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Goggia, Damiano e Zaki, la grigliata perfetta per i vanverologi social

La sciatrice che parla di trans, il cantante che urla contro Putin, l'attivista che manda tutti nel pallone. Non saranno i cosacchi, ma al bar di Guerre Stellari ci apparecchiano polemiche fino al 25 aprile

Caterina Giojelli
21/04/2022 - 6:23
Società
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Sofia Goggia, argento a Pechino 2022
Sofia Goggia, argento a Pechino 2022 (foto Ansa)

Alla pugna (civile): tolti i boomer che ancora puntano a salvare gli agnelli (Monica Cirinnà: “Chi li mangia è un cannibale”), la corazzata dei vanverologi a sezioni riunite ha colpito duro anche a Pasqua. Sbraca Goggia, rutta un Maneskin, piagnucola Zaki, ed è tutto un posta posta, chatta chatta, titola e lancia sui giornali allarme omofobia, allarme troll di Putin, allarme democratico. Tutti lì, a sgolarsi, politici, mercatari, comici, panettieri, scrittori, spacciatori di quartiere, artisti, atleti, tutti grandi timonieri e amici scialle sciallera per cosa?

Perché la reginetta delle nevi Sofia Goggia ha dato dei cagasotto ai gay sul Corriere, Damiano dei Maneskin ha detto “Fuck Putin” al Coachella e Zaki l’ha fatta troppo grossa sui social. Non esattamente l’arrivo dei cosacchi, direbbe la vicina di casa; ma non lo dice perché anche lei è al bar di Guerre Stellari della premiata Dorsey-Zuckerberg lanciare anatemi e prendere un master in free speech e geopolitica.

Goggia dice la sua a Cazzullo

Dite, le solite cose, la solita manfrina? Non c’è niente di più inedito del mille volte edito se è vero che tanto non serve a nulla. Ma benedetta ragazza, ci siamo chiesti leggendo l’intervista a Sofia Goggia al Corriere della Sera, che ti aspettavi che ti chiedesse Aldo Cazzullo? Dovresti saperlo, o almeno dovrebbe saperlo il tuo ufficio stampa che tra un “fa yoga? Andava d’accordo con suo fratello? Canta mentre scia?” e un paginone a base di ricordi, sofferenze, incidenti, il sudore, il sangue sputato, la ritirata di Russia del nonno, la tua intervista sarebbe stata ricordata (e titolata) solo per quel “Ora devo dare l’esame con il professor Orsini”, le sue idee “le trovo stimolanti”. O che asserire con spirito da ragazza della terza C che non ci sono gay tra gli atleti perché “devono gettarsi giù dalla Streif di Kitz…” (tradotto: omosessuale uguale cagasotto) avrebbe mandato alle ortiche la buona battaglia di chi come te sa che i transgender non dovrebbero gareggiare con le donne perché “un uomo che si trasforma in donna ha caratteristiche fisiche, anche a livello ormonale, che consentono di spingere di più”.

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Ma come si fa, dopo la cosa di Orsini e dei gay, a salvare la fuoriclasse argento olimpico 2022 e oro 2018, portabandiera italiana, “la prima – scrive Cazzullo – dai tempi di Tomba e Compagnoni, a diventare un personaggio, ad andare oltre lo sci”, come si fa a non farle fare la fine, non diciamo dell’agnello che si fa i selfie con la Cirinnà, ma almeno dell’orsetto bianco dello zoo di Berlino, a cui sparare col mouse nel giochino online Kill Knut? Non si fa, anche dopo un post di scuse appena più asciutto dell’articolessa di Cazzullo. E buona Pasqua e “buon 1962” (copy Simone Alliva) in capo ai sermoni degli inchiostratori genere radical liberal finto colto pop dei quotidiani blasonati sull’allarme omofobia che Goggia non ha saputo risparmiarci.

“Fuck Putin” ed è subito “attacchi a Damiano dei Maneskin”

Ventiquattr’ore dopo Damiano David, il frontman dei Maneskin “infiammava” il Coachella Festival 2022 mandando a quel paese Putin, “Free Ukraine, fuck Putin”. Va da sé che la notizia sui giornali diventasse un’altra: “Attacchi contro Damiano”, “insulti social”, “il parlamento ucraino ringrazia ma sui social è polemica”, “guerra di religione tra pro e contro”. Questo perché su 5 milionate di follower qualcuno ha osato dare ai Maneskin su Instagram (David stesso immortala gli “insulti” sul suo account con la didascalia “Benvenuti in Italia”) dei “pagliacci”, “bravi paraculi”, “vi piace vincere facile”. Dare dei paraculi ai Maneskin così capaci di ardite dichiarazioni anticonformiste, quali non drogatevi, siate fluidi, vaccinatevi: neanche Goggia aveva osato tanto con i gay.

Tra questi nemici dei Maneskin, del popolo ucraino, della democrazia eccetera compare l’immancabile Chef Rubio, “Perché non parli della Palestina?”. E Damiano: “Doppia salsiccia”. “”Con doppia salsiccia cosa intendi? Che facciamo pesce pesce? Che devo limitarmi a cucinare perché solo quello pensi che sappia fare?”. Arrivano i rinforzi ai Maneskin da Luca Bizzarri “non smetto di ridere”, di Christian Rocca “Damiano meglio di Peter Gabriel”, da lì in poi è un condividere di giornalisti e politici e alla fine sembra che Chef Rubio abbia servito carne avariata all’equipaggio della Potemkin al largo di Odessa. Cosa che ovviamente non ci ha risparmiato i sermoni sui figli di Putin e la fabbrica dei troll russa che sta inondando i social. Facendo, probabilmente, slalom gigante come manco Goggia agli inizi della sua carriera tra gli ammazzaknuttini digitali dell’affaire Zaki.

E Zaki? Fa tutto da solo

Che ha fatto l’attivista egiziano Zaki? Ha fatto tutto da solo, la Goggia, l’hater e il sermone anti-hater senza nemmeno il trappolone di Cazzullo né alludere a Putin: “Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni, fino all’odio – ha scritto la sera di Pasqua su Facebook – . Quando ho scoperto che la gente sperava che io tornassi in prigione e fossi messo a tacere, mi ha davvero colpito come il discorso d’odio possa essere innescato così facilmente. Sinceramente non capisco come questa escalation sia stata così rapida e perché dopo due anni di silenzio, vengo attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano. (…) Accetto il diritto di ogni persona di esprimere la propria opinione, spero solo che le persone mi lascino esercitare il mio diritto fondamentale di dire la mia (…). In un mondo pieno di ogni sorta di censura da parte di vari attori, io scommetto sempre sulla gente per proteggere i diritti di libertà di parola…” eccetera eccetera.

C’è chi lo ha accusato di diffamazione, mancanza di “ammissione di colpa”, chi ha preso le sue difese dall’odio, pubblicato i commenti dei suoi hater, “Parli troppo”, Amnesty international ha denunciato le minacce, i giornali si sono sperticati in mille distinguo. Ma cosa diavolo ha fatto Zaki che non ha fatto nemmeno Goggia, Damiano David dei Maneskin e corazzata vanverologa al seguito? Ha fatto un tweet al termine di Juventus-Bologna del 16 aprile “Due cartellini rossi, stanno ancora pagando. Forza Bologna”. Tradotto: la Juve ruba. Embè, direbbe la vicina di casa, avessero su al bar di Guerre Stellari le idee chiare almeno su una partita di calcio. E benvenuti in Italia nel 2022.

Tags: guerra ucrainaliberta di parolatwitterUcraina
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