Emma Bonino ci invita a usare un linguaggio più rispettoso delle sofferenze altrui. Ma regolamentare il linguaggio in modo da impedirgli di trovare le parole giuste per dire le cose come stanno è un’operazione linguistica che fu adoperata già una volta a Berlino, l’1 settembre 1939, quando per decreto legge di Adolf Hitler (e con l’entusiastico consenso della maggioranza dei cittadini, della categoria dei medici e della comunità degli scienziati tedeschi), il ministero della Sanità fu «autorizzato a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l’umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia».
Iniziativa così efficacemente compassionevole, osservò Hannah Arendt, che «il decreto entrò immediatamente in vigore per ciò che riguarda i malati mentali, e così tra il dicembre del 1939 e l’agosto del 1941 circa cinquantamila tedeschi furono uccisi con monossido di carbonio in istituti dove le camere per la morte erano camuffate in stanze per doccia – esattamente come lo sarebbero state più tardi ad Auschwitz. Nessuna delle regolamentazioni del linguaggio studiate in seguito per ingannare e camuffare ebbe sulle menti degli esecutori l’effetto potente di quel decreto hitleriano, dove la parola ‘assassinio’ era sostituita dalla perifrasi ‘concedere una morte pietosa’. Eichmann, quando il giudice istruttore gli chiese se l’istruzione di evitare ‘inutili brutalità’ non fosse un po’ ridicola visto che gli interessati erano comunque destinati a morte certa, non capì la domanda, tanto radicata nella sua mente era l’idea che peccato mortale non fosse uccidere, ma causare inutili sofferenze».
Ci risiamo, volete che il peccato mortale sia ‘uccidere, criocongelare, selezionare’, quando uccidere, criocongelare, selezionare sostiene la fede nel desiderio, il dogma della scienza pura e disinteressata, la religione del lenimento delle ‘inutili sofferenze’?
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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