
Dinanzi a tanto sudiciume davvero si capisce che esiste lo Spirito Santo

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Potrebbe essere quello di una Inge Feltrinelli quarantenne questo bianco e bellissimo volto dagli occhi azzurro gallico e splendidi capelli vermigli. O forse è il ritratto di una vergine botticelliana che a un bel momento s’è tramutata in una scarmigliata divinità della vendetta. Erinne clochard, persa tra i comuni mortali clochard, nel grande palcoscenico capitolino dello sfacelo che progredisce in sudiciume di strade e sgomento di anime. «Lei sapere dove ostello?». Ha un labbro tumefatto l’Erinne. E un corpo privo di forma infilato in un sacco di stracci. «Sapete, sono diventata un po’ matta dopo morte mamma».
E questo succede a Roma, Stazione Termini, mentre sotto il portico di via della Conciliazione, proprio sotto il portone della Sala Stampa vaticana, un drappello di vagabondi si raduna per la toilette del mattino. Pioviggina, tira un bel venticello gelido, ciuffi di capelli svolazzano dal rasoio elettrico verso San Pietro, forse invocando anch’essi una benedizione urbi et orbi. Sull’angolo della piazza, un suono di sirena singhiozza per segnalare la presenza di un uomo (o forse di una donna) che giace bocconi sul selciato. I barellieri lo caricano un po’ alla brutta, buttandolo più che adagiandolo, sulla portantina, mentre due carabinieri allontanano i curiosi gesticolando. Vengo dalla magnifica vista della Sala del Refettorio di via del Seminario, una delle lussuose dépendance della Camera dei deputati, dove sono stato invitato dall’onorevole autrice Paola Binetti alla presentazione di un volume sulla Maternità surrogata.
«Sì, c’è corruzione in Vaticano»
«E chiamiamola col suo vero nome, “utero in affitto”! Commercio. Schiavitù. Basta con queste storie del “cambiamento d’epoca” e rispetto della “libertà di scelta”. Io mi oppongo all’abominevole in nome della dignità umana, che è senso del limite, relazione, comunità, dipendenza, questo mi hanno insegnato il Partito comunista e il femminismo». Complimenti alla signora Livia Turco. Mi permetto soltanto di glossare che queste cose bisognerebbe portarle fuori dalle conversazioni di lusso. Portarle in parlamento, tra i compagni di partito, di strada, di condominio. E soprattutto nelle scuole e nelle università, dove la sinistra ha assunto in sé l’abominevole dell’odio al certo, al vero, al reale e lo difende in nome della “libertà di scelta”.
Lungo le rive di un Tevere torbido come una fogna e disegnato per gli accampamenti di torbidi figuri, di sottratto all’immondezzaio ci sono soltanto i pini marittimi. In trinità sontuosa, su un contrafforte irraggiungibile dalle cacche di cane padrone dei giardini, come a Castel Sant’Angelo. O ad arco teso, slanciato verso l’alto, con rami simili a mani da pianoforte che ne sorreggono la chioma, come al Testaccio sta il pino solitario dirimpettaio all’alloggio di Giuliano Ferrara. La cosa più pulita che trovi intorno a San Pietro è il McDonald’s dalle insegne dorate. (E hanno avuto pure il coraggio di discutere sui giornali se era opportuno impiantare un fast food in un luogo tanto sacro).
Non sono né giudeo né un ricco mercante di Parigi. Però, il giorno 9 di febbraio, mi sono trovato nella Capitale della cristianità universale, pellegrino suppergiù come settecento anni orsono si trovò pellegrino Abraam il giudeo, protagonista della seconda novella della prima giornata del Decameron di Boccaccio. Il sottoscritto a scarpinare per la capitale con sottobraccio l’intervista di Antonio Spadaro a Francesco, lussuosamente anticipata dal Corriere della Sera e sontuosamente rilasciata dal papa argentino al direttore del quattromillesimo numero della Civiltà cattolica. Ma dicevo di Abraam. Alla vista di tanto sudiciume e corruzione, concludeva il pellegrino medievale, si capisce che la fede cristiana è sostenuta dallo Spirito Santo.
E così, «nulla al mondo lo tratterrà dal farsi cristiano, e farsi battezzare subito». È così. «Sì, c’è corruzione in Vaticano», ribadisce settecento anni dopo papa Francesco, «ma non perdo la mia serenità». Così anch’io non perdo la mia serenità neanche davanti al mio lontano amico (intervenne perfino su Tempi) Antonio Spadaro. Però, che «cortina di rancore» e «necrosi del cristianesimo» è «la tentazione identitaria»? Non siamo più parte di un “popolo sui generis”? In effetti, in ogni angolo del grande mausoleo capitolino, mi è sembrato di sentire il grido di Pär Lagerkvist, «chi sei Tu che riempi il mondo della tua assenza»? In effetti, l’assente sono io, siamo noi, “popolo sui generis”, presenza, impegno, Opera dei Congressi del cristiano nel mondo.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!