Con la ricerca si può uscire dalla crisi? Melazzini: «Sì, almeno in Lombardia»

Di Leone Grotti
20 Agosto 2012
«Ci diciamo sempre che siamo i più bravi nella ricerca, ora mettiamoci insieme». Al Meeting parla Melazzini, neodirettore generale della Sanità di Regione Lombardia.

È vero che ricerca e conoscenza non sono palle al piede del Pil, costi da tagliare in tempi di crisi, ma opportunità per tornare a crescere? Sì, almeno in Lombardia, e solo se si spazza il campo dai luoghi comuni. «Chi dice che la conoscenza non è un costo ma una risorsa, sbaglia. Spesso è solo una spesa che non ha ritorno. Perché la conoscenza non sia un costo bisogna allocare bene le poche risorse che abbiamo, metterci insieme e puntare sulle persone». Mario Melazzini, neodirettore generale della Sanità di Regione Lombardia, parla chiaro all’incontro “Le strategie per la ricerca biomedica”, che si è tenuto questa mattina alla XXXIII edizione del Meeting di Rimini.

I numeri non sono incoraggianti: l’Europa investe poco in ricerca biomedica, surclassata da Asia e Stati Uniti, e l’Italia è tra i paesi che investono di meno tra i paesi dell’Ue insieme alla Bulgaria: poco più dell’1,5 per cento del Pil. Se poi l’Italia contribuisce per il 14 per cento ai fondi che l’Ue stanzia per la ricerca biomedica, se ne riporta a casa solo l’8 per cento. Di più, in tempi di spending review, nonostante le tante dichiarazioni contrarie, il governo taglierà i fondi. Come confermato da Melazzini, la Lombardia avrà da qui al 2014 340 milioni di euro in meno. Nonostante questo, l’Italia è al sesto posto, secondo i dati Ocse, per la qualità di produzione scientifica in campo biomedico nonostante sia al 31mo posto su 34 per risorse investite e nonostante la cosiddetta “fuga di cervelli”.

«La situazione è molto difficile – dichiara Melazzini – le risorse sono poche, ma prima delle risorse sono importanti le persone. E quelle ci sono sul territorio: per questo le difficoltà rappresentano un’opportunità, perché ci costringono ad allocare meglio le poche risorse che abbiamo». La tanto criticata Lombardia è la Regione che investe di più in ricerca biomedica, il 2 per cento del Pil, superando la media italiana e, come spiega Melazzini, ha un piano per far fruttare di più le risorse che investe: «Abbiamo creato la Fondazione regionale per la ricerca biomedica, uno strumento utile per creare una rete tra chi fa ricerca e per aiutare la gente a mettersi insieme su progetti chiari e condivisi, che abbiano ricadute economiche favorevoli concrete sul territorio lombardo». «Noi infatti – continua – ci diciamo sempre che siamo i più bravi ma ora è venuto il momento di far fruttare le risorse che investiamo. Mettendoci insieme, creando cordate in grado di fare massa critica e ottenere così più fondi dall’Unione Europea. È il momento di concentrarci su alcuni progetti concreti e non solo fare tante pubblicazioni, ognuno per conto proprio».

Il bisogno di piattaforme comuni e di una rete tra gli attori della ricerca è una delle tre necessità indicate da Alberto Sciumè. presidente di Nerviano medical sciences presente all’incontro: «In Lombardia si sviluppa più del 60 per cento della ricerca biomedica. Per superare la crisi della ricerca ci servono piattaforme comuni, che permettano di gestire in modo accorto le risorse su obiettivi precisi, un’attenzione maggiore affinché i vantaggi economici della ricerca effettuata ricadano sul territorio e non all’estero, come avviene ora. Infine, più formazione».

Obiettivi irraggiungibili in tempi di crisi? «No – risponde Melazzini – e la Fondazione regionale per la ricerca è un primo esempio. Noi in Lombardia facciamo già tanto ma dobbiamo fare ancora di più. Questo è un momento difficilissimo, quindi ottimo per metterci insieme».

@LeoneGrotti

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1 commento

  1. francesco taddei

    sono convinto che per far ripartire l’italia non occorrano tre regioni (ognun per sè) ma una classe dirigente lombardoveneta che valorizzi i buoni esempi del e isoli il malgoverno che nel sud convivono.

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