Finalmente si torna a parlare di droga (senza straparlare di cannabis)
«È stata una buona giornata. Dopo trent’anni di narcosi c’è un governo che non abbandona la lotta contro la droga alla politica della riduzione del danno. E che non intende affrontarla dal punto di vista dei consumi e delle sostanze ma della persona». José Berdini era nell’aula dei Gruppi parlamentari alla Camera lo scorso 26 giugno, quando i giornali facevano a gara per dare visibilità alla strampalata contestazione del segretario di +Europa Riccardo Magi, tutto intento ad agitare il cartello “Cannabis, se non ci pensa lo Stato ci pensa la mafia”, piuttosto che alle testimonianze dei ragazzi che attraverso la cannabis sono finiti nell’abisso delle dipendenze; o ai numeri della Relazione al Parlamento sulle droghe anticipati dal sottosegretario Alfredo Mantovano: «Nel 2022 4,9 milioni di persone hanno consumato almeno una sostanza, si tratta del 10 per cento della popolazione italiana» e si registra un «aumento dei consumi anche tra gli studenti, poco meno di 1 milione tra i 15 e i 19 anni ne hanno fatto uso almeno una volta nella vita: si tratta del 40 per cento in questa fascia d’età».
La cordata contro le dipendenze convocata da Meloni
Berdini c’era come presidente del Cid, Comitato Italiano Dipendenze nato dal lavoro in prima linea della “sua” comunità terapeutica Pars con le realtà dei “colleghi” e amici Giuseppe Mammana (Acudipa) e Pietro Farneti (Ser.Co.R.E), alle quali si sono uniti in cordata don Antonio Mazzi, don Chino Pezzoli e molti altri. Perché a differenza della “gestione Dadone” del 2021 – quando la ministra delle politiche giovanili con delega all’Antidroga decise di lasciare in panchina per tanto attesa VI Conferenza nazionale sulle dipendenze proprio le comunità e gli operatori del “settore” – il governo Meloni li ha voluti tutti a Montecitorio per la Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico di droga.
«Il Cid è nato dall’esortazione del sottosegretario Alfredo Mantovano a dare prova di unità e su mia grande insistenza. Non creda che alleare il mondo delle dipendenze sia cosa semplice, ma l’occasione per mettere a fattore comune le esperienze per rispondere alla disponibilità di interlocuzione del governo era preziosa. L’evento a Montecitorio è stato preceduto da numerosi incontri online e quello che è venuto fuori, compresa la contestazione ridicola di Magi, in un contesto di toccanti testimonianze da parte di ragazzi ed esperti americani, ha dimostrato dove alberga l’ideologia e dove un tentativo di mettere laicamente e ragionevolmente la persona al centro».
«La droga fa male sempre e comunque»
Berdini non lo nomina ma abbiamo letto tutti le dichiarazioni del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), che all’ultimo momento ha deciso di non partecipare al convegno: «Non ci è piaciuto l’approccio ideologico e superato dai fatti e dai dati che rimette al centro delle politiche con un’enfasi irragionevole il consumo della cannabis – ha spiegato la presidente, scrive Avvenire -. Questo non vuol dire che noi siamo per la legalizzazione. Il punto, per l’esperienza che facciamo ogni giorno coi ragazzi, è che la cannabis non è necessariamente la porta su altre dipendenze».
Esperienza contraddetta dai dati, i numeri snocciolati da Mantovano, dalle testimonianze dei ragazzi, dei genitori, degli sportivi e delle comunità presenti. «Per capire dove porti la cannabis, rimando alla Conferenza Onu di Vienna che ha confermato la linea espressa nel rapporto dell’Incb (Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti). L’obiettivo era divisivo, come ha ben chiarito il premier Meloni senza giri di parole: dimostrare che la droga fa male sempre e comunque. Che l’Italia ha scalato le classifiche europee nell’uso di cannabis tra gli studenti, la polidipendenza è sempre più diffusa tra i giovanissimi e ciascuna di quelle sostanze oggi è sempre più aggressiva».
«Il tema non è la sostanza, ma la persona»
Il tema, ha ribadito Meloni – ricordando a Magi che quando saranno loro al governo potranno tornare all’approccio che ha portato ai numeri terrificanti anticipati da Mantovano e in cui il suo esecutivo non intende riconoscersi – non è la sostanza, ma la persona perché la causa è la persona, la sostanza è l’effetto. «È finita – per quello che mi riguarda e fin quando ci sarà questo governo – la stagione dell’indifferenza, della sottovalutazione, della normalizzazione, del lassismo, del disinteresse».
C’è chi ha ricamato molto sul curriculum di Kevin Sabet e Luke Niforatos (“Per la ‘Giornata contro le droghe’ Meloni invita solo esperti del proibizionismo Usa anti cannabis”, è il titolo indignato di Fanpage), «ma la cosa non fa che chiarire alle famiglie la stupidità della narrazione sulla cannabis. Parola di chi conosce e viaggia spesso negli Stati Uniti dove il Colorado, per stessa candida ammissione di chi ci vive, non è più lo stato di parchi e montagne ma dello smercio di marijuana, degli incidenti stradali e dell’aumento dei ricoveri per attacchi di panico e stati allucinogeni in conseguenza del passaggio dalla cosiddetta “droga ludica” a quelle più pesanti».
Libertà di cura e riforma del settore
Berdini è soddisfatto che si sia tornati a parlare di droga chiamandola per nome, che Mantovano si sia mostrato fermissimo sul cambio di paradigma rispetto a trent’anni di riduzione del danno, soprattutto è soddisfatto che si sia tornati a coinvolgere famiglie, scuola, istituzioni e comunità, «è stato anche annunciato il rifinanziamento del Fondo per le dipendenze, come ai tempi della prima Repubblica. Va detto che una “alleanza” tra governo e addetti ai lavori non la si vedeva dai tempi della legge 309, voluta dai Muccioli, i don Gelmini, i don Picchi e i tanti che quotidianamente lottavano corpo a corpo contro droga e dipendenze. Ripeto: è stata una buona giornata. Sappiamo per amicizia e stima di Mantovano, di poter donare la nostra esperienza a chi potrà farne buon uso. Non ho incontrato nessuno chiuso nei suoi “fascismi”, il pregiudizio stava tutto nel cartello di Magi e nei posti degli assenti. Ora vedremo come un evento alla Camera si concretizzerà in un percorso di riforma dell’intero settore. Abbiamo a cuore la libertà di cura e il diritto di scelta: come ha ricordato lo stesso Mantovano, non è possibile che il percorso di recupero dalla tossicodipendenza sia vincolato alla residenza e non alla possibilità di scegliere tra la varietà di approcci presenti in Italia. Così come abbiamo a cuore l’urgenza di una riforma del settore dei servizi pubblici e anche privati accreditati. Sappiamo che riflessioni ed eventi hanno bisogno di gambe, di un lavoro, di un cambiamento e che chi governa ha davanti una grande sfida. Perché dalla stasi di questi anni si esce facendo chiarezza su temi impopolari – come i disordini e i rischi che porta con sé la cannabis, fosse anche per un solo uomo, un solo ragazzo per cui si sono dimostrati letali o abbiano spalancato la porta ad altre dipendenze -, ma anche con il coraggio di interventi strutturali. Siamo fiduciosi, perché vivere è cominciare sempre. E questa speranza di Pavese apre porte e dà gambe ogni giorno anche al lavoro che attende ciascuno dei nostri ragazzi».
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