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La ragazza assunta anche se incinta e i nostri applausi un po’ ipocriti

Tutti a raccontare "la storia di Federica oltre i pregiudizi". Viva l'imprenditore che non lascia a casa una mamma, ma il prossimo passo non è il fervorino contro il sessismo aziendale dei giornali, bensì fare come i Brazzale

Caterina Giojelli
23/02/2022 - 6:23
Società
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«Sono incinta». E il titolare la assume
«Sono incinta». E il titolare la assume. La storia di Federica Granai è finita su tutti i giornali (foto Ansa)

Anche l’edizione cartacea della Stampa ha raccontato ieri “la storia di Federica oltre gli stereotipi”. Quali stereotipi? Non quello della donna che in età da figli si mette a fare i figli – stereotipo che i giornali,  Stampa in primis, cercano quotidianamente di abbattere -, ma quello della donna che in età da figli si mette a fare figli  e viene licenziata.

La storia di Federica Granai infatti va molto diversamente. Ed è la storia di un gesto bello, bellissimo, perché più unico che raro e per questo giustamente stupefacente agli occhi dei giornalisti: quello di Simone Terreni, managing director della VoipVoice di Montelupo Fiorentino, che ha assunto la ragazza “nonostante” fosse incinta perché «era la migliore».

«Incinta, Federica non è stata costretta a scegliere»

«Tutto qua? Che bellissima notizia»: Terreni aveva reagito così quando la ragazza, superati brillantemente colloqui e prove per entrare in azienda, gli aveva comunicato titubante di essere in dolce attesa prima di firmare il contratto. Oggi Granai, 27 anni, è da dieci mesi mamma di Diego, ha potuto fare un mutuo, comprare casa, è tornata alla scrivania dopo la maternità facoltativa contenta perché «non è stata costretta a scegliere tra famiglia e lavoro, come capita a tante donne». Parola del titolare che ha raccontato la vicenda in un post su Linkedin che superati i 2 milioni di visualizzazioni è approdato ai giornali.

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Intervistato da tutti, Terreni ha ribadito: «Sono padre, non vedo come la maternità possa rappresentare un ostacolo, anzi lo ritengo un elemento positivo», «non capisco come nel 2022 una donna possa essere discriminata per la sua volontà di diventare madre», «con tempi più flessibili, e lavorando per obiettivi, si possono tranquillamente conciliare lavoro e famiglia», «spero che non si chieda mai più a una donna, ad un colloquio, se abbia figli o abbia intenzione di farne. Spero invece che compaia presto in tutti, soprattutto negli imprenditori, il sorriso per la bellezza di una vita nuova che sta arrivando. Perché un bambino non deve mai essere un problema».

Cosa resta della “storia di Federica”?

Il gesto bello, bellissimo di Simone Terreni è stato raccontato da tutti perché «dovrebbe essere cronaca ordinaria e invece fa notizia» (ci sarebbe da scrivere anche sul perché faccia “notizia” il fatto che sia stata assunta “la migliore” ma sorvoliamo), perché «sia d’ispirazione», perché «da eccezione diventi normalità», perché «cambi la mentalità». Tutto qui? Esaurita con grande soddisfazione di Federica, dell’azienda di Montelupo Fiorentino, di Terreni, dei giornali che hanno trovato un titolo sugli stereotipi e usato ancora una volta la maternità per dargliele sode al sessismo aziendale (di cui – non prendiamoci in giro – sono vittime in primis le madri in quanto madri e non in quanto donne), cosa resta ad eccezione del gesto bello, bellissimo, e di ispirazione?

Lo abbiamo scritto tante volte, lo ha ribadito a Tempi una combriccola di imprenditori che esiste e non ha aspettato lo Stato o gli applausi dei giornali per mettere a sistema molto più che un gesto bello, bellissimo: «Il ruolo delle imprese è decisivo perché i giovani ritornino a sentire maternità e paternità al centro della vita sociale», va ribadendo Roberto Brazzale, uno che se fai un figlio o ne adotti uno non ti licenzia, anzi: ti regala una mensilità in più, ritaglia gli orari di lavoro in funzione di quelli del genitore, allunga a richiesta il congedo parentale di un anno oltre i termini di legge, sobbarcandosi un onere di circa 10 mila euro per beneficiario, oneri che altrove vengono sostenuti dal sistema previdenziale. Come ha fatto? Ha trovato una escamotage. Perché si fa presto ad applaudire sui giornali alle storie commoventi e d’ispirazione, ma del riconoscimento della procreazione come valore non frega niente a nessuno, ai giornalisti, men che meno a politica, Stato, sindacato e Inps.

Brazzale non aspetta Stato e giornali

A Brazzale, ai 500 che hanno aderito al suo appello lanciato lo scorso anno ai candidati di Confindustria Vicenza per favorire un “rinascimento” (e modelli aziendali caratterizzati da provvidenze, bonus, forme speciali di part-time, prolungamento dei congedi parentali), agli imprenditori che introducendo misure analoghe hanno costituito con Brazzale l’associazione informale Benvenuta Cicogna per premiare di tasca propria i dipendenti che diventano genitori, importa eccome. Tempi vi ha già raccontato le loro storie, quelle di Vinicio Bulla, patron della Rivit di Calatrano che per ogni bimbo nato o adottato ha disposto il rimborso delle spese d’iscrizione, delle rette, dei servizi mensa e scolastici, cioè «sette anni di scuola pagata, con un tetto di 500 euro netti al mese in caso di asilo nido e di 250 euro netti al mese in caso di scuola materna», nonché «un bonus di 2 mila euro lordi per ogni dipendente a cui nasce un secondogenito, sale a 3 mila euro in caso di un terzo figlio. E per dimostrare che non sono un quaquaraquà, non sapendo se e quando verrò “congedato”, ho dato mandato alla mia banca di vincolare i fondi necessari».

Quella di Pierpaolo Pozzato, Paolo Vellar, o di Federico Pendin, che senza mai ragionare in termini di quote rosa o categorie protette oggi si trova con due manager su tre e due direttori su cinque in fondazione donne, quasi tutte mamme, perché «le madri mettono il turbo» e «non si tratta di essere “generosi”: è ragionevole e conveniente per un imprenditore aiutare il proprio lavoratore nel momento più importante della sua vita».

Perché non resti una bella storia sui giornali

Converrebbe a tutti, aiutare gli imprenditori a fare l’impresa e far sì che “la storia di Federica oltre gli stereotipi” non sia fonte d’ispirazione per pensosi articoli da alternare ai dibattiti e a moniti di esperti o meno che derubricano la questione maternità a frutto di scelte individuali insindacabili, ma di azione, seria, vera, politica e non solo. Possiamo portare a casa ogni giorno interviste sui figli che sono un bene pubblico e moniti affinché non siano più un problema; possiamo ripetere ogni giorno che ci sono imprese più avanti della società che si picca di essere più avanti della politica. Ma il cambio di passo osato dai Brazzale, anche oltre la storia di Federica e ben oltre gli stereotipi, non può esaurirsi nell’applauso dei lettori del giorno.

Tags: denatalitàinverno demograficoroberto brazzale
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