
Folli: «La vicenda Mps è un’ombra pesante che avrà conseguenze politiche»
Il risvolto politico della vicenda Mps è destinato a caratterizzare l’ultimo mese di questa campagna elettorale. «È l’ultima cosa che Pier Luigi Bersani e gli altri vertici del Pd avrebbero potuto augurarsi. È destabilizzante» commenta a tempi.it l’editorialista del Sole 24 ore Stefano Folli.
«Il Pd è il Pd e le banche sono le banche», queste le parole di Bersani. Non è un po’ troppo tardi per dirlo?
Il boccone per gli oppositori del Pd è troppo ghiotto per lasciarselo scappare. Qualche commentatore ritiene che lo scandalo Mps sia un argomento in grado di modificare e spostare certi equilibri elettorali. Nella frase di Bersani si legge una presa di coscienza di quanto sia stata pericolosa la correlazione tra banca e politica. Ritengo sincera la sua intenzione di separare il destino del centrosinistra politico dal sistema bancario, per questo motivo occorre aprire una riflessione sul ruolo delle fondazioni bancarie.
Le perdite però rimangono. E le fondazioni sono ormai da tempo un problema all’ordine del giorno.
Riformare le fondazioni non significa passare un colpo di spugna sul passato. Rimarrà un’ombra molto pesante che avrà conseguenze politiche. E il centrodestra non sarà immune. Tempo fa Bossi disse che la Lega avrebbe riempito di suoi uomini le fondazioni bancarie nel nord. C’è un sistema di potere che ha tollerato a lungo la contiguità e l’intreccio tra politica e banche ma la riforma delle fondazioni è vicina. Siamo a metà del guado, chi rimane con la mano nella tagliola ne pagherà le conseguenze.
Fino a poco tempo fa Matteo Renzi condannava i rapporti tra partito e banche. Ora, però, ha fatto più di un passo indietro.
Renzi ha fatto la scelta di affiancare Bersani perché ritiene di essere stato cooptato nella gestione politica del Pd e si aspetta qualcosa di importante dalla possibile vittoria elettorale. Per certi aspetti Renzi è diventato la voce di Bersani. Grazie alla sua fluidità comunicativa, qualità che manca al segretario del Pd, riesce a esprimere in poche parole concetti politici anche complessi. La frase «Monti poteva scegliere di essere Ciampi, invece è diventato Dini» ha una sua efficacia. Questo cambio di posizione è dovuto alla volontà di Renzi di rappresentare il futuro del Pd.
Si dice che il sistema Siena avesse come perno Massimo D’Alema. Sfumano quindi le possibilità di vederlo al Colle?
La logica è giusta, ma se si ragiona in questi termini allora diventano davvero pochi i candidati al Quirinale che non abbiano conflitti d’interesse.
Qualche chance in più potrebbe averla Romano Prodi.
Prodi è un nome autorevole, ma la sua elezione al Colle dipende dall’equilibrio politico. Più il Parlamento si sposterà a sinistra, più Prodi avrà possibilità di salire al Quirinale. Bersani si sta spostando a sinistra per far fronte a Ingroia e a Grillo, quest’ultimo pronto all’offensiva su Mps, ma se il Pd riuscisse a evitare di trasformare il Senato in una palude senza maggioranza allora Prodi avrebbe molte chance. Se invece si dovesse avviare una delicatissima trattativa post elettorale – e con questo non do per scontato il patto Bersani-Monti – allora inevitabilmente anche il posto al Quirinale entrerebbe in questa trattativa e le possibilità per Prodi diminuirebbero.
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