Il prezzo del gas continua ad aumentare ma lo fa meno del previsto. È l’eredita positiva degli ultimi giorni del governo Draghi o è merito di un autunno che fino ad oggi è parso più una lunga coda dell’estate che un preludio all’inverno? Abbiamo chiesto a Gianclaudio Torlizzi, esperto di materie prime e fondatore della società di consulenza T-Commodity, cosa sta succedendo nel complesso mondo dell’energia e quali prospettive ci riserva il futuro.
Torlizzi, tanto tuonò che alla fine non piovve o piovve meno del previsto? Ci aspetta un inverno più tranquillo di quanto non temessimo sul fronte energetico?
È presto per parlare di pericolo scampato, ottobre è stato un mese in cui le temperature si sono rivelate più alte delle medie stagionali e inoltre il settore industriale sta assistendo a un forte rallentamento degli ordinativi e queste due cose insieme si sono tradotte in un calo di oltre il 20 per cento dei consumi di energia che hanno spinto al ribasso il prezzo del gas, portandolo sotto i 100 euro al megawattora.
Gli ultimi provvedimenti del governo Draghi che ruolo hanno avuto?
In base alle nuove norme sul ricalcolo mensile dei prezzi – che erano state decise più per dare una mano ai distributori che ai consumatori – ci sarà un probabile assestamento delle tariffe per il mercato tutelato. Però rimaniamo molto legati al meteo: con l’abbassamento delle temperature il TTF è tornato sopra i 130 euro al megawattora, un livello 10 volte più alto rispetto alla media pre-pandemica.
Siamo, insomma, nell’occhio del ciclone.
Le pressioni sul mercato rimangono strutturali e noi dobbiamo fare affidamento su un’offerta di gas che sconta un calo del 40 per cento dei flussi dalla Russia. Il problema non è tanto quest’anno o quest’inverno che si riusciranno a superare ma il prossimo in cui, non potendo fare affidamento sui flussi dalla Russia, si porranno dei problemi di stoccaggio e l’Europa dovrà aumentare ulteriormente la richiesta di gas liquefatto per 60 miliardi di metri cubi e questo continuerà a premere al rialzo sul prezzo.
E il mercato del Gnl è molto più variabile di quello del gas da gasdotto.
Il convitato di pietra rimane la Cina, di fatto assente dal mercato del liquefatto di quest’anno ma che potrebbe tornare a riaffacciarsi nel 2023. È presto, insomma, per parlare di calo strutturale delle bollette.
Nel complesso, però, come giudica l’operato dei nostri governi?
L’azione del governo Draghi sull’energia è stata corretta nell’aver stanziato quei crediti d’imposta che hanno dato ossigeno importante alle aziende energivore. Nel complesso però la gestione sia stata fallimentare perché ha sprecato mesi nel portare avanti un’iniziativa come il price cap che, oltre a non aver nessun tipo di base sui fondamentali di mercato, è fallimentare anche nel suo intento punitivo nei confronti di Mosca dato che la Russia, oltre a recuperare i minori flussi via tubo con un prezzo più alto, li compensa anche con il liquefatto.
Non siamo riusciti a centrare l’obiettivo con Mosca, insomma.
Non voglio dire che la Russia ne uscirà vincitrice, nel lungo termine ne uscirà con le ossa rotte, ma nel breve comunque ha delle modalità per superare eventuali restrizioni o embarghi occidentali.
Cosa avrebbe dovuto fare l’Italia?
Il governo avrebbe dovuto concentrarsi nel creare un consenso europeo per darci un po’ più di spazio in bilancio e aiutare le imprese e le famiglie meno abbienti. C’è da dire che l’Italia ha utilizzato male quei 60 miliardi di aiuti alle imprese alle famiglie perché da noi c’è questo vizio di fare gli interventi a pioggia e non di centellinare quelle risorse che noi abbiamo in una politica industriale ben precisa. Si danno soldi a pioggia ed è quasi come non averli dati a nessuno.
In Europa c’è già chi ipotizza un ritorno all’energia russa quando sarà finita la guerra, è il caso del primo ministro della Sassonia Michael Kretschmer. È uno scenario possibile?
Tra due o tre anni il processo di affrancamento dal gas russo potrà dirsi risolto, solo che sarà un processo che pagheremo a caro prezzo e comporterà un razionamento strutturale dei consumi. L’Europa dovrà fare a meno del gas che importavamo dalla Russia e non sarà sono facilmente rimpiazzabile dal Gnl che sconta una produzione limitata.
Non è possibile liberarsi completamente dal gas di Mosca?
Interamente no, non ci sono soluzioni per sostituirlo mantenendo gli stessi volumi produttivi di consumo. Se l’Europa volesse davvero affrontare il problema dovrebbe attuare una politica fiscale espansiva che incentivi la costruzione di infrastrutture energetiche: questa crisi non è dovuta alla speculazione ma alla sotto capacità produttiva e si può risolvere solo aumentando l’offerta.
Le infrastrutture e l’aumento della produzione di energia sono investimenti che costano, dove troveremo le risorse per finanziarli?
Il futuro comporta una maggiore complessità invertendo quanto fatto finora a suon di politica monetaria espansiva e politica fiscale restrittiva. Però questo sistema ha comportato la deindustrializzazione dell’Occidente, una bassissima spesa in infrastrutture e la dipendenza dalle fonti low cost, di energia nel caso russo e di elettronica in quello cinese. Se si vuole veramente perseguire un processo di reindustrializzazione, i tassi devono salire sul mercato secondario ma tenendoli bassi su quello primario. È complicato ma il rischio è quello di passare da una dipendenza all’altra.
Complicato e nient’affatto scontato: il cancelliere tedesco Scholz è andato in Cina a cercare nuovi affari.
Il ritorno di fiamma tra il governo tedesco e quello cinese dimostra come in realtà ci sia un forte attaccamento alle vecchie dinamiche economiche, quelle dei fornitori a basso costo. Ma questo perché la Germania non è in grado di vedere un futuro con caratteristiche completamente diverse, non rendendosi conto che così facendo non fa che peggiorare la situazione.
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