
La Fiat in copertina, i cristiani iracheni a pagina 11. È il tempo della rinuncia di massa al caso serio della vita

Dicebamus hesterna die. Dove eravamo rimasti? La prima frase storica è di fra’ Luis de León, vessato dall’Inquisizione, pronunciata riprendendo il posto in cattedra all’università di Salamanca dopo quattro anni di carcere, XVI secolo. La seconda è di Enzo Tortora, di cui tutti sanno la tenebra in cui fu immerso innocente, quando riapparve in tivù. Ecco, io non somiglio a nessuno dei due, nessuna grandezza. Ciò non toglie che sono tornato a casa anch’io, qui a Tempi. Dopo 2.902 giorni e 7 ore, batto di nuovo i tasti del computer come giornalista. Mi pare di essere tornato al primo giorno di scuola, stessa trepidazione. Stessa certezza che tutti capiranno che sono un pirla. Con la aggravante di essere ripetente.
Qui finisco di parlare di me, peraltro obbligato dal direttore che ha voluto fortemente – e lo ringrazio tanto – che riapparissi redivivo anzitutto qui, supponendo che i lettori che siete voi mi vogliate bene. Mi ha detto: in fondo ritorni dall’esilio, racconta come rientrando in porto vedi il paesaggio del giornalismo.
Ci provo. Per pensierini, come in prima elementare.
1) La sparizione della realtà. Impressionante il titolo del Corriere della Sera di domenica 7 settembre, a tutta prima pagina: “Sondaggio. Il giudizio degli italiani su Renzi”. Il fatto più importante di tutto quanto è accaduto nel mondo sabato 6 settembre a 6 miliardi e rotti di esseri umani sono le elaborazioni di Nando Pagnoncelli, dopo un certo numero di telefonate per sapere se un tot di persone apprezza Renzi oppure no. Con tutto il rispetto, sia per Pagnoncelli sia per il direttore Ferruccio de Bortoli, non le elaborazioni di Albert Einstein che scopre qualcosa tipo la relatività, o di Antonino Zichichi che finalmente ha sfornato dal suo cervello il prototipo della macchina del tempo, che è pur sempre una bella cosa. No, un sondaggio. Renzi è popolare al 64 per cento, perbacco. Ci stupiamo che la Terra non si sia spostata per l’emozione dal suo asse, apprendendo queste cose epocali. È il classico giornalismo di servizio. A chi?
2) Eppure il Corriere ne ha di roba in pancia. Ma è come se si vergognasse, quasi apparisse parziale, poco prudente, persino islamofobo a versare la cruda realtà, magari anche per non spaventare gli italiani, che hanno già guai enormi. Ed ecco il titolo di prima pagina dell’8 settembre: “Ferrari, rottura in casa Fiat. Marchionne: Montezemolo non è indispensabile”. Noi capiamo che queste cose sono vicende di vita o di morte. Ehi, ma se va male, alla vittima della rottura in casa Fiat, il citato Montezemolo, arriverà una liquidazione tra i 200 e i 500 milioni di euro.
Poi ecco: fai scorrere con le dita la carta o tocchi l’iPad e arrivi a pagina 11 (undici): “‘Croci spezzate, spari contro la Vergine. Meglio morire che convertirsi’. I racconti dei cristiani iracheni fuggiti dalla Stato islamico”. E una grande foto a colori di ragazzini.
Ehi, quei ragazzi li conosco. Li conoscono anche i lettori di Tempi. In alcuni degli articoli scritti da abusivo, con Luigi Amicone processato per questo come favoreggiatore di un contrabbandiere, ho raccontato di loro. Sono stato nelle parrocchie di Baghdad nel 2010 e nel 2011, cantavano in chiesa, dove sta la Madonna del perpetuo soccorso, ed erano stati sequestrati da miliziani del jihad islamico, altri ne avevano uccisi, tra cui giovani preti.
Lorenzo Cremonesi è arrivato a Batnaya nel nord dell’Iraq per raccogliere quelle testimonianze e presentarcele in una pagina tremenda e bellissima. Ma è a pagina 11. Non sfonda quel dolore, non buca la prima pagina. A quello ci pensa la tormentata vicenda Fiat-Ferrari, dove se si spezza qualcosa, al massimo cola l’olio e molto denaro, non certo sangue e lacrime di ragazzi.
3) Di quella pagina bisogna ringraziare il Corriere. Come scrisse Manzoni riferendo le parole di Lucia Mondella, la donna cristiana che ci insegue per fortuna attraverso le nostre mogli e madri e sorelle e amiche anche adesso, anche ora; Lucia disse: «Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia» (Promessi sposi, capitolo XXI). E quell’articolo è un’opera di misericordia. Fa perdonare tante cose, anche il fatto di averlo piazzato a pagina 11, quasi per caso.
4) Perché è a pagina 11? Perché è roba nascosta? Perché siamo diventati noi così. Siamo anestetizzati, non ci ferisce il dolore degli altri. Non ci interessa la realtà, la realtà quando tocca la profondità della vita e della morte. Salvo che non ci sia in ballo il gioco da cronaca nera se uno è colpevole o innocente.
Al massimo la superficie. Il filmato orribile, che ci fa l’effetto del gatto spiaccicato. Non andiamo dal sentimento istantaneo della superficie delle acque alle correnti profonde del nostro destino. I quotidiani sono il nostro specchio interiore. Il potere è quello che ci meritiamo. I poteri forti sono il consolidamento in massa cementizia del nostro stesso esercitare il medesimo potere in piccolo.
Nel Don Giovanni di Mozart-Da Ponte, il grande seduttore non è il Gran Cattivo che schiaccia i buoni. Il suo servo Leporello, che alla fine se la cava e va «a cercar padron miglior» è identico ma più meschino. E così le sedotte Elvira e Zerlina: identiche. Ne avessero la forza sarebbero come Don Giovanni.
5) Siamo stati educati a vedere il male fuori da noi, il bene lontano da noi. Questo è il tempo della assoluta rinuncia di massa al caso serio della vita. La questione di quelli disposti a morire per la fede è diventata un’opinione, come quella degli italiani su Matteo Renzi: è bravo, bravino o cattivello?
E ai cristiani disposti a morire pur di mantenere la propria fede che voto diamo (a pagina 11, ovvio)? Molto buono: dimostrano di essere tosti, forse addirittura come l’eroico concorrente di MasterChef, che ha resistito alla tortura del crudele Carlo Cracco.
6) Il centro della questione umana è diventato periferico, trattato come inessenziale. Però la questione umana esiste! Essa imprevedibilmente, a pagina 11, o 27, in una riga nascosta salta su dall’inchiostro della carta o dal web. Ritengo che la lezione di questo Meeting sia stata importantissima per ritrovare il filo di un giudizio sulla comunicazione. Essa non è la misura della realtà. Guai se accettiamo di lasciarcene misurare. Qualche volta, nel buco della roccia, nella sconnessione tra le pietre, viene su un fiore.
7) Ora dirò una cosetta che probabilmente indurrà qualcuno a strapparmi di nuovo la patente e a rimandarmi in esilio dal giornalismo. Quello che accade di profondo nelle vite dei popoli non viene comunicato. È un problema? Io dico #chissenefrega, importante è che accada. Di solito si finisce in prima pagina per ciò che non c’entra un tubo con l’essenziale. Che problema c’è?
8) Mi viene in mente un fatto che riguardò la piccola Teresa di Lisieux. Anch’ella finì sulla prima pagina di un giornale. Sbeffeggiata. Accadde che ella aveva creduto, mentre era già nel Carmelo, alla conversione da una setta satanica di Diana Vaughan, al punto da dedicarle una rappresentazione teatrale e spedirle una foto di lei nei panni di santa Giovanna d’Arco in prigione. Finché in una oscena conferenza stampa, Diana Vaughan si rivelò essere un signore cicciottello e barbuto, Léo Taxil, che proiettò ai giornalisti la foto di Therèse, direttore dell’Anticlericale.
Quella immagine finì sulla prima pagina dei giornali, come prova dell’inganno in cui la Chiesa e le carmelitane erano cadute, tra il generale dileggio e la goduria di Taxil. Teresa non la fece lunga: si limitò a gettare nella spazzatura la lettera che la falsa convertita le aveva spedito, fingendo gioia e animo grato (1897).
9) I cristiani di oggi come quelli di ieri finiscono quasi sempre per queste ragioni sulle prime pagine. Non per la loro verità, ma perché sono magnifiche occasioni di dileggio. E allora? Rinunciare?
10) Fregarsene. E però provare e riprovare. Mai rinunciare, con la scusa che il mondo è più forte e cattivo, a bucare lo scudo che impedisce di comunicare la profondità tramite i mass media. Mille volte si sarà rimbalzati lontano, e si finirà trascurati o equivocati. Dov’è la novità? Ma bisogna insistere. Come diceva sant’Agostino: et inhorresco et inardesco. Ripartire ogni volta da capo. Mettere su giornali, fare Tempi, rifarlo. Essere criticati. Sbagliare. Essere messi alla berlina anche dai fratelli che ti vogliono morto perché fai danni. E sempre rimettere su la costruzione cartacea, sperando che una notiziola passi, e tocchi un cuore, uno solo, o anche no. Ma riprovare. Come scrisse T. S. Eliot nei Cori da “La Rocca” a proposito del compito dei cristiani. Inutile, ma che ci si sta a fare al mondo se non per questo:
«E se il sangue dei Martiri deve fluire sui gradini/ dobbiamo prima costruire i gradini;/ e se il Tempio dev’essere abbattuto/ dobbiamo prima costruire il Tempio».
Fosse anche un tempio di carta, di racconti sbagliati, ma sapendo che il caso della vita è serio, e quello che è capitato ai ragazzi iracheni di pagina 11 di un giorno feriale è l’unica cosa seria della vita.
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16 commenti
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Bentornato Farina!
Grazie Renato. Bisogna recuperare lo spirito con cui è stato fondato il sabato o il meeting di Rimini. Bisognava vegliare questa Italia e questa Europa.
Mi complimento per la profondità delle cose che ha scritto.
Noi cattolici ci riproviamo sempre in virtù della fede in cui crediamo; qual è la nostra fede? Quella di credere semplicemente che il Bene e’ più forte di qualsiasi cosa negativa. Questo è un tempo che induce noi cattolici a non riprovare e a perdere la fede. Forse dovremmo chiederci se, nonostante tutto, crediamo seriamente che il Bene e’ più forte del Male
Cara Filomena la storia di Renato Farina la conosciamo tutti per filo e per segno anche perché gli aspetti (apparentemente) negativi ci sono stati ampliamente descritti fino quasi alla rettoscopia dai suoi stessi “colleghi” piú o meno con la stesso animo con cui lo hai fatto tu.
In piú noi per una certa frequentazione storica ne conosciamo anche le sue analisi giornalistiche e la sua capacitá provocatrice positiva.
Proprio sapendo tutto questo sono contento che torni, comuque grazie per questo esercizio di copia incolla che ti sará costato tanto tempo…un po’ inutile.
Non sappiamo invece nulla di tale Filomena che riesce a intervenire su quasi tutti gli articoli di questo sito cercando di provocare i lettori a volte con tesi assurde, a volte con allusivi racconti….
Possiamo solo immaginare chi sia e perché lo faccia ma caritá cristiana ci impedisce di mettere nero su bianco la nostra immaginazione per trasformarla in un giudizio affrettato su una realtá non nota.
Salutoni
Nell’ambito del procedimento sul sequestro dell’imam egiziano prelevato a Milano dai servizi segreti Usa, Farina aveva patteggiato sei mesi di reclusione, poi convertiti in una pena pecuniaria.
Il 28 settembre 2006 l’Ordine dei giornalisti della Lombardia gli aveva inflitto una sospensione di 12 mesi. Il Procuratore generale di Milano aveva impugnato la decisione e ne aveva chiesto la radiazione. A quel punto fu lo stesso Farina a cancellarsi dall’Albo prima che il Consiglio nazionale si pronunciasse. Il 18 dicembre 2012 l’Ordine dei giornalisti dell Lombardia aveva respinto una prima domanda di reiscrizione, ”dopo attenta valutazione del comportamento di Farina in questi ultimi anni e dopo la sua audizione”, spiegava una nota dell’Ordine. Fra le motivazioni, ”quella dell’esistenza di una sentenza di patteggiamento per la sua collaborazione con i servizi segreti, attività del tutto incompatibile con l’esclusività della professione giornalistica”. Inoltre, sottolineava l’Ordine, “Farina si è cancellato dall’Albo nell’imminenza della decisione disciplinare assunta dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, evidentemente per sottrarsi al giudizio dei colleghi“. E non bastava: “Nonostante la cancellazione, Farina ha continuato a collaborare quotidianamente con più pezzi e per diversi anni a varie testate, di fatto continuando a svolgere la professione giornalistica, con un atteggiamento di svalutazione nei confronti dell’ente di categoria preposto alla vigilanza”. Saranno le motivazioni di quest’ultima decisione di segno contrario a chiarire quale “ostacolo” sia caduto nel frattempo.
“Ho agito in buona fede, con la presunzione di salvare il mondo, ma sono cosciente di avere contravvenuto gravemente alle regole di comportamento della categoria dei giornalisti”. Così, secondo l’Ansa, si è difeso Farina davanti ai componenti del consiglio, ribadendo dunque le giustificazioni date dopo lo scoppio dello scandalo. “Sono molto contento proprio dell’unanimità della decisione – ha poi dichiarato – perché, pur essendo convinto di non avere ricevuto regali, so bene che in questa Italia è rarissimo che prevalga il senso di giustizia e di diritto al di là degli schieramenti politici e per questo ringrazio di cuore i colleghi che questa mattina hanno preso la decisione”.
Dopo la cancellazione dell’albo professionale, nel 2008 Renato Farina ha avuto un posto in parlamento garantito dal Pdl di Silvio Berlusconi. E oggi il primo plauso al ritorno dell’ex agente Betulla nell’Ordine dei giornalisti è di Daniele Capezzone di Forza Italia: “Penso e spero che tutti comprendano che questo diritto fondamentale, una piena e vera libertà di parola e di espressione, non possa mai essere sacrificato”.
Filomena, se tu avessi un milionesimo dell’umanità di Renato Farina, ti dovresti ritenere soddisfatta, ma non ce l’hai.
Si vede la bava alla bocca : mi fai una pena immensa.
Coraggio Renato, ti ho sempre seguito, come lettrice, in questi anni, so che sei abituato a gente cattiva e insulsa, non ti preoccupare, come in effetti non ti preoccupi.
L’articolo è bellissimo, spero ne seguano tantissimi altri, per me sono sempre occasioni di crescita umana.
Tra l’altro, cara cattiva pettegola e nullafacente, credi che la storia di Renato Farina non sia più che conosciuta ai suoi lettori , sebbene con dei risvolti che tu naturalmente hai ignorato ?
Sbavando tutto il veleno che sei riuscita a raccogliere in internet , cosa credi di aver dimostrato ?
Solo che sei una persona squallida, peggio di quel che si poteva supporre.
E comunque, non mi farò rovinare la festa di poter leggere ancora un gigante del giornalismo.
“Fregarsene. E però provare e riprovare. Mai rinunciare, con la scusa che il mondo è più forte e cattivo, a bucare lo scudo che impedisce di comunicare la profondità tramite i mass media. Mille volte si sarà rimbalzati lontano, e si finirà trascurati o equivocati. Dov’è la novità? Ma bisogna insistere. Come diceva sant’Agostino: et inhorresco et inardesco. Ripartire ogni volta da capo. Mettere su giornali, fare Tempi, rifarlo. Essere criticati. Sbagliare. Essere messi alla berlina anche dai fratelli che ti vogliono morto perché fai danni. E sempre rimettere su la costruzione cartacea, sperando che una notiziola passi, e tocchi un cuore, uno solo, o anche no. Ma riprovare. Come scrisse T. S. Eliot nei Cori da “La Rocca” a proposito del compito dei cristiani. Inutile, ma che ci si sta a fare al mondo se non per questo:
«E se il sangue dei Martiri deve fluire sui gradini/ dobbiamo prima costruire i gradini;/ e se il Tempio dev’essere abbattuto/ dobbiamo prima costruire il Tempio».
Fosse anche un tempio di carta, di racconti sbagliati, ma sapendo che il caso della vita è serio, e quello che è capitato ai ragazzi iracheni di pagina 11 di un giorno feriale è l’unica cosa seria della vita”.
Grazie, Farina, il mio cuore continui a toccarlo.
Vedo che la realtà ti infastidisce al punto di inviare commenti a raffica. Fatti una calmata, io non ho fatto altro che riportare i fatti come stanno pubblicati da chi non ha gli occhi chiusi o vuole far finta di non vedere la realtà. Se leggevo bene, notavo che è stato lo stesso Farina a scusarsi per quello che ha fatto. Per una volta smettila di pestare i piedi per terra come fanno i bambini quando fanno i capricci e non gli si da ragione.
Per me che si noti che ho un animo bambino, è un complimento e penso che è una constatazione che si adatterebbe anche a Farina, che un grande uomo, ma pieno di stupore, come un bambino.
Certo, per te che sei una vecchiaccia dentro, cattiva come la fame, è difficile anche da immaginare di avere un animo spalancato come quello di un bambino, tu i bambini preferisci vederli morti.
caro Farina ben tornato dal Gulag, ma attento a come ti muovi perchè i vermi di sinistra sono sempre in agguato
Io non la conoscevo ma le sue parole sono di una verità disarmante, ho paura di quello che ci aspetta.
Grande Renato! Grazie di essere tornato! (Scusa la rima…)
Bentornato Farina!
Benvenuto, o per meglio dire ben ritornato, Renato Farina. Mi aspetto di leggerla spesso, d’ora in avanti. Deve recuperare tutto il tempo che l’ottusità dell’apparato le ha fatto perdere. Certo che in 2902 giorni la situazione è notevolmente degenerata, anzi ultimamente ha subìto un’accelerazione che mi preoccupa moltissimo. Vedo il baratro davanti a noi italiani, con un giullare come primo ministro. Vedo la follia di un’amministrazione americana, forse la peggiore di tutti i tempi, che si trova dover combattere contro una creatura mediorientale che essa stessa ha creato e nel contempo, per non farsi mancare nulla, sobilla l’inesistente politica estera europea per una novella edizione di guerra fredda, che speriamo fredda resti. Che Dio ci aiuti. Se può.