Il sangue dei martiri dà frutto. Dai musulmani offerte per una chiesa in onore dei copti uccisi dall’Isis

Di Benedetta Frigerio
29 Aprile 2015
Egitto. A nord del Cairo sorgerà una chiesa intitolata alla Vergine Maria. È il frutto della grande commozione suscitata in tutto il paese dalla morte dei copti in Libia

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In onore dei ventuno copti egiziani uccisi in Libia sorgerà a nord del Cairo una chiesa intitolata alla Vergine Maria. Molte delle offerte per l’edificazione della chiesa sono giunte da musulmani. A raccogliere le donazioni è stato il vescovo ortodosso Benyamin, che ha parlato del fatto come di un esempio e un messaggio di speranza per tutto il mondo. I contributi delle persone di fede islamica sono arrivati al vescovo grazie all’iniziativa lanciata da alcuni leader musulmani che hanno spronato i fedeli a partecipare alla raccolta fondi per la costruzione della chiesa che sorgerà nel governatorato di Manufiyya, a 100 chilometri dalla capitale, nella regione del Delta del Nilo. A rispondere all’appello sono stati sopratutto i giovani che hanno versato anche piccoli risparmi. Fra i promotori della raccolta ci sono anche i rappresentati locali dell’Egyptian Family House, un organismo che unisce l’Università di Al Azhar e le Chiese cristiane presenti in Egitto, guidato in alternanza dal Grande Imam di Al Azhar e dal patriarca copto.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”] UN CLIMA SOLIDALE. Il clima di solidarietà nasce anche dalla commozione suscitata dal martirio dei ventuno copti e dalla posizione ferma e decisa assunta delle autorità egiziane contro i terroristi. Subito dopo la notizia, il presidente Al Sisi ha chiamato «martiri» i 21 uccisi, proclamando il lutto nazionale per una settimana, facendo visita al patriarca copto Tawrados e versando un contributo pari a 13 mila dollari per ciascuna famiglia delle vittime. Anche l’università di Al Azhar si era esposta parlando di «crimine orribile». Il Gran Mufti dell’Egitto aveva ribadito che «tali crimini sono ingiustificabili». Mentre per Al-Nur, capo dei salafiti, il «terribile crimine rafforza la coesione degli egiziani».

LA CATENA UMANA.  Non è la prima volta che la popolazione dimostra la sua vicinanza alla minoranza cristiana con cui convive da secoli. Quando nel 2013 i fratelli musulmani attaccarono i cristiani, i cittadini islamici reagirono spesso in loro difesa. Come accadde a Sohag, quando formarono una catena umana di fronte alla chiesa copta dedicata a san Giorgio.

@frigeriobenedet

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2 commenti

  1. Maurizio

    Visto come é possibile il dialogo ed in cosa consiste:il sentirsi popolo al di là delle differenze ed incontrarsi sull’essenziale:il senso religioso ,la fede come unica,vera sorgente di una unità e umanità,altrimenti impossibile??!!

    1. Raider

      Il “possibile dialogo” diventa impossibile con gli islamici quando si parla di reciprocità, per es., riguardo il reato di apostasia: e non per un caso, ma perché, per gli islamici, abiurare l’Islam vuol dire rigettare la “religione naturale dell’umanità”: cioè, degradarsi a bestia.
      In ogni caso, anche nel dialogo più aperto possibile con interlocutori più aperti che mai, ci sono valori non negoziabili: penso che l’identità cristiana, italiana, europea, occidentale, sia fra questi. E che, per es., la cittadinanza non sia un diritto umano, ma politico: che la polis può concedere o no, come è nel suo diritto e nel suo potere, senza che venga, perciò, meno il rispetto di diritti che stanno a cuore a tutti.

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