«È più sicuro mangiare una polenta fatta con mais ogm che una fatta col biologico»
Sono più di 700, tutti agricoltori e imprenditori agricoli padani. Hanno scritto una lettera alla senatrice Elena Cattaneo e a tutti i parlamentari, affinché sia riconosciuta «la libertà di ricerca scientifica e quella di impresa». Un tema che quando si parla di agricoltura significa prima di tutto una cosa: organismi geneticamente modificati, da anni ostacolati in tutti i modi dal nostro Paese. Chi ha tentato di sfidare la legge si è bruciato le mani: le battaglie di Fidenato e Futuragra continuano ad arenarsi tra sentenze e sequestri. «Non invidio la loro situazione», dice a tempi.it Franco Nulli, coltivatore tra Milano e Pavia e capofila dei firmatari. «È stato un lavoro faticoso raccogliere le sottoscrizioni – dice Nulli. Ma ci siamo accorti anche noi che non è affatto vero che gli agricoltori italiani siano in toto contrari alle coltivazioni transgeniche».
Signor Nulli, quando si parla di ogm, i detrattori affermano che essi siano sostenuti dalle multinazionali dell’agricoltura. Chi sono i 700 firmatari della lettera?
La nostra è un’iniziativa nata intorno al blog salmone.org e da lì è nata spontaneamente. Ci siamo chiesti: perché dobbiamo lasciare il campo solo a chi è contrario e invece non possiamo dire qualcosa anche noi? Perché non far vedere che c’è anche chi gli organismi geneticamente modificate vorrebbe conoscerli meglio, sperimentarli? Non si può dire no a prioristicamente un progresso che chiede di essere verificato e studiato. Il fatto che gli ogm esistano da venti anni e negli ultimi dieci abbiano avuto uno sviluppo enorme a livello di superfici è un dato che non si può non considerare. Per questo abbiamo provato a diffondere la nostra idea, e sono rimasto colpito nel vedere che ci sono più di 700 persone che la pensano come noi.
Cosa chiedete?
Chiediamo che il dibattito si sposti dall’ideologico al tecnologico. Cioè che, semplicemente, ci venga permesso di vedere se è vero che gli ogm sono pericolosi o meno. Io sono disposto ad accettare anche che facciano male alla salute, a patto che me lo dimostrino. Ad oggi, non esiste una dimostrazione scientifica che siano dannosi, e in Italia non vengono coltivati a causa di un veto che è totalmente aprioristico. Paradossalmente, è più sicuro mangiare ogm che biologico: preferirei una polenta fatta con mais geneticamente modificato che una fatta col biologico. Lo dico a ragion veduta: vent’anni fa, quando ancora non era vietato coltivare ogm, ho avuto la possibilità di vedere semi transgenici. E la stessa varietà di coltivazione era imparagonabile: il tradizionale era tutto muffo, l’altro era sano. Se devo scegliere, scelgo il sano: le tossine contenute in quella tradizionale sono potenzialmente cancerogene. E in più, altro paradosso, gli ogm fanno parte comunque del nostro ciclo alimentare, dato che vengono usati come mangimi per i nostri maiali.
Un altro timore di chi non vuole gli ogm è relativo alla contaminazione dei campi limitrofi.
Faccio un esempio semplice, ma veritiero: in Veneto si coltivano mais bianco e mais giallo in campi confinanti, e se si va a verificare la contaminazione si trova solo nelle prime 5 o 6 file, quelle più interne no. Ciò significa che il polline del mais non percorre chilometri, ma qualche metro. Certo, se si vuole escludere tassativamente la contaminazione basta introdurre delle distanze di sicurezza. Ma la cosa ridicola è che nelle normative attuali si chiedono dei limiti di tolleranza che sono più bassi di quanto si riesca a riscontrare analiticamente.
Da coltivatore, vuole illustrarci quali vantaggi ci sono ad aprire agli ogm?
Ragioniamo su stime. Il mais ogm classico è il bt, cioè contiene il gene del bacillus thurigiensis, grazie al quale la pianta diventa tossica per la piralide. Il danno della piralide sul mais è statisticamente accertato tra il 5 e il 10 per cento di produzione. Già quindi abbiamo una cifra su cui ragionare in termini di vantaggi. Inoltre, per ottenere lo stesso risultato bisogna distribuire sulla pianta di mais di 1 metro e mezzo un anti parassitario. Con lo svantaggio però che con l’insetticida si uccidono tutti gli insetti, non solo la piralide. E a caro prezzo.
E per quanto riguarda la soia?
La soia transgenica è la RR, roundup ready, resistente ad un diserbo totale, costruito sul principio attivo del glyphosate. Con una passata di roundup sul terreno dopo che è cresciuta la soia assieme alle infestanti si distruggono tutte le malerbe e cresce solo la soia. Il metodo tradizionale di diserbo sulla soia prevede invece dai due ai quattro passaggi di diserbanti durante il ciclo vegetativo. Non servono altri commenti, è chiaro dove sta il guadagno.
L’Italia si è sempre mostrata decisa nell’opposizione agli ogm, come si è visto con le battaglie legali di Fidenato e Dalla Libera, o nei campi di ricerca dell’Università della Tuscia distrutti. Cosa vi attendete da questa vostra presa di posizione?
Ci aspettiamo una cosa semplice: che si smetta di ragionare per pregiudizi per far tornare la discussione a livello di ricerca, di dati e di conoscenza. Basta col sentito dire, con le sparate sui giornali: torniamo alla ragione. Leggo sempre i quotidiani, ma molto di rado si leggono interventi o articoli favorevoli agli ogm: chi finisce sulla carta stampata di solito è l’altra parte. Questo è una delle ragioni per cui abbiamo voluto fare questo tentativo, coinvolgendo la Cattaneo che sappiamo essere persona legata alla scienza e non al sentito dire. La speranza è di riuscire a mettere un piccolo tassello che faccia vedere che esiste anche chi la pensa diversamente.
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