
«La principale causa remota del consumo di droga (è) un malessere esistenziale che assume diverse forme, a seconda della condizione personale e sociale, e che può avere diverse cause, anche in concorso fra loro: la solitudine; lo smarrimento di fronte alle sfide della vita; la mancanza di senso e – specialmente per gli adolescenti e i giovani – di un contesto familiare ricco di relazioni sane e educative». È quanto scrive, fra l’altro, il card. Pietro Parolin nel messaggio inviato al Centro studi Rosario Livatino in occasione del convegno Droga, le ragioni del no. Scienza, contrasto, prevenzione e recupero, organizzato per presentare l’omonimo libro di Alfredo Mantovano e che si svolgerà nel pomeriggio di domani, venerdì 6 maggio, con inizio alle 14.30, a Roma, Sala Capitolare di Santa Maria Sopra Minerva (Senato della Repubblica).
L’uso “ludico” della droga e la dignità della persona
Premesso che «non è possibile veramente distinguere […] tra sostanze dette “pesanti” e altre presentate come “leggere” ma caratterizzate, in realtà, da elevate percentuali di principio attivo», il Segretario di Stato scrive che «il tema della droga coinvolge direttamente quello della persona e e della sua dignità, in particolare sotto i due profili qualificanti della libertà e della socialità». Parolin sottolinea come «gli scopi più largamente presentati dai sostenitori del consumo sono rese con espressioni del tipo “uso ludico” o “finalità ricreativa”, in vista delle quali esso viene presentato come un innocuo esercizio della libertà di autodeterminazione della persona […]. Appare a dir poco desolante che la sostanza stupefacente venga presentata come un mezzo “ricreativo”, “ludico” o addirittura come strumento di “relax” per la persona».
Si realizza così «qualcosa di paradossale: cioè che lo svago personale possa realizzarsi proprio mediante l’alterazione di quelle facoltà per le quali il soggetto può propriamente dirsi “persona”, perché sono le facoltà grazie alle quali egli è effettivamente libero, padrone di sé, e al tempo stesso è in grado di entrare in relazione con gli altri e con la realtà che lo circonda. E tutto ciò viene presentato, addirittura rivendicato, come legittimo sviluppo della libertà personale».
Malessere esistenziale e ragioni del vivere
Non c’è solo condanna nelle parole di Parolin, che riflette sul fatto che se molti avvertono un bisogno di questo tipo il problema è il «malessere esistenziale che assume diverse forme, a seconda della condizione personale e sociale». Solitudine, smarrimento, mancanza di senso e di un contesto famigliare ricco di relazioni sane e educative. È una sfida alla Chiesa e alla società, conclude Parolin, a cui bisogna rispondere non «assecondando questa o altre forme di alienazione» ma favorendo «la ricerca delle ragioni del vivere, le sole capaci di promuovere un’autentica libertà della persona umana mediante il pieno sviluppo delle sue capacità, non alterandole, sospendendole o riducendole».
Un compito non semplice, ma necessario. L’esempio da seguire è quello del beato Rosario Livatino, il quale «ha compiuto la propria esistenza non allineandosi dalla realtà circostante, malgrado le carenze e le minacce che essa comportava».