Giannino: Il rischio per l’Italia è la spirale greca. È l’ora della responsabilità

Di Oscar Giannino
23 Dicembre 2011
Il deterioramento delle economie reali è molto forte e rapido, l’Italia a bassa produttività e a tasse troppo alte come al solito perderà più punti di Pil, reddito e occupazione dei partner. Anticipiamo la rubrica "Non sono d'accordo" che apparirà sul numero di Tempi 51/2011, in edicola da domani

La prima finanziaria del governo d’emergenza non è piaciuta a nessuno, ma è stata approvata. Distinguiamo tre cose diverse. I motivi di merito di alcun critiche. I motivi addotti dalle maggiori forze politiche. Il rischio di fronte a noi.

Il limite maggiore della correzione – la quarta, in corso d’anno – di altri 33 miliardi dei saldi pubblici in formazione è quello di aver dato troppo retta agli schemi continuisti di chi tecnicamente continua da anni ad avere in mano capitoli e verifica del bilancio dello Stato. Dai tagli lineari siamo passati alle tasse lineari, con l’unica eccezione – molto rilevante, assolutamente necessaria e che è stata la tomba del governo Berlusconi – dell’innalzamento dei tetti pensionabili di anzianità e vecchiaia con il contributivo pro rata per tutti. Il governo ha addotto per questo schema – “prendere dove è meno difficile” – la fretta necessaria per varare i provvedimenti. Io ritengo invece che anche in 18 giorni occorreva partire dalla delega fiscale e dalla correzione sistemica del prelievo fiscale. La prima offre sul piatto 187 miliardi di deduzioni e detrazioni che vanno concentrati su persona, famiglia e imprese per la crescita, disboscando ampiamente contributi a fondo perduto per gli amici degli amici. La seconda deve prevedere meno tasse sui redditi delle persone e dell’impresa – l’incentivo più efficace a breve per attenuare la recessione in cui siamo entrati – riequilibrando con Imu e imposte indirette. Mancando questa simmetria, ci sarà recessione più grave e risulterà impossibile abbassare più avanti le aliquote per incentivare domanda e offerta di lavoro. Aggiungo che manca anche un capitolo essenziale. L’abbattimento di una ventina di punti almeno di debito pubblico non con massacri fiscali ma con dismissione di mattone di Stato.

Oggettivamente, non sono state queste le critiche addotte dalle forze politiche. Berlusconi ha detto che non voleva l’Imu e non avrebbe toccato l’età pensionabile. È come ripetere che c’erano ragioni oggettive per perdere la presidenza del Consiglio. La sinistra invoca invece la caccia al ricco, più ancora di quanto non ci sia già in questa manovra. Per Lega e Idv, è già campagna elettorale. Nel complesso, la politica mostra – tranne rare eccezioni, nel Pdl come nel Pd – di preferire la via della demagogia a una chiara assunzione di consapevolezza e responsabilità, di fronte agli effetti drammatici di tanti anni di riforme non fatte. Per quanto mi riguarda, è la prova che allo scadere del governo d’emergenza bisogna lavorare a una modifica seria dell’offerta politica precedente. Altrimenti l’Italia resterà un paese-contagio, per le sue malattie di tipo cronico-degenerativo.

Tutti i limiti del compromesso europeo
Il rischio, purtroppo, è ancora più terribile. È molto seria la possibilità che l’eurocontesto non regga. Malgrado il compromesso europeo dello scorso 8 dicembre, anzi proprio per come è nato quel compromesso e per quel che non c’è scritto. Il deterioramento delle economie reali è molto forte e rapido, l’Italia a bassa produttività e a tasse troppo alte come al solito perderà più punti di Pil, reddito e occupazione dei partner. Con il Pil che scende, sin d’ora abbiamo il dovere di dire che anche la manovra appena approvata non centra l’obiettivo per cui ci è stata imposta, cioè l’azzeramento del deficit al 2013 e il freno alla crescita del debito sul Pil. L’evenienza assai concreta è quella della spirale greca: ogni tre mesi una nuova stangata fiscale, che non centra l’obiettivo perché nel frattempo il Pil si contrae sempre di più. Invece di stabilizzare, si accresce l’instabilità. Nel caso dell’Italia, si accresce la stima dei mercati che l’euro non tenga. Con un sistema bancario che resta sempre più pericolosamente esposto a una crisi di liquidità che ormai è nei fatti, anche per diversi istituti italiani.

Non voglio fare il pessimista a oltranza. Critico anch’io ciò che nella manovra, purtroppo, non ho visto. Ma bisogna diffondere responsabilità collettiva e sapere che il governo d’emergenza è senza alternative. La demagogia partitica è una pessima scelta. Quanto all’eurocontesto, oso spingermi a una proposta che non vuole essere una provocazione. Fossi al governo, penserei che è meglio che l’Italia si sieda al tavolo del Fondo monetario internazionale da sola prima che sia troppo tardi e venga lui per qualche emergenza, e tratti a Washington un bel prestito da un paio di centinaia di miliardi che ci faccia risparmiare sulle prossime aste – le banche non riescono più a comprare titoli pubblici, nelle condizioni attuali – e che “blindi” ulteriormente le riforme del mercato del lavoro, del fisco e della concorrenza che occorre fare sul tamburo.

Aggiungo un’ultima postilla. Diffido dell’oro alla patria, visto che l’Italia chiunque governi è sempre così pronta a spogliarmi di tutto con le tasse. Ma lavorare tutti di più – i fortunati che non hanno perso il lavoro – questo servirebbe. Una bella campagna per lavorare di più ma a parità di salario e compenso: perché serve ad alzare la produttività ed è la prima emergenza italiana.

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