«Busso, perché quello lassù mi apra». L’ultimo istante di umiltà di un orgoglioso non credente

Di Marina Corradi
29 Agosto 2014
Forse tutta una vita, gli studi, le passioni, gli affetti, servono a un uomo perché nella sua ultima ora ceda, e come un mendicante domandi?

fine-vitaIl malato era alle ultime ore. E sapeva ormai, ormai nonostante le pietose bugie aveva capito. Il petto ischeletrito gli sussultava penosamente a ogni respiro. Assistendo, muta, a questa sua battaglia mi accorgevo di quanto mi era infinitamente caro. L’orgoglioso non credente, il materialista convinto. Avevo pregato per lui, impotente però di fronte al muro della sua libertà. «Ma tu non sei capace di farlo, per lui, un miracolo?», avevo chiesto polemicamente a un santo che mi è caro. Come, però, non credendoci davvero.

Finché in quella lunga notte di veglia, nel denso silenzio che precede il nuovo giorno, accanto al letto la moglie mi ha raccontato del giorno prima. Nel dormiveglia il malato faceva con una mano il gesto di chi bussa a una porta. La moglie: «Ma cosa fai?». Lui, indicando il cielo: «Busso, perché quello lassù mi apra».

Forse tutta una vita, gli studi, le passioni, gli affetti, servono a un uomo perché nella sua ultima ora ceda a un istante di umiltà, e come un mendicante domandi? Aveva capito tutto, in pochi giorni, quell’uomo apparentemente per la vita intera in altre cose affaccendato. «Busso, perché quello lassù mi apra». Knocking on heaven’s door, come diceva quella canzone che ascoltava nella sua stanza, a diciott’anni.

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