
Finkielkraut: «L’immigrazione è l’ultimo rifugio dell’antirazzismo ideologico»

A quattro anni dalla strage di Charlie Hebdo, Le Figaro ha intervistato il filosofo Alain Finkielkraut, secondo cui «la Francia si sta disintegrando e non si vedono ricette per riassorbire la frattura». In un lungo dialogo tra terrorismo islamico, immigrazione, gilet gialli, antisemitismo, l’intellettuale registra «l’impotenza» del governo davanti a una società in cui le diverse comunità vivono sempre più divise. Finkielkraut pensa alla piaga dell’antisemitismo, che è tornato ad aumentare in Francia, e al problema dell’estremismo islamico, che ancora molti oggi nel paese definiscono come una reazione agli atteggiamenti islamofobi dell’estrema destra.
IL «TABÙ» DEI MIGRANTI
Ma se oggi il tabù sull’islam comincia venire meno, è stato sostituito da quello sull’immigrazione:
«Penso che la parola “migrante” sia rivelatrice in sé. Agli occhi dei partigiani dell’ospitalità incondizionata, dell’apertura infinita delle frontiere, l’uomo che arriva non viene definito né per la sua origine né per la sua destinazione, ma solo per il suo essere in viaggio. Non si vuole vedere in lui altro che l’homo migrator. Questo accecamento è evidentemente problematico e pericoloso, perché l’antisemitismo di cui l’Europa è oggi teatro non è più endogeno, ad esempio. Viene dall’esterno, è un prodotto di importazione. Ed è legato all’immigrazione. Questo deve essere detto con il maggior tatto possibile, perché non si possono certo descrivere i migranti come invasori pogromisti. Ma questo problema dovrebbe perlomeno poter essere evocato. Ora se usiamo la parola “migrante” è impossibile. L’immigrazione è l’ultimo rifugio dell’antirazzismo ideologico. È una fortezza che sembra molto difficile da espugnare».
UN MALESSERE CHE VA ASCOLTATO
Il filosofo critica anche Emmanuel Macron e una certa lettura facilona di nazionalismo e populismi:
«Criticando nazionalismo e populismi si cerca di criminalizzare il diritto dei popoli alla continuità storica. Christophe Guilluy ha scritto che se c’è un’insicurezza culturale in Francia, è perché coloro che avevano lo statuto di referenti culturali sono stati messi in minoranza nel luogo in cui vivono. Questo è insopportabile e porta a rivolte assolutamente legittime. Questo malessere deve essere ascoltato e questo ascolto deve tradursi in fatti. Se noi vogliamo che il nostro paese resti vivibile, bisogna rallentare i flussi migratori; perché la forza dei numeri rende impossibile sia l’assimilazione che l’integrazione».
Foto Ansa
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