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Home Salute e bioetica

«Ho partorito mia figlia ma sono suo padre. La legge non capisce che gli uomini partoriscono»

Per lo Stato Mattéo, nato donna, è un uomo, e Victorie, nata uomo, è una donna, ma la mamma di Avah resta Mattéo che ha portato avanti una gravidanza "naturale". Scoppia il caso legale, burocrazia francese (e buon senso) in tilt

Caterina Giojelli
04/04/2023 - 5:35
Salute e bioetica
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Il 19 febbraio scorso all’ospedale Jacques-Coeur di Bourges è nata una bella bambina, Avah, 3.640 chili, 50 centimetri. La piccola sta benissimo, e sta bene anche il suo padre, Mattéo, che l’ha partorita. Non fosse per quell’avvilente indicazione che si è ritrovato sul libretto di famiglia, “madre”: colpa di un vuoto normativo, ha spiegato Mattéo, la legge non capisce che essere uomo, portare avanti una gravidanza e partorire un bambino è possibile.

La sua battaglia legale per mettere le cose a posto, diventare padre, consegnare la pecetta di madre alla compagna Victoire, nata uomo e senza il quale il concepimento di Avah non sarebbe stato possibile, è seguita con entusiasmo dal personale dell’ospedale, media e avvocati della coppia. Perché Avah non è una bambina qualunque, Avah è la prima figlia naturale di una coppia transgender di Francia. E come tale pronta a mettere «nei guai» lo status quo.

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In Francia anche gli uomini partoriscono

Avete capito? No? Spieghiamo la vicenda: per stato civile e previdenza Mattéo, nato donna, è un uomo, e la sua compagna Victorie, nata uomo, è una donna. La loro figlia Avah è stata concepita alla maniera classica, spiegano a Le Berry républicain, e saprà la verità solo quando sarà maggiorenne. E cioè che per realizzare il loro sogno di genitorialità entrambi hanno dovuto sospendere per tre anni i rispettivi trattamenti ormonali. Tre anni di fatica, Victoire ha rimandato gli interventi chirurgici che avrebbero completato la sua transizione, e Mattéo si è sottoposto a un percorso ginecologico molto «duro fisicamente e psicologicamente».

Mattéo aveva capito «cosa non andava» fin da ragazzina: «A 18 anni ho detto alla mia famiglia che mi piacevano le donne. A 23 anni ho rivelato loro la mia identità trans e a 24 ho iniziato la mia transizione. Ho seguito il percorso ufficiale, con un follow-up psichiatrico obbligatorio». Victorie sospettava invece che «qualcosa non andasse» fin «dalla scuola elementare» (già «quando avevo due o tre anni, la mia famiglia pensava che sarei diventato gay!»), ma è a 16 anni che capisce “cosa” attraverso i video postati da una persona transgender «nella quale mi sono identificata. A 18 anni ho iniziato la mia transizione totale, passando per il cosiddetto percorso non ufficiale». Aveva iniziato la cura ormonale quando conobbe Mattéo, stesso percorso ma nella direzione opposta, «l’amore ha fatto il resto».

«I medici non volevano mettere incinta un uomo»

All’inizio i due hanno considerato il ricorso alla procreazione medicalmente assistita. «Abbiamo preso appuntamento in una clinica, ma alla fine ci hanno respinto, dicendoci che non potevano mettere incinta un uomo. Un’ora di viaggio andata e ritorno per niente!», ha commentato Victoire indignata. E così hanno fatto in altra maniera e ora lo stato civile di Mattéo ha mandato in tilt i software della burocrazia, mutua, previdenza, Caf (l’ente che eroga aiuti finanziari alle famiglie), la sua pratica resta bloccata.

Mattéo infatti è agli occhi della legge un uomo che ha diritto alla paternità, per gli impiegati del municipio di Bourges che hanno trascritto l’atto di nascita è un genitore, per il libretto di famiglia è una madre. Soprattutto è uscito allo scoperto per mostrare a «persone che potrebbero trovarsi in una situazione simile che “sì, è possibile avere un figlio e tutto va bene dal punto di vista medico”».

Per i transgender “madre” è il femminile di “padre”

Dopo il caso di Claire, padre trans che ha fatto causa all’anagrafe per essere riconosciuto come “madre” della figlia concepita con la moglie, la campagna pubblicitaria delle femministe di Mélenchon con l’uomo trans in dolce attesa e la battaglia legale di Bruno e Romain, “discriminati” dalla Caf che si era permessa loro di richiedere il certificato di gravidanza di quel bambino comprato da una surrogata per 130 mila euro, la storia di Mattéo e Victoire aggiorna la saga dell’attacco al materno in Francia.

«Le parole hanno il potere ambiguo di mostrare il reale o di dissimularlo. La distinzione lessicale tra padre e madre si fonda sul fatto che l’uno non può sostituirsi all’altro, perché i due ruoli non sono equivalenti», scriveva Sylviane Agacinski prima di tutti post esultanti dei medici dell’ospedale Jacques-Coeur di Bourges. «La parola “madre” non è solo il femminile di “padre”: è un’altra cosa». Da negare fin dalla sala parto.

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash

Tags: FranciaLGBTQItransgender
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