È giunta l’ora di una “Riforma Falcone per la Giustizia”. Ecco come farla

Di Luigi Amicone
03 Febbraio 2012
A vent'anni dalla strage di Capaci, forse si apre uno spiraglio per cambiare il mondo della Giustizia. Ecco come l'avrebbe fatto Giovanni Falcone. Con alcune idee sorprendenti (almeno per certi pm di oggi): separazione delle carriere, controllo delle toghe, riforma dell'Anm («organismo che tutela interessi corporativi»), uso dei pentiti.

Vuoi vedere che a vent’anni dalla morte di Giovanni Falcone, avremo una “riforma Falcone” della giustizia? Dopo il voto della Camera sulla “responsabilità civile” dei magistrati, altri segnali (come gli errori “tecnici” dei deputati Pd nelle votazioni a scrutinio segreto) inducono a pensare che il ventesimo anniversario della strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, potrebbe essere celebrato con l’annuncio di una riforma che potrebbe essere intitolata proprio all’eroico magistrato palermitano. Quale riforma? Eccone qualche direttrice, tratta dal volume «Giovanni Falcone, Interventi e proposte, 1982-1992», edito da Sansoni in collaborazione con la Fondazione Falcone.

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE – Spiegava il magistrato palermitano: «La faticosa consapevolezza che la regolamentazione della carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste: investigatore il pm, arbitro della controversia il giudice». Tema da affrontare senza paure, scrisse Falcone, «accantonando la spauracchio della dipendenza del pm dall’esecutivo e della discrezionalità dell’azione penale, puntualmente sbandierati quando si parla di differenziazione delle carriere».

CONTROLLO DELLA MAGISTRATURA – Argomento delicatissimo, ma che Falcone affrontava domandandosi «com’ è possibile che in un regime liberal democratico non vi sia ancora una politica giudiziaria e tutto sia riservato alle decisioni, assolutamente irresponsabili, dei vari uffici di Procura e spesso dei singoli sostituti», e aggiungendo che «in mancanza di controlli istituzionali sull’attività del pm saranno sempre più gravi i pericoli che influenze informali e poteri occulti possano influenzare tale attività».

FETICCIO – «Una giustizia efficace e democratica» significa anche «razionalizzare e coordinare l’attività del pm, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticistica dell’obbligatorietà dell’azione penale, e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività». Negli Stati Uniti «se la giustizia è più rapida, efficiente e attenta ai diritti della difesa» dipende anche dallo «strumento fondamentale della non obbligatorietà dell’azione penale»: «Fino a quando in Italia vi saranno rigide normative sulla obbligatorietà il problema della repressione giudiziaria del crimine organizzato non avrà fatto un passo avanti».

CORRENTI – Rapporto tormentato quello di Falcone con la sua categoria. «Se l’autonomia della magistratura è in crisi dipende anche dalla crisi che investe da tempo l’Anm, organismo diretto alla tutela di interessi corporativi», le cui «correnti si sono trasformate in macchine elettorali per il Csm», e dalla «pretesa inconfessata di considerare il magistrato una sorta di superuomo infallibile ed incensurabile». Con altrettanta chiarezza: «Il magistrato viene ammesso in carriera sulla base di un bagaglio culturale meramente nozionistico… bisogna umilmente riconoscere che oggi nel nostro Paese in uno dei più difficili mestieri, quello del giudice, la formazione professionale è regolamentata in modo da non assicurare in modo efficiente il servizio giustizia».

PENTITI – Ed ecco il “metodo” Falcone con i pentiti. «È una partita a scacchi. Prima regola: compenetrarsi sino in fondo in chi ci sta di fronte, non dimenticando mai di essere giudice. Diceva Carnelutti: più è bieco l’imputato più emerge il magistero della difesa. Io mi sento profondamente giudice. Il mafioso l’avverte, ma si rende conto che non perseguo secondi fini, che né lo strumentalizzo né mi faccio strumentalizzare. Almeno ci provo. Comprendo il dramma umano di chi mi sta di fronte. Soffro, sì, perché questo lavoro non può essere svolto se si è privi di umanità. E occorre una profonda conoscenza degli uomini che non proviene dai codici. Puoi affinarla, migliorarla, ma devi averla sin dall’inizio».

MAFIA – «Cosa è la mafia? Un mondo a parte. Al centro Cosa Nostra: poi, attorno, tutto quello che le è estraneo. Solo se ci vivi dentro saprai veramente le cose, altrimenti sarai un semplice orecchiante».

LA PROFESSIONE – «Se l’autonomia della magistratura è in crisi dipende anche dall’Anm, organismo che tutela interessi corporativi».

FORMAZIONE – «La formazione professionale è regolata in modo da non assicurare in modo efficiente il servizio giustizia».

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