In questi giorni si fa un gran parlare di flat tax, l’aliquota unica per tutti i contribuenti che semplificherebbe l’attuale giungla fiscale italiana. Dai sogni di Milton Friedman, il premio Nobel statunitense che per primo la teorizzò nel 1956, all’Europa orientale, dove la “tassa piatta” è una realtà in 15 paesi, un sistema di tassazione semplificato e uniforme è diventato il cavallo di battaglia di tutti i liberali continentali e non solo. Perfino la Lega di Salvini lo ha fatto suo.
Francesco Forte, più volte ministro e professore universitario, presenta in anteprima a tempi.it il frutto del suo studio ventennale in materia e la conseguente proposta che ne ha derivato (qui il testo completo in pdf).
Forte, dopo anni di studio può spiegarcelo: perché è così difficile immaginare una flat tax in Italia?
Il problema essenziale sono le coperture. Una tassa piatta è di per sé attrattiva, ma possono sfuggire le complessità persistenti a chi non è pratico di fiscalità, basta tenere conto di un semplice parametro: ogni punto percentuale di riduzione fiscale pesa per 7,5 miliardi di euro sul gettito.
Esistono anche dei problemi costituzionali, il famoso articolo 53.
L’articolo 53 della Costituzione fissa due precetti: la progressività e la capacità contributiva. Si vuole, insomma, che il cittadino contribuisca ai costi dello Stato in ragione delle sue possibilità, un principio di assoluto buon senso. A questo si dovrebbero aggiungere, sempre seguendo il buon senso, la trasparenza e la semplicità di pagamento, che però sono ampiamente disattesi.
Un sistema progressivo come il nostro ha, o dovrebbe avere, intrinseche caratteristiche di equità che un sistema proporzionale come la flat tax non può garantire.
Dovrebbe, esatto. Basta guardare i numeri: oggi il carico maggiore è sopportato da chi meno guadagna, una cosa iniqua e assolutamente contraria ad ogni etica. Un sistema di tassa piatta, con dei correttivi alla base, può garantire una migliore redistribuzione delle imposte rispetto ad uno progressivo. La progressività è un valore che va tenuto fermo, e la flat tax va in questa direzione (vedi il grafico qui sotto, ndr).
Oltre ai problemi costituzionali e di buon senso persistono, comunque, quelli di bilancio.
Certamente. Prima o dopo ci sarà sempre qualcuno che tirerà le somme per calcolare la fattibilità di una proposta piuttosto che di un’altra. Non si può sperare unicamente nell’emersione dell’evasione e nel conseguente extra gettito per coprire i costi della rivoluzione flat tax, bisogna fornire da subito coperture chiare e dettagliate. Anche perché il contribuente ha due punti fermi: un governo affidabile, che promette e mantiene, e la certezza del tributo. Senza questi due prerequisiti non ci sarà alcun aumento di gettito perché il timore di un aumento ex post della tassazione frenerebbe ogni slancio.
La sua proposta prevede un’aliquota del 22 per cento contro quella proposta, ad esempio, da Salvini che è del 15. Come spiega una simile forbice?
La mia proposta è frutto di calcoli basati sui dati del ministero dell’Economia e della Finanza. La gente, i mercati e l’Unione Europea non crederanno mai a una proposta senza coperture, o con coperture affidate alle sole buone speranze. Io le coperture le elenco e le spiego, e immagino un sistema semplificato ma con totale equivalenza di gettito. Se poi le entrate dovessero essere più alte, nulla vieta di diminuire l’aliquota, che è decisamente meglio del contrario.
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