Finkielkraut: «La Francia non saprà far fronte all’attacco finché incolperà “l’islamofobia”»

È «sconvolto» Alain Finkielkraut, «così come tutta la Francia è sconvolta». Con la strage islamista nella redazione di Charlie Hebdo «tutti, io per primo, siamo stati colpiti nel profondo», dice il filosofo francese in un’intervista concessa a Mauro Zanon per l’edizione odierna di Libero. Mercoledì, nel centro di Parigi, nel cuore della Francia, «dodici persone sono state freddate da un commando di fanatici islamici, e fra di esse c’erano persone che tutta la Francia conosceva, che facevano parte del nostro mondo comune, con le quali intere generazioni sono cresciute».

finkielkraut«NON SO SE FAREMO FRONTE». «È stato un attacco alla nostra identità», continua Finkielkraut, eletto l’anno scorso tra gli “Immortali” dell’Académie française nonostante le critiche sollevate tra le file dell’élite intellettuale nazionale dal suo L’identité malhereuse, l’identità infelice, il saggio nel quale affronta di petto la crisi della Francia e del suo modello civile e sociale di fronte alle sfida imposta dall’immigrazione (qui l’intervista a Tempi sul libro). E questo attacco è stato «solo l’inizio». Secondo il filosofo infatti ce ne saranno altri «e saranno degli attacchi mirati», perché questo è il «nuovo modus operandi del terrorismo islamico». «L’emozione popolare – spiega – è molto forte e non so se la Francia sarà in grado di far fronte a quello che sta succedendo». Ne dubita fortemente  Finkielkraut, osservando come «già si levano voci che invece di nominare il nemico, denunciano l’islamofobia».

«NOMINARE IL NEMICO». L’intellettuale fa l’esempio (ma «ce ne sono molti altri») di Edwy Plenel, direttore del celebre sito di informazione Mediapart, «secondo il quale coloro che hanno denunciato l’esistenza di un “problema dell’islam” in Francia sono i veri “responsabili della creazione del mostro”». Un commento che Finkielkraut traduce così per il lettore italiano: «In altre parole, avrei io, perché sono io l’innominabile cui fa riferimento Plenel, armato gli assassini». Ma invece di strumentalizzare lo sconvolgente attentato a Charlie Hebdo, invece di utilizzarlo come un’arma impropria contro presunti avversari politici “interni”, continua Finkielkraut, bisognerebbe «essere innanzitutto capaci di designare il nemico, di ricordare ciò che oggi non è negoziabile in Francia, di stimare la popolarità dell’islamismo radicale, senza naturalmente fare un calderone, perché tutti i musulmani non possono essere resi responsabili di quanto successo ieri».

LA “SOUMISSION” È GIÀ REALTÀ? La verità però è che «purtroppo viviamo nell’epoca del politicamente corretto, ossia del terrore dell’islamofobia, e nessuna valutazione chiara e precisa sul fenomeno dell’islamismo radicale potrà essere fatta», constata amaramente Finkielkraut. Al contrario, osserva con un’efficace battuta finale, sembra che si faccia «di tutto perché si realizzi già oggi» la tanto contestata fantasiosa “profezia” contenuta nel nuovo romanzo di Michel Houellebecq, Soumission, uscito in Francia proprio in questi giorni, nel quale il celebre autore «si chiede se nel 2022 ci sarà un’alleanza in Francia tra i partiti che si definiscono repubblicani e la Fratellanza musulmana contro l’estrema destra». Ebbene, fa notare il filosofo “immortale”, «alla manifestazione di domenica prossima a Parigi, in ricordo delle vittime della strage di Charlie Hebdo, sono invitati tutti i partiti detti “repubblicani”, tutte le organizzazioni musulmane, ma non il Front National».

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