Grexit o non Grexit? Per David Carretta, corrispondente “veterano” da Bruxelles di Radio Radicale, «non è così facile dirlo, dipende se e come verranno recepiti e applicati gli accordi europei dal Parlamento ellenico che sconta il peso di numerose ideologie, nazionaliste e populiste». Lunedì in Europa si brindava per l’unanimità raggiunta rispetto alle misure proposte per il salvataggio della Grecia, ma forse si erano fatti i conti senza l’oste: in Grecia, pesanti lacerazioni nella maggioranza di Syriza e le comari guidate dall’ex ministro Varoufakis che minano il governo Tsipras dall’interno; nel resto del continente, un volo continuo di falchi e colombe dell’euro-scetticismo intorno alla concordia ritrovata.
Carretta, come giudica gli accordi di lunedì scorso?
L’accordo di lunedì è un modo per evitare il peggio alla popolazione greca ed è la dimostrazione che in un sistema democratico un po’ particolare come quello europeo, pragmatico e centrista, non c’è spazio per alternative anti-sistemiche. Anche Tsipras si è reso conto di quanto sarebbe stata devastante una Grexit, e non solo ha sottoscritto gli accordi ma ha perfino moderato i toni. I populismi non sono compatibili con un sistema fondato su 19 democrazie sorelle, legittime e legittimate, come quello europeo.
Che ruolo ha avuto e sta avendo Tsipras nella crisi greca?
Tsipras ha devastato l’economia greca con la sua sfida strampalata portata alle estreme conseguenze. È costato al suo paese una recessione che può variare dal 2 al 4 per cento rispetto all’anno scorso, che al lordo delle stime di crescita vuol dire un calo di circa il 6 per cento in un solo anno. Cosa che unita a un debito prossimo al 200 per cento del Pil e alle banche che rimarranno chiuse almeno per un altro mese, contribuisce a creare uno scenario da incubo. Siamo sinceri: sono i pazzi come Tsipras a mandare al tracollo i paesi per pura ideologia.
Per uscirne ha però accettato un commissariamento vero e proprio.
Bisogna fare una scelta di vita: o l’Europa o la sovranità nazionale. L’unico modo per evitare un’altra Grecia in seno all’Unione è fare come dice la Germania: integrandosi di più, dandosi regole e istituzioni comuni, efficaci e rispettate. La litania che si sente spesso sull’Europa che priva della sovranità e non aiuta la Grecia non sta in piedi, perché non può esistere un’Unione Europea senza un sistema federale riconosciuto da tutti gli Stati, con pesi e contrappesi.
Chi non vuole questa maggiore integrazione europea?
Le regole non le vogliono quelli che farebbero più fatica a rispettarle: Italia e Francia in primis. Bisognerebbe ricordare al signor Hollande che il suo paese sfora sistematicamente le regole di bilancio che valgono anche per gli altri paesi dell’Unione, e come tutti gli altri dev’essere sanzionato. Ha un bel dire che serve un parlamento dell’area euro quando lui non è disponibile a rispettarne le leggi. Lo stesso vale per l’Italia, che firma e sottoscrive di tutto ma non applica nulla.
Non è onestà intellettuale, ma un gioco d’azzardo. Cameron sa benissimo che il giorno in cui uscirà dall’Europa sarà la fine del Regno Unito: si trasformerebbe in una grande isola di Mann e tutte le istituzioni finanziarie serie abbandonerebbero la City per Francoforte. Cameron, insomma, si trastulla con le pulsioni popolari, e lo fa soprattutto per tenere buona quella fetta di conservatori euroscettici a cui deve l’elezione a primo ministro, ma non risponde, perché sa che di non esserne in grado, a chi gli chiede conto del futuro del suo paese. Anche lui però ha le sue grane: conscio dei rischi che corre, seguita nel balletto dei rinvii, delle corse e delle rincorse all’Europa, pur di non arrivare al referendum.
In Europa c’è qualcuno che ha queste risposte, o che almeno vede dove stiamo andando?
Mario Draghi e Wolfgang Schäuble (ministro delle Finanze tedesco, ndr) hanno una visione per il futuro del continente, basta leggere i loro discorsi per capirlo. Il problema è che per ballare il tango europeo bisogna essere in 28, e non basta la volontà di alcune singole figure, pur carismatiche, per imporre una sterzata al continente. I tedeschi in generale hanno tre cose che li pongono ai vertici in Europa: un profondo rispetto per la democrazia, un profondo rispetto per lo Stato di diritto con le sue regole e una visione federalista dell’Europa non solo a parole. Non stupisce quindi che ci siano Schäuble e la sua cancelliera Merkel alla testa di coloro i quali sanno che strada prendere per tornare a casa sani e salvi.
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