Mehdi Nemmouche, 29 anni, musulmano francese fermato a Marsiglia venerdì e sospettato di essere l’attentatore che ha sparato al museo ebraico di Bruxelles lo scorso 24 maggio, uccidendo quattro persone, ha fatto scoppiare a Parigi “l’allarme jihadismo”. Si ritiene, infatti, che nel 2013 Mehdi sia andato a combattere in Siria e sia tornato per ripetere in Europa le stesse azioni.
«Noi li combatteremo, noi li combatteremo, noi li combatteremo», ha tuonato il presidente francese François Hollande, ma per «combatterli davvero e fino alla fine, bisogna osare dire alla società francese queste quattro verità».
«PRIMA VERITÀ». Scrive così sul Figaro Gilles-William Goldnadel (foto in basso a destra), segretario nazionale del partito di centrodestra Ump con l’incarico di seguire la comunicazione e presidente dell’associazione Francia-Israele. «La prima verità – scrive – è che questa società democratica ha il dovere di difendersi. Anche con mezzi eccezionali quando viene attaccata in modo eccezionale. Gli individui trasformati in jihadisti devono essere rintracciati nella comunità nazionale».
«JIHADISMO VERSIONE DELL’ISLAMISMO». La seconda verità è che «il jihadismo non è che una versione dell’islamismo. Non esiste islamismo senza jihad o sharia. L’islamismo ha dichiarato una guerra di conquista e di civilizzazione al mondo occidentale giudeo-cristiano. Non sono concesse accondiscendenze con alcun tipo di islamismo: né il wahabismo degli emiri, né il preteso islamismo moderato della Turchia o dell’Iran, né quello dei Fratelli Musulmani in Egitto, nel Maghreb o in Palestina (Hamas)».
COME COMBATTERE IL TERRORISMO. Questa seconda «verità» ha implicazioni ancora più politicamente scorrette: «Di conseguenza, ripetere tre volte o mille volte che si combatte il terrorismo islamista e continuare a tollerare allo stesso tempo che certe televisioni come Al Jazeera diffondano le preghiere antiebraiche o anticristiane condotte da predicatori di odio, significa mentire tre volte o mille volte».
«POLIZIA INTELLETTUALE». Infine, «quarta verità», «la pressione dei clandestini alle frontiere non è mai stata così forte. Chi ha l’ingenuità di pensare che tra loro non si ci siano i futuri jihadisti?». Queste considerazioni, conclude Goldnadel, fanno parte «del dibattito più ingrato e difficile da affrontare [che ci sia]. Solo a evocarlo, si rischia di essere demonizzati dalla polizia intellettuale». Ma queste «quattro verità, dure da scrivere, dure da leggere, introvabili a causa del terrorismo intellettuale, sono dure tanto quanto i tempi del terrore che ci attendono».