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Home Politica

Col salario minimo il governo “pensionerà” definitivamente la Cgil?

Un po’ di fantapolitica intorno a una misura invocata dall’opposizione e dal sindacato di Landini, non si sa se con più ostinazione o più autolesionismo

Fabio Cavallari
08/08/2023 - 5:40
Politica
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Maurizio Landini
Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini (foto Ansa)

Il mese di agosto permette digressione, fantapolitica, quel po’ di provocazione che altrimenti sotto l’ombrellone si limiterebbe al ciarliero chiacchiericcio dei “vacanti” dal lavoro. Ebbene quindi, il salario minimo a 9 euro lordi potrebbe essere un’ottima chance per la destra di neutralizzare rendendo esplicita l’irrilevanza dei sindacati (per lo più della Cgil) nell’epoca moderna.

Il dibattito è stato spostato a settembre. Nell’ultima dichiarazione alla Camera, Maurizio Lupi, nell’illustrare la questione sospensiva presentata dalla maggioranza riferita alla proposta di legge delle opposizioni, ha chiarito che «per il centrodestra non è la soluzione giusta, anche se per una parte della politica sembra che contro il salario povero ci sia solo una soluzione. Ma il paese ha una storia di relazioni industriali che da sempre hanno portato alla contrattazione collettiva». Luigi Sbarra, segretario della Cisl, ha ribadito, più o meno, lo stesso concetto: «Se il salario minimo si fa con i contratti, la Cisl dice di sì».

Un tragico precedente

Dunque, in poche parole, che cosa dicono governo e Cisl? Che l’autorità salariale deve rimanere alle libere relazioni industriali e non può essere affidata alla politica. Ora, proviamo a ribaltare il solito discorso e a rimanere sul campo proprio della “politique politicienne”, e del “pour parler à la plage”. Le opposizioni, ossia Pd e 5 stelle in sostanza, gridano allo scandalo, non tanto perché 9 euro lordi sono una miseria, ma perché il governo fascista e reazionario si pone come nemico dei poveri e della loro dignità. Ci si chiede perché in questi ultimi vent’anni d’alternanza con la destra al governo mai si sia posta la questione e agito di conseguenza. Ma perché infierire?

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Tra l’altro esiste un precedente. Il 14 ottobre 1997 l’Ulivo e Rifondazione firmarono un patto per le 35 ore a parità di salario. L’attuale segretaria del Pd, Elly Schlein, aveva 12 anni, ma qualche sopravvissuto di quell’epoca avrebbe potuto raccontarglielo. Ebbene di quella proposta non si fece nulla. Fu però ripresentata nella successiva legislatura (con un patto di governo) e la Cgil fece da ostacolo, ipotizzando di arrivare alla medesima soluzione tramite la contrattazione aziendale. Anche in quell’occasione cadde il governo.

La resa sulla contrattazione

Rifondazione all’epoca si sentiva erede del movimento operaio e quindi “interna” alla lotta dei lavoratori, ma la Cgil aveva ancora una sorta di dignità “pastorale”. Le contrattazioni e le lotte si facevano nelle piazze e nelle fabbriche, assumendosi l’onere di conquistare diritti. Per carità, niente a che vedere con il sindacalismo rivoluzionario degli inizi del Novecento che predicava l’indipendenza sindacale nei confronti sia dei partiti politici che dello Stato, i cui principali ideologi furono i francesi Hubert Lagardelle, Georges Sorel e gli italiani Arturo Labriola ed Enrico Leone, entrambi economisti, tuttavia una sorta di autorevolezza era rimasta, la Cgil era ancora concepita come il soggetto intitolato a contrattare con le “forze padronali” per ottenere migliori condizioni per i lavoratori.

Ora, invece, la il sindacato guidato da Maurizio Landini si accoda alle opposizioni, delegando alla politica ciò che il suo ruolo dovrebbe imporre. In Italia la copertura della contrattazione collettiva è molto elevata. E chi li firma i contratti? I sindacati con Confindustria. Ciò vuole dire che la capacità di contrattazione è oramai inesistente. La Cgil è il più grande sindacato, con oltre 5 milioni di iscritti, di cui però più della metà sono pensionati. E una buona parte di lavoratori s’iscrive come atto di ultima istanza, quando le aziende stanno fallendo. Ossia la Cgil è diventata una sorta di curatore fallimentare.

Non resta che il Caf

I sindacati, e qui parliamo in particolare di quello che storicamente è stato il più importante, non riescono oramai ad essere rappresentativi, non hanno più alcun ascendente immaginifico sui lavoratori, non hanno una visione ampia e complessa della realtà. Le organizzazioni sindacali, in generale, non hanno saputo rimanere al passo con i cambiamenti delle molteplici tipologie di mansioni e delle attuali condizioni lavorative. Un fenomeno sociale ereditato dagli anni Ottanta, con il progressivo cambio di rotta dalla produzione di beni alla galassia dei servizi.

Ecco che allora per la destra potrebbe presentarsi un’opportunità politica storica: l’esplicitazione chiara, evidente, drammatica dell’incapacità da parte della Cgil non solo di rappresentare ma di stringere un patto tra lavoratori, riducendo il sindacato a divenire un mero prestatore di servizi (vedi i vari Caf).

Chi pensa ai diritti dei lavoratori?

La concessione del salario minimo sarebbe politicamente una vittoria della destra. E così Giorgia Meloni potrebbe dichiarare, a beneficio degli italiani sotto l’ombrellone: «Caro Landini, assolviamo a ciò che la tua organizzazione non è più in grado di fare, ossia trattare con Confindustria per il miglioramento delle condizioni lavorative dei tuoi iscritti (che diversamente da un tempo non votano più a sinistra), che sono nostri cittadini prima ancora di essere soggetti sindacalizzati. Compiamo questo atto perché sappiamo che la contrattazione collettiva non è il tuo pane, non riusciresti a concluderla, visto che sino ad oggi non lo hai fatto (e la povertà salariale non è questione di questi ultimi mesi) e che una lotta a suon di scioperi non riusciresti più a metterla in campo perché, al massimo, i lavoratori ti seguirebbero il venerdì per prolungare il fine settimana. Non ce la puoi fare. La politica, lo Stato, ti vengono in soccorso. Facciamo un atto sostitutivo. Ci facciamo sindacato, non perché vogliamo coprire ogni ganglio dello Stato e neppure perché siamo diventati keynesiani, ma per assolvere alla vostra manifesta sconfitta. Onore ai vinti. Però ora non costringete Salvini a precettare i lavoratori dei trasporti nei giorni clou delle vacanze. Suvvia, un po’ di riconoscenza. E anche voi, Conte e Schlein, rendetevi conto che la vostra opposizione non produrrebbe nulla, se non ci fossimo noi ad assolvere alla vostra frammentazione».

Fantapolitica. Amen.

Tags: cgilcislcontrattazione aziendaleelly schleinGoverno MeloniMovimento 5 StellePdsalario minimosindacati
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