
Cinque lezioni da non dimenticare dopo il caso Stamina

La vicenda Stamina è giunta al capolinea. Il 18 marzo il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, insieme al suo vice e ad altri cinque imputati, ha patteggiato. Il gup di Torino, Polito Giorgi, ha accettato una pena di un anno e dieci mesi per Vannoni, accusato di associazione a delinquere, truffa e somministrazione di farmaci pericolosi. Il guru non andrà in carcere, né pagherà le spese processuali ma non potrà più proporre il suo trattamento miracoloso in Italia o all’estero. Dopo sei anni di indagini e tre di battaglie mediatiche, finisce questa storia assurda e terribile, perché giocata sulla pelle dei malati. Ma prima di lasciar scivolare tutto negli archivi dei giornali e del web, è bene ricordare le cinque lezioni che il caso Stamina ci ha insegnato.
PRIMA LEZIONE. Mai fidarsi di chi promette miracoli contro la scienza, invece che fare miracoli attraverso la scienza. Tutti sono rimasti piacevolmente colpiti quando Davide Vannoni, che non era né medico né scienziato, ha giurato nel 2013 di poter sanare malattie incurabili: «Ho una cura a base di cellule staminali che funziona per 60 malattie gravi e che porta alla guarigione», diceva. Non una, 60. Difficile da credere. Ma concedergli un minimo di credito era quanto meno doveroso per rispetto dei malati di patologie incurabili, che sperano sempre di trovare un nuovo trattamento. Però. Quando l’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, ha «vietato» le terapie perché «il laboratorio (…) dove il materiale biologico viene preparato e manipolato è assolutamente inadeguato», «non è disponibile alcun protocollo o resoconto di lavorazione», «non è disponibile alcun certificato di analisi», «i medici che iniettano il prodotto nei pazienti non risultano essere a conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato», e si potrebbe andare avanti molto, ecco, allora qualcuno avrebbe dovuto farsi delle domande. Vannoni è stato un fenomeno: non ha risposto all’Aifa presentando prove o documenti scientifici, ha semplicemente concesso interviste accusando le case farmaceutiche, i politici, gli istituti, i protocolli e gli scienziati di avercela con lui solo perché la sua “cura” avrebbe tolto loro lavoro e potere. Perché le sue cure erano «gratis», quelle degli altri a pagamento. Peccato che Stamina non fosse né una cura, né gratis, ma ormai la frittata era fatta: tutti credevano a lui e ai giornali, nessuno ai medici e agli scienziati.
SECONDA LEZIONE. Mai fidarsi di chi sfrutta il dolore delle famiglie e l’immagine di chi soffre per vendere o fare audience. Tanto per fare un piccolo esempio, ecco come il giornalista delle Iene Giulio Golia presentava il caso in un servizio del 3 marzo 2013: «Se vostro figlio stesse morendo, giorno dopo giorno, a causa di una malattia gravissima e l’istituzione che dovrebbe garantire il diritto alla salute di vostro figlio vi impedisse di accedere all’unica terapia che forse può salvarlo, voi, che cosa fareste?». Questo è il messaggio che Le Iene hanno fatto passare servizio dopo servizio, intervista dopo intervista, caso dopo caso, miracolo (presunto) dopo miracolo (presunto): i bambini sono malati, un professore ha trovato una cura e il ministro, in combutta con gli organi competenti, vuole impedire per motivi «burocratici» che i bambini «guariscano». Cosa c’è di più indignante? Se poi il tutto viene condito da immagini e musichette di sottofondo commoventi e strazianti, il gioco è fatto. La campagna mediatica è partita e l’audience è assicurata. Peccato che fosse tutto falso, che avessero ragione le centinaia di medici che mettevano in guardia e facevano distinguo, ma questi sono dettagli. Chiunque osasse esprimere dubbi sul metodo Stamina veniva accusato, insultato, dileggiato. E in nome di quale prova? Dei servizi delle Iene e di tanti altri giornali, ovvio.
TERZA LEZIONE. E se a qualcuno fosse sorto il dubbio che avessero in realtà ragione gli scienziati e le riviste specializzate – che intanto ci prendevano per pazzi – e non Le Iene, ecco che quel dubbio veniva subito respinto dal coro di voci che sempre si schiera dalla parte del più (mediaticamente) forte. Oggi i protagonisti di un circo mediatico senza precedenti, di girotondi e appelli per la salvezza di poveri malati perseguitati dagli scienziati e dai medici cattivi, si nascondono. Non hanno il coraggio di ricredersi pubblicamente. Dov’è finito Leonardo Pieraccioni? Dov’è Gina Lollobrigida? E Antonella Clerici? E Rosario Fiorello? E Adriano Celentano? Quello che disse: «La bambina è migliorata e quando il giudice e il ministro l’hanno visto, hanno detto: “La bambina sta migliorando. Bisogna subito bloccare la cura altrimenti guarisce”». E tutti ad applaudire. Terza lezione: mai fidarsi del circo mediatico.
QUARTA LEZIONE. Ma se anche uno non si fosse fidato né delle Iene, né del circo mediatico, c’era sempre chi rispondeva: ma se sono dei ciarlatani, se Vannoni davvero vende olio di serpente e l’Aifa fa bene a bloccare tutto, perché dei giudici in tutta Italia gli danno ragione e autorizzano le infusioni di staminali? È difficile rispondere a questa domanda. Chi ha permesso che Vannoni con il suo metodo entrasse in un ospedale pubblico (Spedali Civili di Brescia), oggi è giustamente sotto processo. Ma che cosa succederà a quei giudici che hanno permesso a Vannoni, nonostante il blocco dell’Aifa, di continuare a somministrare la sua “cura” in un ospedale pubblico? Niente. Sono cadute nel vuoto le parole del Commissario straordinario degli Spedali, Ezio Belleri, che gridava: «Siamo in un girone dantesco. Un inferno unico. L’Aifa ha bloccato il metodo Stamina ma i giudici ci ordinano di applicarlo in via urgente». E anche quelle di un infuriato Carlo Croce, primo tra i “Top italian scientists” nel mondo, che inorridiva: «In quale nazione i giudici si sostituiscono ai medici nel decidere le terapie?». Quarta lezione: la giustizia in Italia non funziona.
QUINTA LEZIONE. Sono più di due anni che scriviamo queste cose. E da più di due anni, la maggior parte dei messaggi che ci arriva da Facebook e internet, per i nostri articoli, è di questo tenore: «Pezzi di Merda!!!! come fate a fare questi articoli???? Se non verrete giudicati su questa terra di merda, alla giustizia divina non sfuggirete !!! VERGOGNA!!! LADRI che giocate con la vita delle persone… i 36 mila euro al mese a paziente per un farmaco che non serve ad un cazzo… QUESTO FA INORRIDIRE!!! W LE IENE!!!»; «BASTARDI BASTARDISSIMI VI AUGURO TUTTE LE PEGGIORI MALATTIE DI QUESTO MONDO!!!!»; «Che sito di merda! Vergognatevi!»; «quanto avrà INTASCATO dalle case farmaceutiche per scrivere un articolo così SCHIFOSO, FAZIOSO e senza senso ???». Ci fermiamo qui, anche se potremmo andare avanti per molto, tanto la quinta lezione l’avete già capita: mai fidarsi del “Popolo del web”.
Foto Ansa
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