
Decreto Fare, Vignali: «Bene gli incentivi alle imprese, ma il meglio viene dalle semplificazioni»
Ultime fasi per l’iter del cosiddetto decreto Fare alla Camera dopo che il Senato lo ha approvato mercoledì 7 agosto. Ieri sera la discussione in aula è stata sospesa per permettere lo svolgimento della direzione del Pd e riprenderà oggi per gli ultimi ritocchi. Si ritiene soddisfatto l’onorevole Raffaello Vignali (Pdl): «Tra le misure messe in piedi la più interessante è il pacchetto sull’edilizia, perché la semplificazione vale di più per le aziende di molti incentivi. Non è l’unico decreto in questa direzione: anche con l’ecobonus si spera nascano degli stimoli per l’economia. Resta il fatto che la questione vera è creare un contesto favorevole per le imprese».
In che modo il decreto Fare crea questo contesto favorevole?
L’apporto maggiore è arrivato con il “pacchetto Lupi”, in particolare mi riferisco a tutta la parte di semplificazione per l’edilizia: le deroghe sui limiti di distanza tra fabbricati, la scia per la modifica della sagoma per le zone omogenee, eccetera. In secondo luogo giudico positivo il rafforzamento del fondo di garanzia per le Pmi: importante perché la liquidità è il primo problema delle imprese. Altro provvedimento interessante per il rilancio dell’economia è il ritorno della ex Sabatini in una nuova formula automatica per agevolare l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature e materiale informatico, quest’ultima variante introdotta al Senato. Spero possa funzionare perché da parte delle imprese c’è molto timore a spendere. Detto questo, ribadisco quanto già affermato: poche norme semplici e chiare sono meglio di tanti incentivi.
Insomma, il nodo da sciogliere rimane quello della burocrazia.
Assolutamente. Infatti la Sabatini è un buon provvedimento, perché è automatica e veloce da realizzare per le imprese. Alle imprese importa prima di tutto poter lavorare senza intoppi. Pochi giorni fa guardavo i dati dell’Ice sulle delocalizzazioni e gli investimenti verso l’estero delle imprese italiane. Due terzi delle unità produttive italiane all’estero sono dislocate tra Austria, Svizzera e altri paesi europei dove il fattore rilevante non è sicuramente il basso costo del lavoro. È lampante che la prima ragione di questi spostamenti è la velocità e la certezza dei tempi della macchina burocratica in quei paesi. Prima viene la semplificazione, il lasciar lavorare le imprese.
Anche sul lato fiscale, però, il malumore è diffuso.
Infatti: dopo la semplificazione viene l’aspetto fiscale. Nella zona nord della Lombardia (Como, Varese, Lecco, Sondrio) ci sono casi in cui sono i lavoratori che chiedono di trasferire le aziende in Svizzera, perché a parità di costo del lavoro per l’azienda i dipendenti avrebbero un netto in busta maggiorato del 35 per cento. Il pacchetto degli incentivi alle imprese vuole iniziare questo percorso: è un piano di 800 milioni di euro per favorire l’occupazione giovanile.
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