«Cent’anni dopo il genocidio armeno, noi cristiani d’Oriente ne subiamo un altro»

Di Redazione
14 Dicembre 2018
Riuniti a Parigi oltre 30 responsabili religiosi e politici provenienti da Siria, Libano, Iraq, Egitto e Giordania: «Basta parole vane. Noi rischiamo di vedere sparire la nostra civiltà»

«Noi non abbiamo bisogno di parole vane. Noi rischiamo di vedere sparire la nostra civiltà». È l’appello lanciato a Parigi da monsignor Nicodemus Daoud Sharaf, arcivescovo siriaco ortodosso di Mosul. Insieme a una trentina di responsabili religiosi e politici provenienti da Siria, Libano, Iraq, Egitto e Giordania, ha partecipato l’11 dicembre nella capitale francese a un convegno per dire “Basta alle discriminazioni verso i cristiani e le minoranze in Oriente, Yazidi compresi”.

Tra gli interventi più drammatici, come riportato da Aed, c’è quello di monsignor Sharaf:

«È difficile riassumere quello che il nostro popolo subisce da oltre 15 anni. I cristiani d’Oriente sono marginalizzati. Le persecuzioni contro i cristiani esistono. L’Oriente si dissolverà se i cristiani spariranno da questa terra. Subiamo sofferenze senza nome: siamo vittime di un genocidio. Di un nuovo genocidio, cento anni dopo quello degli armeni. Noi subiamo un genocidio e il mondo resta a guardare. Questa è una vergogna per l’umanità! Dobbiamo parlare con un’unica voce. Dobbiamo invocare pace e fraternità. Abbiamo bisogno di leggi che ci proteggano e che affermino che siamo cittadini come gli altri, che non c’è differenza tra gli uomini».

Al convegno ha partecipato anche Abdel Meneem Fouad, decano della facoltà di Scienze islamiche dell’università di Al-Azhar, la massima autorità del mondo islamico sunnita. Fouad ha denunciato «gli abomini dei gruppi fondamentalisti, che Al-Azhar vuole condannare». Importante anche l’intervento di monsignor George Kourieh, rappresentante del patriarca Ignatius Ephrem II Karim, patriarca siriaco di Antiochia:

«Noi assistiamo a una tragedia umana. Noi dobbiamo rinnovare il nostro impegno e ripartire. Noi dobbiamo costruire ponti di pace e d’amore. La dichiarazione di Parigi deve costituire un nuovo punto di partenza, manifestando una volontà ferma di stabilire la pace».

Foto Ansa

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