dopo aver scampato la morte in mare a bordo di un gommone. E quando è successo, da nessuna delle due parti è seguita indifferenza, ma una commozione e un’umanità sorprendenti.
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