La giustizia è arrivata, generale Mori

Di Redazione
19 Maggio 2016
Confermata in appello l'assoluzione di Mario Mori, accusato della mancata cattura del boss Provenzano. Che diranno ora i forcaioli e i teorici della trattativa Stato-Mafia?

Noi non abbiamo mai avuto dubbi su di lui, ma ora anche per la giustizia italiana il generale Mario Mori (qui l’intervista a Tempi) non ha mai favorito la mafia (e chissà domani su quali specchi si arrampicherà Marco Travaglio per girare la frittata). La Corte d’appello di Palermo ha confermato oggi l’assoluzione per il generale e per il colonnello Mauro Obinu. Come si ricorderà, la procura di Palermo, capitanata da Roberto Scarpinato, li aveva accusati di aver fatto appositamente fallire nel 1995 l’arresto del boss mafioso Bernardo Provenzano.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]CHI CHIEDERA’ SCUSA? Già nel luglio 2013 la IV sezione penale del tribunale di Palermo aveva assolto Mori e Obinu, ma i pm non si erano arresi. A Nino Di Matteo e Antonio Ingroia erano subentrati Scarpinato e Luigi Patronaggio chiedendo 4 anni e 6 mesi per Mori e 3 anni e 6 mesi per Obinu. I giudici hanno però confermato la decisione del primo grado: «Il fatto non costituisce reato».
E ora? Ora chi risarcirà Mori e Obinu? Chi renderà loro merito, non solo per la loro straordinaria carriera di servitori dello Stato, ma anche per il loro esemplare comportamento nelle aule di giustizia (si ricordi che entrambi avevano rinunciato alla prescrizione, chiedendo di essere giudicati nel merito delle accuse)? Chi chiederà loro scusa per le carriere e le vite rovinate?

«QUESTA E’ MALAGIUSTIZIA». Il generale partecipò nel settembre 2012 a un incontro organizzato da Tempi in cui parlò, pacatamente e francamente, delle accuse che gli venivano rivolte. Fu in quella occasione che, con amara ironia, Mori disse: «Io ho fatto tanti errori nella mia vita, ma quello più grande l’ho commesso quando un giorno i militari da me diretti hanno arrestato Totò Riina. E questo non mi è mai stato perdonato perché è dal 1994 che io sono sotto processo, mediatico e giudiziario. Scatenando l’ira dei miei avvocati ho rifiutato la prescrizione perché io non mi voglio difendere dal processo, ma nel processo e come uomo delle istituzioni non voglio rifiutare questa giustizia, anche se a volte è malagiustizia».
Quell’incontro si intitolava “Aspettando giustizia”. La giustizia è arrivata, generale.

Foto Ansa

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1 commento

  1. Sebastiano

    Chi chiederà scusa? Nessuno.
    I giornalisti difenderanno il “diritto di cronaca” (così loro chiamano il loro “diritto” di spalare letame addosso a chiunque, ben sicuri di non risponderne mai). Anche perché a giudicarli colpevoli dovrebbe essere l’altra casta, quella di chi in primis ha diffuso atti coperti dal segreto istruttorio, e in secundis è ben blindata nella sua irresponsabilità civile delle porcherie che combina, nonostante ben due referendum popolari abbiano imposto il contrario.

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