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Home Salute e bioetica

Due settimane per salvare un figlio dall’eutanasia

Una madre si mette in mezzo tra la corazzata della morte assistita in Canada e il suo ragazzo depresso e diabetico. Ma per gli emarginati che vivono di sussidi non c'è alternativa al morire servendo "il privilegio" dell'autodeterminazione

Caterina Giojelli
13/10/2022 - 6:23
Salute e bioetica
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«Ti prego di arrivare alle 8:30. Richiederò un’infermiera alle 8:45 e inizierò la procedura intorno alle 9:00. La procedura sarà completata in pochi minuti». Si scrive procedura, si legge eutanasia, quella che il dottor Joshua Tepper aveva fissato il 22 settembre scorso per Kiano Vafaeian, un ragazzo di 23 anni, depresso, diabetico e cieco da un occhio.

Marsilla scopre che la morte di suo figlio è già stata programmata

Sua madre, Margaret Marsilla, non poteva credere a quanto stava leggendo: aveva trovato quel messaggio del dottor Tepper per caso all’inizio di settembre, accedendo alla casella email di Kiano con le credenziali che il ragazzo aveva dato alla sorella perché lo aiutasse a scrivere messaggi: era preoccupata, questo sì, Kiano non viveva più con lei e non le raccontava nulla. Non sapeva che avesse presentato domanda per il Maid a fine luglio né perché la sua richiesta era stata accolta.

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Il messaggio però era chiaro: suo figlio sarebbe stato ucciso a breve a Toronto, questo dottor Tepper, e Tekla Hendrickson, il direttore esecutivo di MAiDHouse, la struttura dove sarebbe avvenuta la morte, avevano già programmato la somministrazione di due farmaci: con il primo avrebbero indotto il coma, con un bloccante neuromuscolare avrebbero impedito al ragazzo di respirare. E Kiano sarebbe morto in cinque o dieci minuti. «I cani sono i benvenuti purché ci sia qualcuno che si occupi di loro mentre sono a MAiDHouse», scriveva Hendrickson in una seconda mail. Marsilla era terrorizzata.

Due settimane per salvare Kiano dall’eutanasia

La storia di Marsilla è quella di una madre a cui restavano poco più di due settimane per sottrarre suo figlio a quella fabbrica di morte che è diventato il Canada, un paese che con il Maid (Medical Assistance in Dying) terrorizza anche i più strenui difensori dell’eutanasia e del suicidio assistito e che ha costruito il mito dell’autodeterminazione e della “morte dignitosa” sulla pelle di fragili e sofferenti.

La racconta magnificamente Common Sense, con prove, registrazioni delle telefonate tra madre e medici, ricostruzioni e testimonianze del caso Vafaeian. Un ragazzo infelice che «fumava una tonnellata d’erba», sopravvissuto a un incidente terribile a soli 17 anni a bordo della Bmw che Marsilla gli aveva regalato un anno prima, e inquieto fin dal divorzio, quando era ancora bambino, dei suoi genitori. Aveva vissuto col padre, con la madre, ora con la zia. Ad aprile, dopo aver perso la vista dall’occhio sinistro a causa del diabete, aveva avuto un tracollo.

«Vuole morire? La valuterò via WhatsApp»

Dopo aver letto la mail Marsilla ha chiamato Tepper fingendo di essere una paziente cieca, diabetica, desiderosa di accedere al Maid entro Natale. «Ho già avuto pazienti molto simili», le aveva risposto il medico aggiungendo che non l’avrebbe valutata di persona ma a distanza, via «WhatsApp, Zoom, FaceTime, qualcosa del genere».

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Tempi vi ha raccontato più volte dove porti la “procedura” in un paese che lo scorso anno ha seppellito con il Maid 10.064 persone, di cui 1.740 che l’hanno chiesta e ottenuta solo perché soffrivano di “solitudine e isolamento”. Un aumento pari a quasi dieci volte il numero dei decessi registrati dalla legalizzazione dell’eutanasia, nel 2016, oltre il 30 per cento in più rispetto al 2020: lo attesta il Terzo rapporto annuale sul Maid, il primo dall’approvazione, a marzo 2021, del disegno di legge C-7, che ha eliminato il requisito di una «morte naturale ragionevolmente prevedibile» per ottenere il farmaco letale e grazie al quale oggi in Canada può accedere al Maid anche chi non è prossimo a morire. Proprio come Kiano.

Il Canada prepara l’eutanasia infantile

La corsa a candidarsi per il Maid (responsabile del 3 per cento di tutti i decessi del paese, con punte del 5 per cento in alcune province), continua a subire accelerazioni: dal marzo 2023 potranno accedere all’eutanasia malati di mente, persone che soffrono disturbi psichiatrici, adulti e “minori maturi”. E il Québec College of Physicians ha appena esortato il governo federale ad adottare una misura simile al protocollo di Groningen olandese per consentire l’eutanasia infantile, «una forma di eugenetica in base alla quale saranno i protocolli a determinare quali vite valga la pena vivere», ricorda Alex Schadenberg, direttore dell’Euthanasia Prevention Coalition.

La deriva spaventa i medici: come discernere le richieste di morire da parte di bambini che soffrono di problemi mentali, come arrestare la caduta della medicina lungo il pendio scivoloso che sta trascinando alla buona morte tanti infelici?

«Mamma, i sussidi non bastano. Dobbiamo chiedere il Maid»

Common Sense ha raccontato le storie dei frequentatori dei “death cafè” e di tanti emarginati per cui il Maid ha rappresentato o rappresenta l’unica alternativa a una vita di stenti e solitudine: dal senzatetto molestato da bambino – che ha passato anni a entrare e uscire dai reparti di psichiatria e a prostituirsi -, alla donna epilettica in balia di ictus e stress post-traumatico che vive di sussidi, fino alla terribile storia di madre e figlia, entrambe malate, la prima in carrozzina, e per le quali è diventato impossibile arrivare a fine mese consumando più di un solo pasto al giorno con i sostegni del governo alla disabilità: «Mamma, non credo che potremo sopravvivere così a lungo. Dobbiamo fare domanda per Maid».

I vantaggi per lo Stato sono indiscutibili: si calcola una riduzione dei costi sanitari fino a 100 milioni l’anno. Per questo molti medici e non da ultimi gli esperti delle Nazioni Unite hanno denunciato un sistema in cui «c’è il rischio concreto che gli emarginati siano più vulnerabili ad essere indotti ad accedere al Maid».

Kiano non verrà ucciso

Fornire morte invece di cure dignitose, promettere una morte indolore come scappatoia da una sofferenza invece di un aiuto concreto a superarla, allargare le maglie del Maid: tutto questo non ha nulla a che vedere con l’autodeterminazione, ha denunciato Sonu Gaind, professore di Psichiatria all’Università di Toronto ed ex presidente della Canadian Psychiatric Association: «Che l’allargamento del Maid abbia a che fare con l’autonomia è un mito. Al massimo può favorire un’autonomia per alcuni privilegiati a morire con dignità, ma lo fa sacrificando altri canadesi emarginati portandoli verso una morte prematura per sfuggire a vite dolorose che non abbiamo permesso loro di vivere con dignità».

Kiano non è stato ammazzato. Marsilla ha pubblicato sui social il nome del medico che voleva somministrargli l’eutanasia, accusandolo di aver consegnato pistola e proiettili a un ragazzo malato. Ha indirizzato ai media e al ministro della Salute dell’Ontario una lettera aperta, ripresa e rilanciata da diverse associazioni. Travolto dai commenti indignati di utenti e colleghi, Tepper ha dapprima rinviato e infine rinunciato a dare l’eutanasia al ragazzo. Kiano è infuriato con la madre, crede che ora nessun medico vorrà più “aiutarlo”. Essere depresso, diabetico e mezzo cieco non può bastare a trasfigurare in “dolce morte” un omicidio legalmente e medicalmente legittimato.

Tags: canadaEutanasiasuicidio assistito
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