Come inizio non c’è male. A due settimane dalla presentazione del rapporto ufficiale Ue sullo “stato di preparazione” della Turchia come nuovo Stato membro, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan dice che non accetta le critiche dell’Unione Europea sul progetto di riforma del codice penale che prevede la reintroduzione del delitto di adulterio, sostenendo che l’Ue «non deve immischiarsi di questioni interne» del suo paese. Peccato per i sostenitori di un’Europa multilaterale e multireligiosa, delle differenze superabili tra islam moderato ed Europa senza radici, governata dalla tecnocrazia burocratica di Bruxelles che apre le braccia ad Ankara. Cattivo risveglio anche per il portavoce della Commissione Ue, Jean-Christophe Filori, costretto a spiegare tra i denti che «la riforma del Codice penale è molto importante per l’insieme delle riforme in Turchia, e quindi l’Ue è molto preoccupata per i ritardi nella sua adozione e soprattutto perché questi ritardi sono legati alla possibile ripresentazione dell’emendamento sull’adulterio». Nel frattempo Erdogan vola a Bruxelles, dove, forse, si troverà una pezza per il rattoppo. Per far finta di non vedere il buco.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi