Di Dante non si butta via niente, adesso è pure climatologo
Nel corso dei festeggiamenti per il suo settecentenario abbiamo imparato che Dante è come il maiale, e della Commedia non si butta via niente. Tutto fa brodo, nella smania di renderlo contemporaneo il suo amore per Beatrice diventa femminismo e, anche se lo si censura per non offendere gli islamici, già da tempo è diventato un attivista per i diritti dei gay ante litteram (qui non vale gridare al Medioevo!!! evidentemente).
Parigi val bene una messinscena
Il colpo migliore però se lo sono tenuto per l’anniversario della sua morte, forse per ucciderlo una seconda volta. Dal castigo divino alle inondazioni d’oggi. Il “climatologo” Dante aveva già capito tutto, leggiamo non senza sconcerto sulla Stampa di ieri, martedì. Uno sguardo in alto nella pagina, la sezione è quella della “Cultura”, quindi fanno sul serio. L’articolo racconta di un convegno tenutosi ieri all’Istituto italiano di cultura a Parigi dal titolo “Dante e le forme dell’acqua”. Premessa, spiega l’articolo, la congiuntura climatica di inizio XIV secolo denominata da alcuni studiosi (anglosassoni, of course) Dantem Anomaly.
La Commedia non sarebbe la Commedia senza cambiamenti climatici, ci dicono gli esperti a convegno, non illustri letterati ma la scrittrice Andrea Marcolongo, un glaciologo e un ex ministro dell’Ambiente. Parigi val bene una messinscena, e allora anche i versi iniziali dell’Inferno vanno bene per sostenere che Dante fosse un lontano avo se non di Greta Thunberg almeno di Mario Tozzi.
I’ vegno per menarvi a l’altra riva
Ne le tenebre eterne, in caldo e ’n gelo
Dopo la Shoah, le trombe d’aria
Là dove il Paradiso è «luogo dell’armonia climatica per eccellenza», l’inferno è «torrido come la canicola e gelido come il ghiaccio» e «percosso da scosse improvvise». Tutto fa brodo, si diceva: «Sudori freddi, sudori caldi. Il terremoto. Fenomeni estremi in un’epoca di transizione climatica». Certo, all’epoca di Dante non c’erano gli studi climatici, avverte la Stampa, e addirittura si credeva ancora in Dio – «l’Onnipotente che disponeva di caldo e freddo, di pioggia e terremoti» (notoriamente causati dal clima, no?) – ma per il climatologo Jean Jouzel Dante era «una persona estremamente sensibile al clima, la struttura stessa del suo poema è vicina a un’immagine del sistema ambientale».
E così, di supercazzola in supercazzola, scopriamo che in Dante Dio puniva i peccati (comunque “ecologici”) dell’uomo con i disastri naturali, mentre oggi sono i nostri peccati contro l’ambiente a provocare i disastri ambientali. Se c’è una cosa che Dante non fa nella Commedia è farci la predica, ci pensano allora i convegnisti di Parigi e l’articolista della Stampa dato che, paraculeggia, «è sempre possibile una lettura attualizzata di Dante, è la magia immortale della Divina Commedia», farle dire quello che ci pare, a tal punto che si può scrivere su un giornale nazionale una cosa come questa senza pericolo di perdere la faccia: «Se Shoah e Gulag sono stati l’inferno del Novecento, un’estate come quest’ultima, con trombe d’aria improvvise, inondazioni e temperature vicine ai 50 gradi anche alle nostre latitudini, ci prospetta un futuro prossimo abbastanza infernale».
In che girone finiscono i non pessimisti?
Chissà in che girone metterebbero l’ambientalista “scettico” Bjorn Lomborg, uno che nell’anno delle “catastrofi climatiche” ricorda – dati Lancet – che i cambiamenti climatici ora causano 116.000 morti per calore in più ogni anno, ma evitano quasi 283.000 morti per freddo, «quindi, ogni anno, il riscaldamento salva 166.000 vite». Per stare a un esempio recente, l’uragano Ida è stato devastante negli Usa, ma nell’ultimo secolo non c’è stato alcun aumento di eventi estremi avversi, e persino L’Ipcc ha rivisto al ribasso il suo catastrofismo. In attesa di un convegno sul contrappasso ecologico, speriamo che questo settecentenario finisca in fretta.
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