Investimenti e “diplomazia del vaccino”. Così la Cina si è comprata il Sudamerica
La Cina si sta comperando l’America latina. Grazie alla pandemia di coronavirus che ha colpito tutte le economie del mondo, infatti, l’impero del Dragone stringe la morsa decisiva sul continente latino che da anni in realtà stava già invadendo a colpi di yuan. A tal punto che tra Caraibi e Sudamerica oggi Pechino ha scalzato dal ruolo di leader gli Stati Uniti che sino a un paio di decenni fa consideravano la regione il loro cortile di casa.
Pechino ha investito più della Banca Mondiale
Nell’ultimo decennio la Cina ha superato Washington negli scambi commerciali con la stragrande maggioranza dei paesi latinoamericani – da un giro d’affari di 17 miliardi di dollari del 2002 è passata ai 317 miliardi del 2020. Altro dato che fa capire come Pechino guardi con sempre maggiore interesse alla regione è che, solo lo scorso anno, ha acquistato imprese latinoamericane per un totale di 8 miliardi di euro, più di quanto non abbia fatto in Usa, Canada ed Europa messe assieme. Negli ultimi undici anni, inoltre, la Cina ha investito nella regione 400 miliardi di euro, il 15 per cento in più più della Banca Mondiale.
Washington è allarmata dall’espansionismo di Pechino nella regione e, per questo, sta preparando un piano per contenere la svolta pro-cinese in America Latina, soprattutto dopo che il Nicaragua ha tagliato i legami con Taiwan per compiacere Xi e che l’Honduras ha chiarito che ne seguirà presto l’esempio. Secondo fonti dell’amministrazione statunitense, la Casa Bianca agirà principalmente in campo economico e diplomatico.
Le contromisure americane allo strapotere cinese
Ma a preoccupare sono soprattutto le incursioni della Cina in ambito militare. Il Comando meridionale dell’esercito (SouthCom) ha infatti recentemente informato il Campidoglio che «gli investimenti della Cina in America Latina, soprattutto nei porti e nelle reti tecnologiche 5G, quasi sempre hanno un fine militare». Come avverte l’ammiraglio Craig Faller, capo del SouthCom «ciò che per la Cina inizia come un interesse puramente commerciale, sapendo che tutto da loro è nelle mani del suo Stato, finisce poi con l’avere un’importante applicazione e connessione militare».
Una delle prime misure allo studio di Washington è l’aumento di capitale della Banca Interamericana di Sviluppo (BID). Ad appoggiarla un grande principale alleato di Biden in Campidoglio, il democratico Bob Menéndez, che presiede la Commissione per le Relazioni Estere del Senato e che sia dice certo che, «con più capitale a disposizione, il BID sarà in grado di affrontare gli investimenti aggressivi della Cina nel continente». A sostenere gli sforzi di Washington ci sono i governi di Colombia, Ecuador, Uruguay, Paraguay, Guatemala, Repubblica Dominicana, Costa Rica e Panama, cioè tutti quelli che non fanno parte dell’asse della sinistra continentale meno il Brasile di Bolsonaro.
La diplomazia del vaccino della Cina
A fare scattare l’allarme rosso a Washington nel suo ex “giardino di casa” è stata la cosiddetta “diplomazia del vaccino” cinese, che fa leva sulla scarsità dei sieri e sulle prevedibili crisi sociali che nel continente con più morti per Covid19 (1,6 milioni di morti sui 5,4 milioni totali) indeboliscono governi già storicamente fragili. Pechino è infatti oggi il maggiore fornitore di vaccini dell’America latina, ma non perché alcuni governi della regione non abbiano cercato di comprarli dall’Occidente ma perché, soprattutto a inizio crisi, non sono arrivati, se non in quantità minime.
Se il solo vaccino a disposizione è dunque quello cinese è ovvio che questo ha aumentato il potere di pressione di Pechino ovunque in America Latina negli ultimi 12 mesi. E così i due principali governi di destra in Sudamerica, quello di Sebastián Piñera, in Cile, e quello di Jair Bolsonaro, in Brasile, senza i sieri delle multinazionali occidentali, alla fine hanno dovuto fare ricorso al solo a disposizione su larga scala, quello cinese. Facendo accordi con Pechino che oggi fornisce le materie prime per produrre in Brasile non solo il vaccino cinese Sinovac ma anche quelle dell’anglo-svedese AstraZeneca.
La penetrazione cinese in Venezuela
Il potere cinese in Sudamerica era comunque già enorme da tempo, grazie ai debiti che stati come Ecuador, Venezuela, Brasile e Argentina hanno contratto negli ultimi anni nei confronti del Dragone. Eclatante il caso dell’Ecuador, dove il presidente di centro destra Guillermo Lasso dovrà per forza di cosa venire a patti con Pechino visto che la sinistra che lo ha preceduto per 14 anni al potere ha ingigantito la macchina pubblica per erogare sussidi miserabili e, soprattutto, ha svenduto le materie prime del paese alla Cina. Responsabile, nello specifico, l’ex presidente sinistrorso Rafael Correa, che ha concesso alle multinazionali cinesi la possibilità di estrarre petrolio nel maggior parco nazionale, lo Yasuni, nel silenzio tombale degli ambientalisti globalisti.
Ma è forse il Venezuela il paese dove Pechino esercita più pressioni, avendo da un decennio superato gli Stati Uniti come primo partner commerciale. I cinesi qui gestiscono e controllano tutto, dalla tecnologia al debito. La penetrazione è stata graduale, cominciando dai 60 miliardi di dollari che Pechino ha prestato alla dittatura di Nicolás Maduro. Ma soprattutto l’importanza dell’aiuto cinese si è vista in una delle repressioni degli ultimi anni, quando il regime usò 150 tank nuovi di zecca arrivati da Pechino: uno di loro schiacciò la folla, ricordando a molti Tienanmen. È questa declinazione militare dell’aiuto cinese a preoccupare massimamente gli Stati Uniti.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!