
«Chi distrugge paghi»: prima class action della polizia contro i no Tav
Dopo gli scontri in Val di Susa, gli attacchi alle forze dell’ordine dei no-Tav legati ai circoli anarchici – i cosiddetti black bloc – che lo scorso 3 luglio hanno trasformato il cantiere di Chiomonte in un campo di battaglia, adesso arriva la contro-risposta anche a livello giudiziario. Dato che negli scontri sono stati feriti alcuni poliziotti, il Sindacato autonomo di polizia, per la prima volta nella storia d’Italia, tra l’altro, ha deciso di promuovere una vera e propria class action. Si costituirà parte civile in caso di processo penale (un’eventualità già abbastanza sicura, per la verità) per chiedere severità nelle condanne, e chiederà risarcimenti adeguati anche nel giudizio civile.
L’annuncio arriva a Tempi.it direttamente per bocca del segretario della sigla Sap, Nicola Tanzi, che spiega: «Per statuto il Sap ha il dovere di difendere i propri iscritti, perciò pensiamo ad una class action non solo ai no-Tav-black bloc, ma anche a coloro che, nelle comunità, in qualche modo hanno favorito i violenti. Stiamo infatti chiedendo ai sindaci di denunciare e aiutarci a prevenire le loro infiltrazioni notturne. Noi abbiamo il dovere di proteggere i nostri poliziotti, molti dei quali oggi sono tra quei 1.200 che quotidianamente sono ancora impiegati nella Val di Susa».
L’idea della class action è nuova, perché sinora qualsiasi azione legale promossa da appartenenti alle forze dell’ordine è sempre stata un gesto isolato: si tratta di un’iniziativa comunque legata solo agli iscritti del Sap, e non rappresentativa di tutta la Polizia di Stato, ma è interessante, tanto più in vista di possibili nuovi disordini alla manifestazione programmata sabato 30 luglio. «Incidendo sulle tasche dei no-Tav e aggravando la situazione processuale con la richiesta di una pena severa come parte del processo, si può disincentivare i violenti e chi li agevola» spiega infatti Tanzi, aggiungendo che «noi ci siamo limitati a riprendere il nostro statuto, che prevede vengano difesi anche processualmente gli iscritti. Penso però che abbiamo solo aperto una breccia che sarà sostenuta da altri. È assurda questa violenza contro le forze di polizia, tanto più che in un momento di pressanti tagli al personale, si sono dovuti trasferire molti uomini in Val di Susa, per mantenere il “presidio”, distogliendo così attenzione da altre attività investigative e di sicurezza pubblica importanti. Fino ad ora non abbiamo ancora avuto modo di parlare con il Dipartimento pubblica sicurezza, ma penso saremo sulla stessa linea d’onda. Intanto abbiamo avviato però contatti con le sigle di altri corpi – Sapaf (guardie forestali) e Conapo (vigili del fuoco) – che sono stati impiegati durante gli scontri in Val di Susa, e anche loro stanno valutando se seguire il nostro esempio».
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