Se il figlio è di Grillo, il silenzio è d’oro
Beppe Grillo c’è un po’ da capirlo e un po’ no. Da un lato, come si può non condividere l’ansia di un padre che vede il figlio accusato di un reato gravissimo e che, a causa del proprio ruolo politico, lo vede finire sulle prime pagine dei giornali? È umanamente comprensibile.
Ripetiamo quel che abbiamo scritto ieri: «Vedersi sbattuti sulle pagine dei quotidiani e rappresentati come “mostri” prima di un processo, non è giusto per nessuno. Nemmeno per il figlio di chi sull’astio, lo sputtanamento, la gogna preventiva ha costruito un movimento politico, una carriera, i propri successi».
E Grillo si incazza
Dall’altro, però, l’atteggiamento di Grillo è incomprensibile perché è il clamoroso rinnegamento di tutte le battaglie del suo Movimento: una forza che abbatte gli avversari politici non con le idee, ma con le denunce preventive, i “vaffanculo” nelle piazze, le gogne mediatiche.
A bene vedere, lo sfogo di Grillo rivela la vera natura dell’animo giustizialista. Della legalità non gli importa nulla: è solo un espediente retorico per la conquista del potere.
Ora che a essere nei pasticci è suo figlio, Grillo si incazza. Ma quando, per molto meno, a finire sotto i riflettori erano i figli altrui, lui e i suoi non non si facevano troppi scrupoli morali e attaccavano a testa bassa.
Il figlio di Lupi
Fate mente locale e ricordatevi quale trattamento subì per settimane il figlio di Maurizio Lupi. L’allora ministro delle Infrastrutture fu costretto alle dimissioni in seguito a un’inchiesta nella quale non era nemmeno indagato. Ma bastò far montare la panna sul Rolex che un imprenditore aveva regalato al ragazzo per arrivare a chiedere il suo passo indietro.
Il figlio di Lupi subì la gogna per settimane intere, tutti i giorni, per aver accettato un regalo. Del figlio di Grillo se ne è parlato pochissimo, solo ultimamente perché, pare, sarà rinviato a giudizio. Quello accettò un orologio, questo è accusato di stupro.
L’altra faccia del giustizialismo
I grillini, allora, bombardarono su Lupi affarista, Lupi che doveva «dimettersi da padre» (Merlo), Lupi esempio di «clericalismo simoniaco» (sempre Merlo), Lupi «il ministro del Rolex» (Di Battista), Lupi che doveva abbandonare il ministero «per dignità», Lupi a capo di una «struttura delinquenziale collaudata» (Grillo).
Lupi fu poi assolto e i grillini non sentirono l’esigenza di scusarsi. Nemmeno una parola su Lupi e suo figlio. Anche oggi, per lo più, tacciono, non fiatano, non commentano. Nemmeno una parola su Grillo e suo figlio a parte qualche frase in perfetto stile gattopardesco di Giuseppe Conte.
È l’altra faccia del giustizialismo: il silenzio interessato.
Foto Ansa
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