La preghiera del mattino
Dopo la crisi franco-tedesca, far ripartire l’Europa non sarà una passeggiata
Sul Post si scrive: “Giovedì a Madrid si è riunito per la prima volta il parlamento spagnolo, a tre settimane dalle elezioni politiche di fine luglio in cui nessuna coalizione è riuscita a ottenere una maggioranza sufficiente per formare il governo. Durante la riunione è stata eletta presidente della Camera la socialista Francina Armengol, grazie a un accordo tra il Partito Socialista (PSOE) e Junts per Catalunya (detto più semplicemente Junts), un partito indipendentista catalano di centrodestra. Il voto di Junts per Armengol è particolarmente importante perché rende più probabile che il partito catalano sosterrà la coalizione di sinistra anche per la formazione del nuovo governo, evitando quindi che si vada a nuove elezioni”.
La prima mossa di Pedro Sanchez per costruire una maggioranza di governo in Spagna è stata quella di chiedere a Bruxelles di riconoscere come lingue ufficiali dell’Unione europea anche il catalano, il basco e il galiziano. Ecco un’iniziativa che non coglie di sorpresa chi ha imparato a conoscere una certa sinistra capace, per mantenere il potere, di qualsiasi scelta disgregatrice.
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Su Linkiesta Christian Rocca scrive: “L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy non è esattamente il personaggio pubblico più adatto a dare lezioni di geopolitica al mondo contemporaneo, avendo creato ai suoi tempi parecchio caos in Africa ed essendosi voltato dall’altra parte quando Vladimir Putin ha invaso la Georgia nelle prove generali della guerra in Ucraina, cominciata nel 2014 e continuata su larga scala un anno e mezzo fa. Eppure la sua intervista a Le Figaro ha fatto ugualmente il giro del mondo in un’estate in cui le cancellerie e i vertici militari della Nato si chiedono che cosa stia succedendo in Ucraina, a che punto sia la controffensiva liberatrice dei partigiani di Kyjiv, fino a dove si spingeranno le armate imperialiste del Cremlino e, soprattutto, quanto resisterà ancora la solida alleanza del mondo civile contro, per usare un termine caro a Sarkozy, la racaille, la feccia, fascista russa”.
Al di là di qualsiasi valutazione etico/estetica delle mosse di Sarkozy il problema è cogliere il senso politico che è quello di cercare di sostenere la presidenza del disperato Emmanuel Macron cercando di costituire un nucleo gollista che lo appoggi, e puntando per raggiungere questo obiettivo su un certa antiamericanismo diffuso in Francia. In questo senso anche la scelta del fu Juppiter oggi all’Eliseo di abolire destra e sinistra per garantire un’eterna supremazia tecnocratica ha bisogno innanzi tutto di iniziative disgregatrici.
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Su Dagospia dall’articolo di Uski Audino per la Stampa: “Il rallentamento dell’economia tedesca unito alla percepita debolezza del governo Scholz e all’inedita apertura all’ultra destra di Afd del leader cristiano-democratico della Cdu rendono complessa la situazione all’ombra della Porta di Brandeburgo. L’ultima vicenda del viaggio in Oceania della ministra degli Esteri Baerbock, interrotto a metà strada per un’avaria all’Airbus della Bundeswehr, rischia di essere la triste metafora di un Paese in panne”.
Il povero Friedrich Merz, leader della Cdu, si trova a gestire gli esiti della politica di Angela Merkel, centrata sulla neutralizzazione della politica sostituita nel caso specifico da un’attitudine più bottegaia che tecnocratica. Anche nel caso tedesco la scelta della depoliticizzazione della discussione pubblica ha prodotto effetti disgregatori dei quali l’AfD è l’espressione principale.
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Sul Sussidiario Giulio Sapelli dice: “Paradossalmente i Paesi che risentiranno meno di questa crisi sono quelli come l’Italia, ultimi dei primi e primi degli ultimi. Anche nella crisi del ’29 eravamo posizionati come ora nella classifica mondiale e la subimmo molto meno degli altri. Eravamo tra arretratezza e sviluppo, adesso siamo un Paese sviluppato che sta cadendo nell’arretratezza. La crisi l’affronteremo bene perché abbiamo una diversificazione nelle esportazioni. Di grandi imprese non ne abbiamo più, salvo quelle energetiche che sono partecipate dallo Stato, mentre abbiamo le piccole e medie imprese che sono più resilienti a queste ondate: ne muoiono molte ma ne nascono di più. Sarà comunque una crisi profondissima per tutta l’Europa”.
Sapelli ritiene che nonostante tutto Giorgia Meloni abbia qualche chance nell’aiutare un’Europa segnata dalla crisi dell’asse franco-tedesco. La cosiddetta nuova lega anseatica (dall’Olanda alla Scandinavia ai Paesi baltici), la Polonia e la Grecia sono Stati che in qualche modo possono convergere con un tentativo di rilancio politico e non solo tecnocratico dell’Unione. Non so se la Meloni avrà le capacità necessarie per questa impresa che sarà tutto tranne che una passeggiata.
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